«Generazione 5» vuol vìncere di Gabriele Romagnoli

«Generazione 5» vuol vìncere «Generazione 5» vuol vìncere Perché i giovani scelgono Silvio e la destra I RAGAZZI ANNI '90 ■ N questo mai così letterale I «martedì nero» Achille OcB chetto guarda e riguarda le cifre elettorali e ogni tanto mormora sconsolato: «I giovani...». Sottinteso: che traditori. Li aspettava a sinistra e invece lo scarto a favore della destra nel computo dei voti per la Camera rispetto a quelli per il Senato dimostra che hanno svoltato in direzione Berlusconi-Fini. Ma era tutt'altro che imprevedibile. C'era stato un exit-poli preciso e inequivocabile all'uscita della loro infanzia. Era l'anno 1992, il mese di febbraio. La rivista «Prospettive nel mondo» intervistò un campione di 643 ragazzi di età compresa tra i nove e i tredici anni. Domanda: qual è il personaggio pubblico che amate di più? Classifica: primo Silvio Berlusconi (davanti a Francesco Cossiga e Arnold Schwarzenegger), quarto Gesù Cristo. Motivazione di tanto affetto: «Mi piace perché è ricco sfondato e presidente della Fininvest». Interpellato dai giornalisti dei quotidiani che, divertiti ma non allarmati, misero il risultato in prima pagina, l'idolo dei più piccini dichiarò: «Sono felice. In questa settimana sono stato definito, in un altro sondaggio, capo ideale dagli studenti universitari. E oggi il più amato dai bambini...». Si accontentava di poco, allora, ma, lui sì, teneva a mente l'esito di quelle inchieste. A futura memoria. E aspettava, paziente e sicuro, che, cullata dalle nenie di Cristina D'Avena, crescesse e si moltiplicasse la Generazione Cinque. Oggi la scrutano i sociologi e i politologi. La giudicano, con malcelato disprezzo, i teorici dell'altra sponda. Si allineano con Armando Cossutta che a botta (letterale anche questa) calda ha dichiarato: «Guardano in televisione Beautiful e tutti, soprattutto quelli più semplici, si identificano nei personaggi, vogliono essere lì con quei bei vestiti, quelle belle case». Figli degeneri di un telemondo? Forse sì, ma non basta questo a spiegarli, a dare un significato, perché ogni cosa al mondo ce l'ha, a quelle migliaia di ragazzi che hanno votato Forza Italia e Alleanza Nazionale, che hanno fatto sincera propaganda per quei partiti, che si sono rimandati attraverso le antenne cellulari i primi vittoriosi esiti dai seggi, che hanno sfilato imbandierati nelle strade. Non basta per capire Generazione Cinque. Per avere oggi tra i 18 e i 25 anni bisogna essere nati tra il 1969 e il 1976. E avere avuto così il discutibile privilegio di attraversare i favolosi Anni 80 da adolescenti o giovani. Sarebbe più giusto dire teen-agers o young adults, per quell'epoca in cui tutto si traduceva in linguaggio inarkeiing-oriented, per vendere Moncler, Timberland, Invida. Un'epoca in cui la Rai aveva già con sussiego abdicato al regno della tv dei ragazzi, lasciando presidiare quella fascia dalla Fininvest. 1 babyspettatori di quel periodo avevano tra gli 11 e i 18 anni nel 1987. Che non è una data da trascurare. Perché nel 1987 accadono tre fatti importanti: Cristina D'Avena riceve il disco di platino per aver venduto un milione di copie, Gerry Scotti entra in parlamento eletto nelle liste del psi, circoscrizione MilanoPavia, preferenze 9602 e il Milan viene affidato a Sacchi che lo guiderà alla conquista del primo scudetto c di due coppe dei campioni. Berlusconi che li conduce tutti e tre scopre così che si può vendere a palate anche un prodotto non eccelso, incassare in politica qualsiasi moneta spesa in tv, diventare vincenti nel calcio per esserlo nella vita. I suoi avversari di oggi non guardano la tv, sono al cinema, a vedere le repliche di «Bianca», capolavoro di Nanni Moretti, battuta chiave: «Continuiamo così, facciamoci del male». Sette anni più tardi lo stesso Moretti riappare nel film «Caro diario», smonta dalla Vespa e a un allibito automobilista conlessa: «Sto bene solo con la minoranza». Sale gremite di trentenni e quarantenni plaudenti e perdenti. Non uno della Generazione Cinque. Perché i ragazzi degli Anni 90 vogliono vincere, come il Milan. E hanno torto? E' un peccato vincere? Cantava, epoche fa, Roberto Vecchioni: «Vincere significa accettare e questo, lo dovessi mai fare, tu questo, non me lo perdonare». Generazione Cinque non ha questi scrupoli. Nei sondaggi (sempre loro), sugli eroi dei fumetti preferiti, Paperon de' Paperoni è in netta rimonta nei confronti di Paperino. Si stupiscono, a sinistra, perché i giovani hanno votato per la destra, che, dicono, è violenta, non vuole regole, privilegia gli interessi privati nei confronti di quelli collettivi. Chissà dov'erano il 14 giugno del 1991 quando la commissione d'inchiesta parlamentare sulla condizione giovanile presentò a Montecitorio un dossier da cui risultava che per i ragazzi di età compresa tra i 15 e i 17 anni non erano considerabili trasgressioni fare a botte, ubriacarsi, ma soprattutto evadere le tasse. Di certo non hanno valutato quel pasaggio in cui si notava che per questi ragazzi «è forte il richiamo di quelle organizzazioni che propongono valori alternativi e che, basate come sono su regole feree e su codici di comportamento molto piecisi, hanno un effetto strutturante della personalità molto forte». Sembra la fotografìa di Forza Italia (anche se i commissari pensavano, allora, ad associazioni di tipo mafioso). Un'organizzazione forte e da sentire come propria. Nessuno come i giovani usa spesso l'aggettivo possessivo. E Forza Italia (e in misura minore Alleanza Nazionale, clonazione del partito dei nonni scomparsi) è il primo partito «loro». Non l'hanno ereditato dal padre, possono essere i primi in famiglia a votarlo. Riscoprono l'orgoglio di una scelta individuale. Individuo, sfida, coraggio, sono termini di cui questa destra si è appropriata. Individuo, sfida, coraggio sono gli ingredienti dei film con Schwarzenegger, Stallone, Seagall per cui va al cinema Generazione Cinque. Si entusiasma per questi eroi solitari che scendono in campo. Tifa per loro. Li ammira perché vincono. Non si chiede per cosa lottano. Qualcuno (Seagall in «Sfida tra i ghiacci») difende cause nobili come l'ambiente. Qualcun altro magari si batte per interessi più privati, ma lo fa con coraggio e conquista il pubblico giovane. Anche Occhetto può imparare qualcosa da Van Damme. O aspettare che il tempo schiacci il telecomando e regali ai suoi eredi Generazione Sei. Gabriele Romagnoli Nati dopo il '69 hanno avuto le Timberland i Moncler e oggi sognano il successo Giovani fans della destra esultano dopo i risultati Nella foto piccola la cantante Cristina D'Avena