Le mie fantasie con Barbie

35 anni, compleanno con scrittori 35 anni, compleanno con scrittori Le mie fantasie con Barbie Milano, tavole di tortura e geroglifici alla Mostra del libro antico 1 ) A sida LI A bambola Barbie, come si è appreso dalle ampie celebrazioni di questi giorni, è nata negli Usa trentacinque Ianni fa. Ecco perché - mi sono detto - non ha fatto parte della «mia» cultura: all'epoca ero già grandicello, e un soverchio interesse per un trastullo così sarebbe stato preoccupante. Ha fatto parte, invece, della cultura delle mie figlie, ma non troppo, e retrospettivamente ho appreso il perché: da genitori relativamente anticonsumisti quali eravamo, lesinavamo sugli accessori, e di accessori per chi entra nel giro delle Barbie non si può mai avere abbastanza. E' vero, un vecchio amico generoso regalò a un certo punto il ranch di Barbie alle bambine, ma l'aereo di Barbie, vanto di un'amichetta più viziata, rimase per loro un sogno inaccessibile. Altro su quello che la Barbie ha potuto rappresentare per cervelli più labili e meno europei lo apprendo comunque adesso, da un bizzarro volumetto tradotto per il Corbaccio. Qui, sotto il titolo di «Mondo Barbie» (pagg. 224, lire 28.000) due curatori presentano una cinquantina di pezzi sulla mitica barnbolina, quasi tutti prose e poesie usciti su rivistine letterarie americane più o meno alternative, ad opera di scrittori non ancora famosi, e sufficientemente giovani da avere avuto la Barbie, nonché, in non pochi casi, da esserne stati turbati eroticamente. Questa ultima reazione non appare ingiustificabile alla luce dell'assurdo criterio con cui la Barbie è concepita: non un simulacro di fantolina più o meno da cullare, come la maggior parte delle bambole, bensì una donnina in miniatura, dell'apparente età di ventiquattro anni, sexy (lunghe gambe affusolate, enormi tette rigonfie, piedi nella posizione di poter indossare solo scarpe con tacchi a spillo) e allo stesso tempo priva di accenni alle funzioni riproduttive (niente capezzoli, niente vagina, fianchi molto stretti, da efebo). Questa donnina si realizza mediante una infinita serie di toilettes e di oggetti per il suo uso forniti dalla casa che la fabbrica - vestiti, case, automobili, piscine - e che incarnano i traguardi di benessere dell'a¬ mericano medio; fa eccezione la biancheria intima, non prevista dalla fabbrica originale, ma messa sul mercato da altri. Non meraviglia dunque se la grande maggioranza dei contributi nascono dal riconoscimento, magari dal superamento dell'antico, disagio di un bambino davanti a questo incongruo oggetto. Alcuni pezzi, è vero, parlano semplicemente di Barbio come «status symbol»; in uno una bambina povera che sogna di riceverne una in dono dal padre ha il cuore spezzato quando se ne vede arrivare una di imitazione; in un altro, certe piccole esuli politiche sudamericane ricevono attraverso la Barbie una prima lezione della trionfante volgarità del mondo con cui d'ora in avanti dovranno confrontarsi. I racconti e le poesie caratteristici del tono medio del volume non sono comunque questi, ma i molti in cui si fantastica sull'emancipazione sessuale di Barbie, o del bambino che Barbie ha turbato. In uno, per esempio, un ragazzino ruba la Barbie alla sorellina per masturbarsi, e in un parossismo di libidine giunge a servirsi come osceno ricettacolo dell'atletico compagno di lei, Ken, che ha la testa svitabile. In un altro Barbie stessa è scappata e frequenta un bar di lesbiche; in un altro ancora, una trentatreenne brutta e soffocata dalla madre, che le regala una Barbie nuova a ogni compleanno, butta tutte le sue bambole dal finestrino della macchina quando, colpevolmente incinta, sceglie la libertà. Ecc. ecc. non senza ripetizioni e saturazione del lettore. Il più spiritoso, di un certo Gregg Shapiro, è in versi, e racconta in prima persona di un fanciulletto che giocava con le bambole delle sorelle. Oggi che è grande, costui dice: «Il mio ragazzo si chiama Ken. Sebbene non abbia/ i capelli fissati con iniezioni di plastica, / lo amo ugualmente. Ha denti perfetti, / voce sensuale, occhi verdi, e genitali / che non lasciano niente alla fantasia. / Sapete, mi sono persino rasato il petto, per renderci / più perfetti. Appena fatta l'abitudine/a camminare sulle punte, mi potrete chiamare Barbie». Nella fiera delle rarità anche la lista per la spesa ) del grande musicista m mi ■ m «•.....:,„,-r : •>•■ i ,■„•„, '-■<- ...ZV •» H, .... ,"' •"'-Hi. ■Ip„„„r ( ■,l ■'*/,.■»,„„ •""••'i . »«....i,„ ri..|» !''""'"■•» r il.,,.. '''',''''imntvfi r il.,,.. ''',''''imn...j1, tvfisz*ips: ' l' 'l'rtnr.i..'» fisz' l' A sinistra, una illustrazione da «Campi Phlegrei» di William Hamilton. Sopra, il «Liber de regimine principum» di San Tommaso dAquino

Persone citate: Barbie Milano, Gregg Shapiro, Ianni, Mondo Barbie, William Hamilton

Luoghi citati: Usa