Ma stavolta l'incendio è partito dalla provincia di Enrico Benedetto

Ma stavolta l'incendio è partito dalla provincia Ma stavolta l'incendio è partito dalla provincia UNA RIVOLTA SENZA VOLTI VPARIGI ENTISEI anni dopo, la grande provincia francese si prende la rivincita su Parigi. L'incendio sessantottardo trovò nella capitale il detonatore, ma anche una straordinaria vetrina. Il Maggio richiama la Sorbona, il Quartiere Latino, la Rive Gauche. Immagini più o meno mitiche: Cohn-Bendit, gli appelli di Sartre, i pavé del V Arrondissement che diventano munizioni. L'altra Francia si adeguò. Incredula o solidale, veniva comunque a traino. Parigi dava il «la», gli slogan e gli esempi da far rimbalzare in periferia. E il quartier generale rimase senza interruzione sulla Senna. Parisiocentrico da almeno dieci secoli, il Paese mantenne il centralismo abito mentale prima che politico - anche nell'eversione contestatrice. La Ville Lumière irradiò disordine e ribellismo come in precedenza irradiava ordine e disciplina. Prima a sollevarsi, ultima ad arrendersi. Il Marzo '94 smentisce quell'aurea regola, ed è una mezza rivoluzione. Certo, la demografia parigina fa sì che le «manif» studentesche abbiano qui una consistenza particolare, di massa oltre che simbolica. E tuttavia si afferma il policentrismo. Anzi, nelle ultime settimane Lione, Nantes, Tolosa, Rennes e altri centri hanno spesso anticipato l'Ile-de-France rilanciando la battaglia anti-Cip. Analogo discorso per le violenze. Sono proporzionalmente assai più numerose e devastatrici sulla Loira e sul Rodano. I 180 ne¬ gozi in frantumi che vanta (si fa per dire) Lione, Parigi non li sfiora nemmeno. Manca, inoltre, qualsiasi «coordinazione» nazionale del movimento. E anche i leader studenteschi, tradizionalmente calamitati da Parigi, sono fauna rara. Decentramento, spersonalizzazione del conflitto: due novità significative. Proviamo a spiegarle. Anzi- tutto, nell'ultimo trentennio il sistema scolastico francese ha sprovincializzato la nazione. L'insegnamento secondario e gli atenei hanno corsi di qualità meglio impiantati fuori Parigi che nella capitale. E l'inquietudine sul non-impiego colpisce in primis i giovani «provinciali». Parigi e il suo gigandesco indotto paraurbano moltiplicano le chance - al¬ meno teoriche - di lavoro. Ma l'illusione è impossibile a Bordeaux, Calais o Grenoble. Quanto alla mancata emergenza di «capi» studenteschi, la si può forse giustificare con il carattere non ideologico che ha assunto la ribellione antiCip. Quando la parola d'ordine è cambiare la società o vivere l'utopia, il carisma individuale s'impone. Ma alla «ge¬ nerazione Mitterrand» quelle appaiono fumose rcverie. Si chiede al governo di non svendere i diplomi scolastici, sottopagando il primo impiego, e trovare sbocchi per i giovani. E la mobilitazione collettiva premia sui virtuosismi carismatici individuali. Non è più tempo di profeti: la ribellione arriva dal basso, senza volto. Un ultimo dettaglio merita lo «zoom». A Lione la solidarietà studentesca ha stabilito un aggancio tra rivendicazioni di contenuto e battaglie ideali. Con malaccortezza eccessiva, la Prefettura ha espulso verso Algeri due giovani maghrebini sorpresi a commettere violenze durante i cortei. La nuova legislazione sugli stranieri autorizza ormai simili iniziative. Gli studenti lionesi sono tuttavia insorti contro la «deportazione». E il ricorso ha trovato favorevole accoglienza in tribunale, se non altro per vizio di forma. Mulud e Abdelakim potranno così tornare nelle prossime ore, accolti come eroi dai compagni. Il Marzo '94 è anche questo, non solo voglia di trovarsi un posto e fare carriera. Enrico Benedetto Negli ultimi mesi Lione, Nantes Tolosa, Rennes e altri centri hanno spesso anticipato l'Ile-de-France rilanciando la contestazione Studenti francesi in corteo e un cartello con la scritta «Edouard, e tu quanto guadagni?» A destra il premier Balladur

Persone citate: Balladur, Cohn, Mitterrand, Sartre