le buone ricette di casa di Enrico Biondi

Beggio e Castiglioni spiegano i successi di Aprilia e Cagiva MOTO, ITALIA BATTE GIAPPONE Beggio e Castiglioni spiegano i successi di Aprilia e Cagiva le buone ricette di casa «E un fatto di cuore e tecnologia» Problema: come possono due piccole Case italiane, la Cagiva di Varese e la Aprilia di Noale (Venezia), che insieme producono 130 mila motociclette all'anno (60 mila la prima con i marchi Cagiva, Ducati e Husqvarna, 70 mila la seconda) battere in campo sportivo i big giapponesi Honda, Yamaha, Suzuki e Kawasaki che, insieme, dagli stabilimenti sparsi nel mondo, sfornano 6 milioni e 800 mila due ruote e hanno budget pressoché illimitati? Soluzione: sfruttando le capacità dell'Italia che lavora. E non è neppure tanto difficile, come ha dimostrato il G. P. d'Australia, esordio del Mondiale. Tre Aprilia sul podio della 125, un'altra Aprilia e la Cagiva prime nella 250 e 500. Non accadeva dal 20 agosto '76 (Agostini in 500, Villa con la H. Davidson nelle 250 e Anton Mang con la Morbidelli 125), ma allora fu un lampo d'azzurro destinato presto a spegnersi. Adesso le cose sono cambiate: c'è il «rischio» che le vittorie italiane possano essere molte di più e che continuino sino alla fine della stagione, magari con la vittoria nel Mondiale. Utopia? «Forse sì, ma l'importante è crederci - dice Ivano Beggio, 43 anni, proprietario dell'Aprilia - e noi ci crediamo sino in fondo». Ma qual è la ricetta giusta? «Le nostre vittorie non sono il frutto di un giorno fortu- nato. Vengono da lontano. Innanzitutto dall'amore per le due ruote, da un gruppo di uomini che lavora senza guardare il calendario, 20 ore su 24, sabato e domenica compresi». Tutto questo può bastare? «No, non basta ma è essenziale per raggiungere lo scopo. Bisogna aggiungere poi gli uomini giusti al posto giusto. E mi riferisco agli ingegneri, ai team manager e ai piloti». E Beggio gongola. Quest'anno nella 125 si toglie una soddisfazione in più, quella di vincere facendo guidare la sua Aprilia a un pirotecnico centauro giapponese dal, per noi, singolare nome di Kazuto Sakata. Insomma, l'italico motto «genio e sregolatezza» non basta più per vincere contro i colossi del Sol Levante. Premia solo il lavoro, l'applicazione continua. «Ma anche un cuore grande così - spiega Claudio Castiglioni, 46 anni, presidente della Cagiva -. La vittoria di Kocinski? Stupenda, erano 15 anni che aspettavamo una giornata così. Ci volevano proprio i successi di Cagiva e Aprilia per la nostra industria motociclistica, una iniezione di fiducia per tutti. Peccato che in Italia l'abbiano vista in pochi causa un assurdo contratto con la pay tv. Certe cose meriterebbero maggior risonanza». Cuore e tecnologia, un bel binomio. Anche alla Cagiva trionfa il «made in Italy» e ci si affida a quanto di meglio oggi il mercato può offrire. Un esempio? La forcella e le ruote, in fibra di carbonio, sono progettate dalla Ferrari Engineering. La domanda adesso è una soltanto: durerà? «Io sono molto ottimista - dice Beggio -, perché abbiamo mezzi alta¬ mente competitivi. Magari non si ripeterà una giornata come quella di domenica, non dimentichiamo che nelle corse c'è sempre una percentuale di rischio non calcolabile, ma ò certo che potremo dire la nostra sempre. Vinceremo subito molte gare, poi penso ci sarà la risposta giapponese e noi segneremo il passo, ma torneremo di nuovo in alto. Prevedo un'altalena di risultati». «Penso di conoscere bene il mondo delle corse e so per corto che i giapponesi non hanno affatto digerito la sberla - conclude Beggio -. Sono arrabbiati neri e staranno già approntando le logiche contromisure. L'importante è non farsi sorprendere con la guardia abbassata, ma state tranquilli: siamo preparati al peggio». Enrico Biondi Sakata, l'unico giapponese ad aver ottenuto il successo nel Gran Premio d'Australia: era in sella a una moto italiana, l'Aprilia 125; la Casa veneta si è imposta anche nella 250 con il pilota romano Biaggi