Cambogia, quando gli occhi rifiutano di continuare a vedere di Gabriele Beccaria

Cambogia, quando gli occhi rifiutano di continuare a vedere PROFUGHI Sono fuggite negli Stati Uniti: gli specialisti assicurano che si tratta soltanto di un problema psicologico, ma non sanno curarle Cambogia, quando gli occhi rifiutano di continuare a vedere Una forma di cecità inspiegabile in 150 donne superstiti delle stragi diPolPot Li ONG Eang si guarda intorno con circospezione e la California fluttua come in un acquario. Im Cheann si muove a tentoni nella villetta di Long Beach e non si spinge mai oltre il porticato di legno. Lar Poy parla poco e ha imparato a riconoscere l'America dalle voci della tv. Tutte e tre hanno raggiunto la mezz'età e vivono il passato come un interminabile presente. Sono sopravvissute allo sterminio pianificato in Cambogia dai khmer rossi, ma i loro occhi si sono spenti e rifiutano ostinatamente di riprendere a funzionare. Appartengono a un gruppo di 150 donne che hanno trovato rifugio negli Usa all'inizio degli Anni Ottanta e che da allora sfidano le cure dei medici e le terapie degli psicologi. Alcune sono state seviziate dai guerriglieri di Poi Pot, molte si sono ammalate fino a sfiorare la morte, tutte hanno sofferto la fame più crudele nei campi di rie¬ ducazione. La loro vista si incrinò d'improvviso o scomparve altrettanto subitaneamente in seguito a uno choc dal quale non si sono più riprese. Long Eang racconta che, per lei, il mondo si è sfuocato in una nebbia giallastra nel momento in cui un bambino-soldato le disse impassibile che suo fratello era stato giustiziato con tutta la famiglia. Im Cheann confessa di non aver visto altro che ombre all'indomani della tortura e dell'uccisione di un uomo a cui era stata costreita ad assistere. Lar Poy cominciò a diventare cieca dopo aver singhiozzato davanti alla figlia assassinata a bastonate dai guerriglieri. I medici americani le hanno visitate a più riprese e le analisi hanno sempre confermato che gli occhi di queste donne sono «ok». Alcuni specialisti ipotizzano che si tratti di «cecità isterica o psicosomatica», ma nessuno è ancora riuscito a trovare un rimedio. Pa¬ tricia Rozée, psicologa della California State University, ha intervistato molte sopravvissute e ha scoperto che tutte hanno perso la vista a causa delle scene di violenza e di morte che sono passate loro dinnanzi per mesi e, spesso, per anni. A un certo punto, un evento più sconvolgente di altri le ha offese in maniera tale che i loro occhi si sono «disattivati»: «Le loro menti si sono chiuse in se stesse e si sono rifiutate di ricevere altre immagini». Secondo un gruppo di ricercatori - ha scritto il «New Yorker» questo è il primo caso mai registrato di cecità di massa provocata da uno choc. Long Eang, Im Cheann, Lar Poy e le altre madri e mogli a cui è stata massacrata la famiglia soffrirebbero di un «trauma permanente dell'età adulta» da cui raramente si guarisce, perché - ha sottolineato lo psicologo Erwin Koranyi - le vittime rimangono come dei «prigionieri senza possibilità di fuga». Le ferite inferte alla psiche da eventi così totalizzanti sono ancora al di là delle possibilità della psicoterapia. Long Eang non è riuscita a dimenticare le sue «urla del silenzio». Le visioni accumulate nei campi di rieducazione offendono con regolarità il suo cervello. Scintillano e ghignano come i demoni dei templi che visitava da bambina. Al confronto, gli oggetti e le persone della quotidianità si stemperano in toni pallidi e ondeggiano in prospettive soffuse. Nei sogni la visitano molti volti, ma non si affacciano mai quelli delle persone che l'hanno assistita, solo quelli adolescenziali e impenetrabili dei khmer rossi. La memoria non le dà tregua. Nella casa di Long Beach, Long Eang si raccoglie ogni giorno davanti all'altare che ha sistemato sopra il tavolo della cucina. Brucia incenso e prega gli antenati. Li invoca perché ritornino a sorriderle nei sogni, come facevano quando viveva con il marito e le due figlie nel villaggio senza tempo di Svay Sisophon. Adesso, solo gli antenati possano aiutarla a riconquistare la cittadinanza nel mondo della luce e dei colori. Gabriele Beccaria

Persone citate: Brucia, Erwin Koranyi, Im Cheann, Lar Poy, Long Eang

Luoghi citati: America, California, Cambogia, Stati Uniti, Usa