E' accusato di razzismo e cattiva amministrazione: 2 mesi fa il primo addio, poi il presidente Arap Moi l'aveva richiamato di Fabio Galvano

E' accusato di razzismo e cattiva amministrazione: 2 mesi fa il primo addio, poi il presidente Arap Moi l'aveva richiamato E' accusato di razzismo e cattiva amministrazione: 2 mesi fa il primo addio, poi il presidente Arap Moi l'aveva richiamato Se ne va Leakey, il signore degli elefanti i7 nemico dei bracconieri si dimette: «Il Kenya non mi vuole più» VINCE LA LOBBY DELL'AVORIO LONDRA A gettato la spugna, l'«uomo degli elefanti». Richard Leakey, accusato di «razzismo, corruzione e cattiva amministrazione» nella sua attività a capo dei parchi nazionali del Kenya, si era già dimesso il 14 gennaio, schiacciato da una faida politica nei suoi confronti, scatenata per un viluppo di interessi economici e persino tribali. Le accuse, naturalmente, non erano mai state provate; e l'intervento del presidente keniota Daniel Arap Moi, due settimane fa, aveva fatto rientrare la crisi. Il sereno non è durato a lungo. Bombardato da nuove accuse, ma soprattutto deluso da nuove norme volte essenzialmente a legargli le mani, Leakey si è dimesso una seconda volta. «Non ho assunto alcun impegno a sbattere la testa contro un muro», ha detto: «Questa volta me ne vado davvero». Scompare di scena l'uomo che aveva salvato gli elefanti e i rino- ceranti dall'assalto dei cacciatori di frodo, dei mercanti d'avorio, degli stregoni alla ricerca di polveri afrodisiache, dei mille artigiani che sulla distruzione di quel patrimonio naturale avevano intessuto una piccola attività artigianale ad uso turistico. Scompare, insomma, l'unico evidente baluardo del Kenya contro un massacro che ha ridotto il numero degli elefanti da 100 mila (nel «Non vedo proprio come potrei svolgere il mio incarico in quelle condizioni - ha detto ieri 1 "uomo degli elefanti" - e so di certo di non essere la persona in grado di applicare con successo le nuove direttive». Tanto è bastato perché i suoi nemici di sempre, accusati dai sostenitori di Leakey di volersi semplicemente «spartire la torta» dell'industria turistica senza dover fare i conti con una coscienza nazionale, ne denunciassero l'«arroganza» e la «mancanza di rispetto» per Arap Moi. Ngala ha definito le azioni di Leakey, che è figlio dei celebri paleontologi Louis e Mary Leakey, «un gesto criminale»: «Che cosa crede? Di essere sullo stesso piano del Presidente? E' vergognoso che sia disposto soltanto ad accettare le lodi, ma non le responsabilità». Al centro del contenzioso è la decisione di Moi, spinto dai suoi collaboratori, di destinare ai parchi nazionali soltanto il 25 per cento del bilancio per la difesa naturale, con la spiegazione che il 75 per cento degli animali vivono altrove. Leakey ha sempre sospettato che la manovra puzzi di clientelismo, e serva ad ammansire questa o quella tribù, a distribuire la torta fra persone che altrimenti non la toccherebbero. Nonostante il suo dramma personale - nel giugno scorso ha avuto un incidente aereo in cui ha perso entrambe le gambe - si è gettato a capofitto nella crociata. Ma come risultato si è fatto qualche nemico in più. William Oh Mtimama, ministro per il governo locale, lo ha accusato di «volersi creare un impero» sotto la bandiera della wildlife, di ignorare bellamente le necessità della popolazione che abita vicino ai parchi nazionali. «Ha creato un pasticcio», insiste. Arap Moi non si fa trovare; e Leakey abbandona i suoi elefanti. Fabio Galvano

Luoghi citati: Kenya, Londra