Due «verità», bufera sulla sentenza Calabresi di Adriano Sofri

Due «verità», bufera sulla sentenza Calabresi Milano, le motivazioni definite «sorprendenti» dai difensori del pentito e del principale accusato Due «verità», bufera sulla sentenza Calabresi Cinque pagine assolvono Sofri, ma Marino è giudicato attendibile MII.ANO. Le ultime cinque pagine per spiegare i perché dell'assoluzione di Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani, Ovidio Bompressi e Leonardo Marino, gli ex di Lotta continua accusati dal «pentito» Marino d'essere i mandanti (Sofri e Pietrostefani) e l'esecutore (Bompressi) dell'omicidio del commissario Luigi Calabresi. Cinque pagine precedute da un racconto lungo 387 fogli che conferma invece l'attendibilità dell'accusatore numero uno, il pentito Marino, l'uomo che con le sue confessioni aveva l'atto condannare in primo e in secondo grado Sofri, Pietrostefani e Bompressi a 22 anni n se stesso a undici. Motivazioni sorprendenti, quelle redatte dal giudice a latore Ferdinando Pincioni, sul processo chiuso lo scorso 21 dicembre. Dopo settimane di dibattimento, la seconda corte d'assise di appello di Milano aveva annullato le due precedenti sentenze e deciso l'assoluzione per tutti: esito applaudi- to dai tre maggiori imputati e contestato dalla famiglia Calabresi e dalla pubblica accusa decisi a ricorrere in Cassazione come è già slato preannunciato dal sostituto procuratore generale Ugo Dello Russo e dall'Avvocatura dello Stalo. La sorpresa sta tutta nel lungo prologo in cui si sostiene l'attendibilità di Marino. Ma allora perché - è l'inevitabile domanda - Sofri, Pietrostefani, Bompressi e lo stes¬ so Marini sono stati assolti dalla corte? La spiegazione a pagina 387. Si legge: «Sono insorti elementi di dubbio e di perplessità su alcuni punti del racconto di Marino concernenti il motivo principale della vicenda: l'omicidio del commissario Calabresi». Contraddizioni che, riassumendo, sarebbero il colore dell'auto usata per l'agguato del 17 maggio del '72 a Calabresi, l'incidente d'auto che ha preceduto il delitto, un incontro con un fantomatico Luigi: punti sui quali Marino, sottolineano i giudici, ha fornito nel tempo (tra le deposizioni del '72 e le confessioni dell'88) versioni contrastanti. Fatto sta che la lettura delle motivazioni ha ridato spazio alle perplessità. C'è chi ha sottolineato come nella sentenza emergano i contrasti in camera di consiglio. E chi ha definito «suicida» una sentenza scritta per far sì che la Cassazione non possa fare a meno di annullarla. Numerosi anche i commenti a caldo. Pacato ma chiaro quello della vedova Gemma Capra: «Leggetevi la sentenza, parla da sola». Polemico quello di Marcello Gentili, difensore di Sofri: «Sembra che il relatore abbia voluto prevalere sul giudizio della corte e rendere vulnerabile la decisione di assolverli». Sconcertato quello di Gianfranco Maris, difensore di Marino: «In un racconto completo, i giudici hanno trovato tre virgole fuori posto», [r. m.] Leonardo Marino e, a destra, Adriano Sofri

Luoghi citati: Milano