II voto progressista per rimettere ordine

II voto progressista per rimettere ordine II voto progressista per rimettere ordine QUALCUNO dice che, alla fine, il polo progressista perderà queste elezioni perché fin dall'inizio - dopo le grandi affermazioni nelle consultazioni amministrative dell'anno passato - si è sentito troppo sicuro di vincerle. Non è detto che vada così, naturalmente; ma intanto questo fondato o infondato sentimento di sicurezza ha già dato luogo a una delle principali novità di questa campagna elettorale. E cioè che i progressisti, per la prima volta nella storia della Repubblica, si siano presentati come possibile e verosimile forza di governo. E' coerente con questa assunzione di responsabilità il fatto che la loro campagna elettorale si concluda in questi giorni sotto il segno del sostegno alle istituzioni, con la difesa di uno dei pilastri dello Stato di diritto, l'indipendenza del potere giudiziario, grottescamente accusato di complottare contro Berlusconi e i suoi. E' intorno alla decisione di presentarsi finalmente come potenziale forza di governo che si sono sviluppati gli alti e bassi, le luci e le ombre della campagna elettorale del polo progressista, a cominciare dal problema delle inclusioni ed esclusioni di questa o quella forza della sinistra storica. A ben vedere, i contrasti - che oggi ci appaiono esagerati, rispetto alle ben più concrete e corpose minacce che provengono dalla destra - provocati dalle sortite «rivoluzionarie» di Bertinotti riguardavano proprio l'eterna questione della difficoltà, anzitutto da parte della stessa sinistra, di accettarsi come forza di governo, abbandonando le rive, non allegre ma neanche tanto scomode quando ci si sia fatta l'abitudine, dell'opposizione. Sebbene questa difficoltà non sia totalmente scomparsa, oggi non costituisce più, dentro al polo progressista, un ostacolo vero; è enfatizzata soprattutto dalle forze politiche concorrenti le quali, quando non abbiano la ridotta e puntuale dimensione del centro, che ovviamente garantisce anche una certa omogeneità, si trovano dilaniate da contrasti ben più gravi e da ben più sostanziali fonti di instabilità per il giorno che dovessero assumere responsabilità di governo. Gianni Vattim Gianni Vattimo vessbilit POLEMICHE PRIMA DEL VOTO PERCHE' io, gay, scelgo la destra». L'ultima provocazione dell'Indipendente, il quotidiano forse più schierato con il polo della libertà, usa il nome di Angelo Pczzana per lanciare un nuovo sasso nello stagno delle polemiche. Nel suo intervento, in realtà, il fondatore del Fuori non fa una vera e propria dichiarazione di voto. Si limita a demolire uno dei luoghi comuni della politica: il gay che «deve» per forza essere di sinistra. Un governo progressista - scrive Pezzana - porterebbe il Paese alla bancarotta. E questo sarebbe una rovina anche per i diritti civili. Senza dimenticare che i movimenti di liberazione, delle donne come degli omosessuali, si sono sviluppati soltanto nelle società occidentali liberaldemocratiche. Nella Cuba esaltata da Bertinotti, ad esempio, Fidel Castro si è sadicamente divertito per 30 anni a riempire le carceri di omosessuali. «Sciocchezze», taglia corto Pao- Il nuovo atteggiamento di responsabilità della sinistra non è risultato chiaro fin dall'inizio della campagna. Questo spiega perché, in ultima analisi, sia riuscito solo in parte lo sforzo, messo in atto anzitutto da Alleanza Democratica, di suscitare candidature nuove, slegate dai partiti e profondamente radicate nella società civile. Troppi potenziali candidati, quando non sono stati trattenuti da rispettabili considerazioni personali e di vocazione, hanno finito per rinunciare ad impegnarsi temendo di funzionare solo come «fiori all'occhiello» o «utili idioti» di uno schieramento ancora sostanzialmente marcato dalla vocazione all'opposizione della sinistra tradizionale. In realtà, la decisione per il governo si è venuta chiarendo nel corso della campagna elettorale, anzitutto per contrasto con l'avventurosità di molte proposte della destra, ma anche, per esempio, nel dialogo che i progressisti hanno stabilito con l'opinione pubblica internazionale: non è solo un'invenzione di Occhietto in visita alla City il fatto che oggi questa opinione pubblica, espressa da quelle bibbie dei moderati che sono il Financial Times e ì'Economist, considera un'eventuale vittoria del polo progressista come un im . portante fattore di stabilità e una garanzia circa l'affidabilità economica del nostro Paese. Anche il grigiore che talvolta abbiamo dovuto constatare nella campagna elettorale della sinistra - per esempio sullo scottante tema della scuola privata, o sugli interventi della gerarchia ecclesiastica a proposito di famiglia, aborto, rapporto tra leggi statali e etica cattolica è stato probabilmente uno scotto pagato a questa impostazione di base. Per cui, un po' paradossalmente, e nonostante tutti gli sforzi di Bertinotti, il polo progressista conclude la campagna elettorale con una inedita immagine di «partito d'ordine». Un partito conservatore? Non proprio: la piccola sostanziale differenza sta nel fatto che purtroppo non c'è un ordine da conservare, ma piuttosto da ristabilire e, forse, decisamente da inventare.

Persone citate: Berlusconi, Bertinotti, Fidel Castro, Gianni Vattimo

Luoghi citati: Cuba