Achille fugge in campagna e Silvio corre a Milanello

Achille fugge in campagna e Silvio corre a Milanello Achille fugge in campagna e Silvio corre a Milanello S IL RIPOSO DEI GUERRIERI FROMA INALMENTE sabato. I leader politici sfiniti tirano un lunghissimo sospiro di sollievo. Niente più estenuanti comizi, comparsate nei collegi per stanare gli indecisi e legare a filo doppio i militanti. Niente più cene elettorali che rovinano il fegato, appesantiscono la linea e provocano incubi notturni. Certo, qualcuno, sino all'ultimo, come un cane da tartufo, continua a cercar consensi. Ma per la maggior parte dei big è giunto il tempo del riposo dei guerrieri. Un tempo breve. Un sabato, una domenica, e quel che si riesce a strappare al lunedì. Achille Occhetto è di questa seconda scuola. Black-out completo, nella campagna toscana, vicino a Manciano, dove si rifugia appena può. Il segretario del pds è stremato. Lunedì scorso ha cancellato alcuni impegni in Emilia perché non si sentiva bene. Ed è proprio a questo malessere che si deve l'inconsueta acconciatura che il leader della Quercia ha sfoggiato mercoledì, nel «Braccio di Ferro» con Silvio Berlusconi, e che non è passata inosservata. Quella mattina Occhetto ha preferito non muoversi e ha fatto venire un barbiere a casa. Che non era quello a cui affida solitamente le sue chiome, alla Camera. E così addio taglio alla Majakovskij. Occhetto è stanchissimo. E dopo il malore che lo ha colto mesi orsono si è fatto cauto. Perciò ha deciso di restare in Toscana fino a lunedì sera. Farà solo una toccata e fuga a Roma, per votare Spaventa. Per il resto, vita sana. Il che, per il segretario, significa innanzitutto leggere i giornali poco o nulla. Cosa che non gli riesce difficile nemmeno nei giorni lavorativi. Meglio l'amato Hegel. O le passeggiate con Aureliana. In campagna, poi, il segretario è tornato se stesso. Ha gettato via quei vestiti da funzionario comunista dell'Est, che ha indossato negli ultimi giorni di campagna elettorale. Si adattavano a quella che è la sua idea di un moderato, ma in realtà, dicono i suoi, lo facevano assomigliare a un polacco. E' lasso ma felice, Occhetto. Ai fedeli collaboratori, prima di scappar via, ha confidato: «Vedrete che andrà bene. La maggioranza sarà nostra, sarà dei progressisti». Giornate di riposo anche per l'antagonista di Occhetto, Berlusconi. Ma in grande stile. L'altro ieri sera ha dormito a Napoli, nella suite blindata dell'hotel Vesuvio. E nel capoluogo partenopeo ha avuto un amaro risveglio. La colazione era impeccabile: spremuta d'arancia e biscotti secchi. E' stato l'editoriale di Scalfari che gli ha reso la digestione difficile. Il Cavaliere, però, non si ab- batte facilmente. Ha infilato una tuta blu, scarpe da ginnastica verde bottiglia, e in questa «mise» è andato in giro per antiquari prima di volare alla volta di Milanello, dove ha pranzato con la sua amata squadra. Da novellino della politica qual è, Berlusconi - reti Fininvest a parte - è oltremodo ligio alle leggi che regolano la campagna elettorale e ieri non ha voluto parlare con i giornalisti: «Posso solo dire che sono felice che sia finita: sono stanco», ha spiegato. E addirittura non ha nemmeno firmato autografi, sempre per lo stesso motivo. Quindi, con l'elicottero è andato a Macherio, per passare il fine settimana in famiglia, a Villa Belvedere. Con la moglie, i figli, e mamma Rosa. Che di cognome fa Bossi come lo scomodo alleato del Cavaliere. Che è un vero mastino: non si concede tregue e non molla l'osso. Non ieri, almeno. E' un tipo scaramantico, il leader dei lumbard. Ed è andato in pellegrinaggio a Brescia, lì dove nelle amministrative del 91 la Lega ebbe il primo significativo boom elettorale. Una sorta di rito propiziatorio, il suo. Bossi ha attraversato corso Zanardelli seguito da un lungo corteo di ammiratori. Si è fermato in ogni bar, ha firmato autografi, e ha ripetuto sempre la stessa solfa: «Votate Lega sulla scheda grigia, quella della proporzionale». La sua paura, infatti, è che Forza Italia gli rubi i consensi. Non pago di questo giro, il capo del Carroccio ha fatto tappa anche a Cremona, Crema e Parma. Chi invece non si muove dal proprio «recinto» è il segretario del Ppi Mino Martinazzoli. Ha passato la mattinata nel suo studio a Brescia e nel pomeriggio ha fatto una capatina al lago d'Iseo. Il leader di piazza del Gesù ama fare queste brevi escursioni lì o in vai Camonica. Dalle gite, in genere, torna stanco ma soddisfatto. Si innervosisce solo se trova ad aspettarlo davanti casa qualche invadente cronista, che in genere viene liquidato poco urbanamente. Infine, Marco Pannella. Lui è a Roma, in frenetico movimento raccoglie consensi per la sua lista. Chissà che cosa direbbe se sapesse che forse ne ha trovato uno inaspettato. Quello di Vittorio Orefice. L'autore dell'arcinota velina, un tempo forlaniano di ferro, qualche giorno fa, nella sala stampa di Montecitorio confessava: «Probabilmente, per come si sono messe le cose nel mio collegio, alla fine sceglierò Marco. Fini non lo posso votare: lui è fascista e io sono ebreo. Missoni è un fighetto. Costanza Pera non capisce un'acca di politica... Che altro posso fare?». Maria Teresa Meli