Botte alla recluta nei guai il caporale di Zeni

Milano, il giovane in ospedale: «Ha ordinato il pestaggio perché avevo votato Lega» Milano, il giovane in ospedale: «Ha ordinato il pestaggio perché avevo votato Lega» Botte alla recluta, nei guai il caporale Ora rischia l'arresto MILANO. Allarga le braccia: «Non so cosa dire», dice. E se ne sta lì, pallido, in un letto dell'ospedale San Carlo, la faccia bonaria e i capelli corti da militare con 37 giorni di naja alle spalle e 322 da farne. Sospira: «Ancora 322 all'alba». No, non sa spiegare bene il perché di quel pestaggio a freddo, calci, pugni, ancora calci, che gli è costato l'asportazione della milza, Andrea Genualdi, 19 anni appena compiuti, militare alla caserma Santa Barbara che tutti a Milano conoscono come «la Perucchetti», in forza al terzo battaglione trasmissioni «Spluga». Per giorni aveva mentito por paura di ritorsioni: «Sono caduto in bagno», aveva detto ai genitori, agli amici di Arcisate, provincia di Varese, al fratello Massimiliano. Ma all'ipotesi di un ricovero d'urgenza con operazione immediata e asportazione della milza causati da una banale caduta in un bagno della Perucchetti, alla fine non tutti ci hanno creduto. Non ci ha creduto un ufficiale. E alla fine Andrea ha ammesso: «Sono stato picchiato da alcuni commilitoni su ordine di un caporal maggiore che ha poi imposto il silenzio». Il peggio è venuto dopo: già, perche le botte al ragazzo di Arcisate non sono l'ennesimo episodio di quel nonnismo che è da sempre fenomeno diffuso nelle caserme d'Italia. No, questa volta c'entra anche la politica. «Ho votato Lega», aveva ammesso Andrea parlando a ruota libera di calcio, donne e MADRE DI LODI osto tazione di potere, stupidità: comunque una gran brutta storia su cui in tanti, dentro e fuori la caserma Perucchetti, preferirebbero forse stendere un velo di silenzio. «Non possiamo parlare», dicono i ragazzi in libera uscita correndo verso il tram che li porta verso il centro, verso il passeggio e i cinema della Milano di notte. Nessuno lo dice ma l'ordine dei comandanti è stato preciso: tutti zitti. E poche parole anche dai magistrati militari della Procura di Torino, quella che ha ricevuto la denuncia per lesioni personali gravissime e che ha già fatto partire una richiesta di arresto per il Particelli che è all'esame del giudice istruttore: rischia la galera, il caporal maggiore. Ma se il procuratore capo di Torino, Celletti, glissa sulla natura politica del pestaggio («Potrebbe trattarsi di un atto deprecabile di nonnismo - dice -, uno di quegli atti che i comandanti di reparto dovrebbero cercare di prevenire in prima persona»), i leghisti fanno quadrato attorno ad Andrea. Marco Formentini, il sindaco, è corso al San Carlo, una stretta di mano affettuosa, un invito a dimenticare e un monito: «Un processo esemplare ai responsabili contribuirà a ridare serenità ai giovani che servono la patria». Luigi Negri, il segretario nazionale del Carroccio, ha subito presentato una interrogazione al ministro della Difesa. Solo Bossi, il leader, informato dell'accaduto durante un comizio volante in un mercatino milanese, ha preferito gettar acqua sul fuoco: «Siamo in campagna elettorale, non voglio strumentalizzare un episodio». Riposo. Armando Zeni In alto, Andrea Genualdi. Sotto, soldati di leva

Persone citate: Andrea Genualdi, Celletti, Luigi Negri, Marco Formentini, Solo Bossi

Luoghi citati: Arcisate, Italia, Lodi, Milano, Torino, Varese