Ora liberateci da «queste» tv di Curzio Maltese
Ora liberateci da «queste» tv LA GUERRA DEL VIDEO Ora liberateci da «queste» tv Eadesso basta, spegnete questa televisione. Se Silvio Berlusconi non è «sceso in campo» per curare meglio i propri affari. Se Bossi è un «liberista» come dice. Se Fini è onesto quando si proclama democratico ed europeista. Se gli ex comunisti e gli ex democristiani sono davvero ex. Insomma, se non abbiamo eletto anche stavolta i soliti trasformisti chiacchieroni, allora il primo passo del nuovo Parlamento tutto «liberal democratico» è chiaro. Privatizzare le televisioni. Berlusconi venda la Fininvest. Occhetto e gli altri mollino la Rai. I nuovi partiti dimostrino subito di non essere come i vecchi. Liberateci lo schermo. In realtà, avrebbe dovuto farlo da un pezzo. Alcuni mesi fa Fedele Confalonieri, il braccio destro e miglior amico del Cavaliere, dichiarò a La Stampa: «E' ovvio che se Silvio Berlusconi decide di candidarsi dovrà prima vendere le sue reti, come si fa in democrazia». Non disse «farsi da parte e nominare me presidente» - come poi è avvenuto - ma proprio vendere. Da sincero democratico qual è, Confalonieri aveva offerto ai nostri politici un argomento importante. Purtroppo, Occhetto e D'Alema non si sono comportati da sinceri democratici. Qui Berlusconi ha ragione. Per quanto viaggino a Londra e vestano all'inglese, i leader della Quercia non hanno assimilato l'Abc della liberal democrazia occidentale: la separazione dei poteri. Alla modernissima sfida di Berlusconi, essi hanno reagito da vecchi stalinisti allevati nelle scuole quadro di partito. Invece di ribellarsi all'uso improprio e contundente del Quarto e Quinto potere a fini di pura propaganda partitica, hanno usato le antiche entrature Rai per allestire in fretta una «gioiosa macchina da guerra» da contrapporre a quella del Nemico. Altrettanto illiberale e ottusa. Abbiamo visto così la scalcinata tv di Stato armarsi alla guerra contro la monolitica aziendapartito Fininvest. Propaganda contro propaganda. Grande Fratello (di centrosinistra) contro Grande Fratello (di centrodestra). Meno esperti del ramo, Occhetto & co. hanno fallito. C'era da aspettarselo. Gli effetti di questo orrendo pasticcio sono sotto gli occhi del mondo. In Italia non abbiamo assistito soltanto a una campagna elettorale (troppo) televisiva. Com'è stato in America a novembre e ormai un po' dappertutto. Ma al selvaggio scontro di due opposti regimi, con quotidiani insulti e colpi bassi reciproci, in un clima da '48, da guerra civile fredda. Per ora, grazie al cielo, soltanto virtuale e ben lontana dalla serena realtà del voto espresso domenica e lunedì scorsi dai cittadini. Ma sarebbe una fesseria sottovalutare gli effetti di un simile cannoneggiamento sulle difese civili della società italiana. A giudicare almeno dalla velocità con cui la Tv ha saputo colonizzarne altri aspetti - il costume, le piazze, il voto. Non meno delle bombe nere e del terrorismo, della mafia, dei servizi segreti deviati e della crisi, questa Televisione rappresenta un pericolo per la democrazia. Non vale soltanto da noi, sia chiaro. All'estero, dove guardano all'Italia come a un laboratorio di cavie impazzite, saranno soddisfatti. Volevano sapere quale può essere il peso politico di una Tv senza regole. Ebbene, è enorme. Superiore a qualsiasi altro. Capace di trasformare in pochi mesi uno slogan («Forza Italia») nel primo partito di un grande Paese democratico e di proiettarne l'improvvisato leader dove i professionisti Craxi e Andreotti erano arrivati in fondo a una vita di astutissime «manovre politiche». Certo, il possesso di tre reti tv non è il solo fattore del successo politico di Berlusconi. Ma senza quelle, dove sarebbe ora? La Televisione è insomma l'atomica del consenso. Un'arma nucleare puntata sulle nostre coscienza. Come tale va usata e regolamentata. Anche se è difficile. Più o meno come controllare le armi nucleari, quelle vere. Esauriti i discorsi, crollati i muri, finite le chiacchiere, anche le nostre, a vinti e vincitori della seconda repubblica non rimane dunque che fare il primo, concreto passo verso una maggiore libertà. Abbandonare il campo televisivo. Deporre le armi e le trincee elettroniche. Vendere la Fininvest, privatizzare la Rai, cambiare sistema. Le soluzioni sono cento, mille. Basta importarne una qualsiasi dai Paesi civili, dai quali abbiamo copiato già tanti programmi. Nel frattempo, si dovrebbe cominciare a rispettare le leggi esistenti. All'alba del 29 marzo Silvio Berlusconi ha esordito da capo del primo partito italiano con un messaggio a reti (Fininvest) unificate. E' quella una prerogativa che spetta al capo dello Stato. Ma sicuramente s'è trattato di un errore dovuto all'euforia del momento. Curzio Maltese sse^
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