ITALIA SENZA EQUILIBRIO di Ezio Mauro

ITALIA SENZA EQUILIBRIO ITALIA SENZA EQUILIBRIO L j ITALIA 1994 che oggi va al voto sembra aver smarrito ogni punto di equilibrio. Diciamo subito che questa condizione, sorprendente e amara per un Paese a democrazia matura e benessere diffuso, non era affatto obbligata. L'uninominale prevede e provoca dovunque un duro confronto tra destra e sinistra, perché la contrapposizione è diretta e radicale. Ma in nessun Paese civile 10 scontro scende fino a distruggere la legittimità dell'avversario, il suo diritto a competere per 11 governo, la garanzia fondamentale che saprà salvaguardare la libertà. Se in Italia questo è avvenuto, e nulla ci è stato risparmiato, non è un caso. Una ragione c'è, e per andare a votare bisogna partire da qui. Nelle democrazie dell'alternanza - dove forze contrapposte si succedono al governo e i cittadini hanno il potere di premiare e di punire, dunque una vera potestà di scegliere - esiste una sorta di patto fondamentale di valori condivisi, che la competizione elettorale più aspra non riesce a mettere in discussione. In Italia questo patto implicito non è mai esistito, sostituito volta per volta da intese di convenienza. Saltato il vecchio sistema con l'inchiesta di Mani pulite, c'erano le condizioni per trovare un terreno di ricostruzione - nell'indispensabile cambiamento - comune a tutti. Dobbiamo invece prendere atto, oggi, che la Seconda Repubblica nasce figlia del terremoto, ma non della ricostruzione. Se questo è vero, un fatto appare chiaro e va denunciato prima di sapere chi vincerà: il nuovo sistema, così come si profila, non è in grado di garantire quell'equilibrio che è indispensabile per governare una società complessa. Poiché un punto di equilibrio, per quanto debole e intermittente, va comunque cercato, l'Italia lo ha trovato fuori dalla politica tradizionale: nelle istituzioni di garanzia (il Quirinale, le presidenze di Camera e Sena¬ to), nel governo tecnico di Carlo Azeglio Ciampi che ha saputo attraversare la crisi economica evitando esplosioni e disperazioni, e nella capacità spontanea di governo delle parti sociali, i sindacati e gli imprenditori che hanno raggiunto accordi utili ad evitare traumi pericolosi. Questo è l'equilibrio possibile: ma è un equilibrio minimo. Troppo poco di fronte alla furia con cui la campagna elettorale sfibrava il Paese, senza mai pensare al dopo. Noi non crediamo che nelle elezioni sia in gioco la libertà, diventata invece la posta simbolica e terribile di questa campagna, l'unica capace di trasformarla in guerra. Ma se questa regressione è avvenuta, la causa va cercata nell'impianto stesso del sistema politico, che è insieme nuovo e primordiale. Proviamo a vedere. Come sempre, e com'è giusto, bisogna partire dalla de, il partito che ha coinciso con la Prima Repubblica. La morte della de ha prodotto due rivelazioni. La prima è che mancando la de la sinistra avrebbe vinto le elezioni senza contendenti: ed è un'ipotesi che una parte del Paese non voleva accettare. La seconda è che la de aveva coperto, addormentato e reso politicamente insensibile un istinto di destra che l'Italia continuava in tutti questi decenni ad alimentare silenziosamente. Di più: con la fine di quel partito si è smarrita la ricetta democristiana capace di trasformare quell'istinto di destra in qualcosa di diverso e di unico. Il moderatismo italiano. Questa è la verità svelata al Paese dalla de morente. E nei due campi politici, le risposte sono state in qualche modo complementari. Il fenomeno Berlusconi è il figlio di queste due rivelazioni. Combinandole (il rifiuto di una parte consistente del Paese per il governo delle sinistre, e l'istinto sommerso di Ezio Mauro CONTINUA A PAG. 2 PRIMA COLONNA

Persone citate: Berlusconi, Carlo Azeglio Ciampi

Luoghi citati: Italia