La triste notte di Botteghe Oscure di Claudio Petruccioli

La triste nette di Botteghe Oscure Mai un clima così fiacco: manca il popolo pidiessino, soltanto il Senato riaccende la speranza La triste nette di Botteghe Oscure Occhetto «barricato» a lungo nel suo ufficio ROMA. Mai vista a Botteghe Oscure un'aria più moscia. Lucine azzurre della Polizia fuori, dentro la sala stampa del piano terra un limbo di cronisti, fili, riflettori e il povero Petruccioli messo in croco (e anche un po' deriso) dai cronisti televisivi, di fronte ai quali ripete dalle dieci di sera, appena usciti gli exit polis, che non c'è niente da dire, che il risultato è complesso, la situazione è fluida, i dati della Camera non possono essere confrontati con quelli del Senato, eccetera. Fa caldo, passa Trentin con la pipa e un bel golf bordò (gli farà l'effetto sauna, ma lui sembra d'amianto) e non dice nulla. Alcuni vecchi amici dell'ufficio stampa scherzano dicendo che hanno sbagliato l'impegno di una vita e che sarà meglio cambiare mestiere. Ma la cosa più impressionante è la gente. La gente intesa come il popolo comunista, poi pidiessino, che non c'è. Non c'è un cane per strada, il palazzo è illuminato soltanto dalla cintola in giù e si sente soltanto il chiacchiericcio delle radiole degli agenti, cui si aggiunge il parlare festoso delle frotte di turisti che hanno invaso Roma per Pasqua. L'altro grande assente, oltre al popolo, è il segretario: Achille Occhetto verrà, verrà senz'altro, ma per ora se ne sta chiuso al secondo piano: stiamo parlando delle undici meno dieci, quando tutti i funzionari e i dirigenti aspettano spasmodicamente, perché sono aggrappati a un filo di speranza, che arrivino i risultati delle prime proiezioni. Claudio Petruccioli ha detto: «Noi diremo qualcosa soltanto dopo che si avranno notizie palpabili sui voti reali depositati dagli elettori nelle urne. Fino a quel momento ogni commento è del tutto inutile». Dietro di lui, in alto sui trespoli, sono accesi quattro televisori collegati con televideo, la Rai, e non si sente nulla. Si vede Santoro, si apprezza la Sattanino, ma sono come pesci che aprono e chiudono la bocca dentro l'acquario. Arriva la notizia secondo cui al Senato, sopresa, il fronte progressista supera il polo di destra. Se le cose stessero realmente così, una Camera di destra e una di sinistra, staremmo freschi. L'Abacus avverte che siamo «già quasi centrati». Si parla della forchetta, l'aggiustamento del tiro. Altri due minuti e arriva il contrordine: non è vero niente, al senato va come alla Camera. Bah, prendano nota coloro che collezionano le prime edizioni dei giornali nel giorno delle elezioni che non c'è mestiere più ingrato di quello che consiste nello scrivere notizie già vecchie. Forse vale la pena annotare che il malumore, il nervosismo e una certa attitudine alla scortesia serpeggia fra i cronisti che in queste condizioni e situazioni tendono a diventare come gli scolari durante la ricreazione. Tutti al telefono, tutti che si passano notizie sballate o già superate da quello che dicono in televisione e qui la televisione è dannatamente spenta, anche se le facce pesciformi seguitano ad aprire e chiudere la bocca. Il palazzo riprende ad animarsi un pochino alle 23, ma si tratta di una piccola boccata di vitalità. Dominano le troupes televisive, dominano gli inviati con il microfono che si alternano davanti alle telecamere per dire che effettivamente, qui alle Botteghe Oscure, niente di nuovo: verrà, non verrà, scende o non scende il segretario? Occhetto era a Capalbio nel pomeriggio e già sapeva l'aria che tirava. Lo sapeva tutta l'Italia che doveva sapere, gli exit polis erano nelle tasche e sui tavoli dei segretari di partito, dei nuovi leader e certamente anche su quelli del partito della Quercia. E' stato un pomeriggio e una serata frenetica e al tempo stesso depressa. Arrivano le troupe straniere, si intervistano fra di loro e intervistano le troupe italiane che sono intervistate dai giornalisti della carta stampata i quali sono raggiunti dalle radio private che chiedono «solo un minuto di commento a caldo». Coomento per dire che non c'è nulla da commentare, le cose stanno andando conme stanno andando e nessuno si sbilancia oltre quel che si vede, al massimo in quello che si può prevedere nel giro di pochi minuti, se qualcuno si deciderà a scendere le scale e arrivare qui, dove si accalca una folla di gente e di strumenti di comuinicazione che rubano ossigeno, persone che si stravaccano, che chiedono se qualcuno sa qualcosa, se qualcuno ha qualcosa da dire, se le agenzie di stampa hanno dato uno straccio di dato in più, una dichiarazione che venga da questa parte, dalla parte del partito leader della coalizione di sinistra, dove però tutto e tutti tacciono. I giornali stanno per andare in macchina e sono in ritardo, l'attesa si protrae inutilmente. Arrivano colleghi che sono andati ad Alleanza Democratica, dove sembra però che nessuno abbia voglia di stazionare anche perché non c'è niente da dire, niente da vedere, nulla da riportare. Sta di fatto che quella di questa sera, 28 marzo 1992 è la serata della più grande batosta che il Bottegone abbia mai copnosciuto, anche se i risultati dovessero un pochino migliorare, se l'aggiustamento di tiro delle società di rilevazione dovessero portare qualche modesto miglioramento. Accanto a me un collega delle radio locali ripete all'infinito che non c'è nessuno, non si vede nessuno e non scende nessuno. Sugli schermi si vede Fini, si vedono i capi dello schieramento vincitore, ma nient'altro. E il tempo passa, passa minuto dopo minuto senza che nulla accada, senza che nessuno trovi la forza e il coraggio di dire che questo è il palazzo della sconfitta, perché così va la vita nei paesi in cui si tira al bpolarismo, in cui cioè alla fine chi vince vnce e chi perde perde di brutto. Ecco L'Umberto Bossi che appare abbacchiato anche lui, è il giorno degli abbacchiati, la sera delle delusioni e la sera in cui chi perde non ha voglia di parlare. In queste ore si sta delineando la nuova Italia della cosiddetta seconda Repubblica, che sembra un deprezzamento della prima senza che ancora sia possibile capire come sarà. Paolo Guzzanti I dirigenti prendono tempo sugli exit-polis Tutti al telefono nella ressa delle tv ma sui teleschermi impazzano Fini e Bossi Il portavoce della segreteria prende tempo «Parleremo soltanto a risultati definitivi fino ad allora ogni commento è inutile» Foto grande il segretario del pds Achille Occhetto Qui sopra il numero due D'Alema In basso, Claudio Petruccioli

Luoghi citati: Capalbio, Italia, Roma