Raiuno va male, il direttore Delai se ne andrà?

Raiuno va male, il direttore Delai se ne andrà? Si intrecciano le voci in attesa dei risultati elettorali: e intanto avvampa la polemica con il predecessore Fuscagni Raiuno va male, il direttore Delai se ne andrà? Potrebbe essere sostituito da Guglielmi o da Melodia, capo della fiction ROMA. Rieccola, un'altra volta Raiuno nella tempesta. L'Italia va al voto, la Rai si agita e la prima rete, l'Ammiraglia, quella che ai tempi di Agnes garantiva lo schiacciamento del Biscione, scende precipitosamente a un 13% o poco più negli ascolti. Troppo poco. Troppo poco anche se l'ascolto ormai è più frazionato, le partite di pallone fanno sfracelli ovunque vadano in onda, la battaglia politica impazza, i magazzini della Rai sono vuoti, e i bei filmoni d'un tempo non ci sono più. Troppo poco davvero. E allora si ricomincia a pensare se la scelta di mettere il sociologo del Censis Nadio Delai, alla testa della prima rete della Rai sia stata davvero una scelta felice. O se non era meglio, invece, puntare a un uomo dell'azienda, uno che magari conosce meno il Paese ma più il pubblico televisivo. Anche perché, in principio, al fianco di Delai avevano piazzato anche il fantasioso Freccerò che però se n'è volato in Francia a far tv, senza lasciare una sostituzione. E questo è stato un danno. Dunque, le voci corrono. Qualcuno azzarda addirittura che la successione a Delai potrebbe scattare dopo Pasqua, a conteggi elettorali eseguiti, una volta capito chi comanderà in Italia. Intanto, a riprova delle difficoltà che lo stringono da vicino, qualche giorno fa, Delai, uomo di solito ricco di fair-play, s'è difeso attaccando l'ex direttore Carlo Fuscagni: «Raiuno era una mummia concentrata solo sul sabato sera. Se devo esser brutale bisognerà aspettare almeno un anno per vedere la mia nuova rete. Le scorciatoie sono illusorie». E sarà pure vero che il criticato «Carlo Magno» non l'hanno scelto loro, e che non è colpa di nessuno se «Michele va alla guerra», lo sceneggiato sui bambini dell'ex Jugoslavia è piaciuto molto meno di «Amico mio», lo sceneggiato sui bambini malati. Sarà pure vero che vedersi sfuggire Federico Fazzuoli da «Linea verde» e vedersi impedita la tv interattiva di Baudo da Alba Parietti, è iella pura. Ma «Al voto al voto», che ha voluto proprio la nuova direzione, ha deluso le attese, e la Gruber è stata subissata da critiche negative. Certo è che la replica di Carlo Fuscagni non s'è fatta aspettare. Ed è stata secca: ((Abbiamo lasciato la rete che nel prime Urne stava sopra il 20%. E nel '93 fra i primi 50 programmi record d'a- scolto 37 erano i nostri. Che devo aggiungere?». L'avrà raggiunto con i famosi filmoni americani questo 20% di share, ma Fuscagni, il tanto criticato Fuscagni, adoperando il palinsesto, con un colpo qua e uno là, tanto in basso non ora mai sceso. Anche se, a guardar la media da dicembre a qua, pure questa Raiuno di Delai intorno al 20% si muove, con uno scivolone concentrato in queste due ultime settimane. Che fare allora? I vertici dell'azienda, dicono i ben informati, il problema se lo sarebbero già posto. E avrebbero perfino co¬ minciato a pensare a una sostituzione. Se dovesse prevalere alle elezioni lo schieramento delle sinistre si potrebbe prendere Angelo Guglielmi, il miglior direttore di rete sul mercato, e spostarlo da Raitre a Raiuno. Tanto più che in aprile Guglielmi dovrebbe raggiungere l'età della pensione e allora non sembrerebbe un'offesa per nessuno fargli concludere la sua stagione di gloria per poi portarlo, magari con un altro contratto, al capezzale di una Raiuno, non più cattolica ma certo malata. E se le sinistre non dovessero prevalere? Sarebbe possibile ignorare la militanza pidiessina di Angelo Guglielmi in nome di mia indiscussa professionalità? Eh no, questo in Rai, nonostante il conclamato avvento della Seconda Repubblica, pare proprio impossibile. E' per questa ragione che, tra i nomi dei papabili alla direzione di Raiuno, circola anche quello di Andrea Melodia, capo della mega struttura della fiction, tornato in azienda dopo una parentesi a Tmc. Tra l'altro Melodia, come Nino Criscenti, l'attuale vicedirettore di Raiuno, viene dalia scuola di Enzo Biagi: magari se fosse lui il prescelto, Criscenti rimarrebbe al suo po¬ sto e i due sarebbero capaci di lavorare in tandem, di fare gruppo, di galvanizzare i loro collaboratori, di far ripartire la rete. Chissà. Ma può darsi anche che, passata la bufera elettorale, Delai venga lasciato tranquillo a lavorare a questa famosa nuova immagine di Raiuno cui tiene tanto. Ne sarebbe contento Demattè, il presidente della Rai, che lo stima e gli è amico, e se gli ascolti appena appena crescessero un po', ne sarebbe lieto anche il direttore generale Locatelli che di dare in questo momento una amarezza a Demattè non ne avrebbe proprio voglia, [si. ro.] Il sociologo lavora alla nuova immagine ma l'audience cala al 13 per cento Hill Nelle foto qui a sinistra Nadio Delai e Angelo Guglielmi A destra una scena dello sceneggiato Rai «Carlo Magno»

Luoghi citati: Francia, Italia, Jugoslavia, Roma