Torino chiesto il fallimento di Claudio Giacchino

30 IL DRAMMA GRANATA La Procura ha presentato l'istanza; magistrati dubbiosi sull'offerta di Calieri Torino, chiesto il fallimento Nizzola: si muova Matarrese E' TORINO STATO chiesto il fallimento del Toro. Intanto l'offerta presentata da Gian Marco Calieri per salvare la società non sembra soddisfare i giudici. Ci sono molte possibilità che nella prima formulazione venga respinta. Per il glorioso club granata, che allo stato delle cose rischia davvero di scomparire, le novità non sono certo piacevoli. Fallimento. La procura ha inoltrato la richiesta al tribunale fallimentare ieri a mezzogiorno quando i sostituti procuratori Gian Giacomo Sandrelli e Alessandro Prunas hanno consegnato i documenti al giudice Massimo Macchia e al presidente del tribunale, Corradini. Che cosa succederà? Il tribunale esaminerà la richiesta, convocherà i rappresentanti del Toro che s'opporrano alla dichiarazione di fallimento sostenendo, come aveva spiegato l'avvocato Alberto Buffa (consigliere anziano della società e unica voce rimasta del club dopo le dimissioni di Goveani e dell'amministratore delegato Randazzo), che la situazione è meno grave di quella dipinta dalla procura. Ai giudici fallimentari, Buffa proporrà un piano di salvataggio fondato sulla cessione dei giocatori «in modo da recuperare quei 20 miliardi necessari ad evitare la bancarotta». Per la procura, invece, di miliardi ne occorrono almeno quaranta e il piano del Toro, annunciato la scorsa settimana nei suoi contenuti generali da Buffa, ha scarse possibilità di attuazione «perché nessuno comprerà, e potrà comperare, da una società della quale è accertato lo stato d'insolvenza». I tempi. Sentiti i rappresentanti del Torino, il tribunale deciderà se dichiarare il fallimento o respingere l'istanza. Non esistono tempi precisi, la sentenza potrebbe arrivare in due settimane come in due mesi. «Ma abbiamo motivo di credere che la decisione non si farà attendere a lungo», hanno detto i magistrati. Calieri. Prima di vedere le conseguenze di un fallimento, va considerata l'offerta presentata martedì da Calieri per rilevare il Torino. L'unica offerta giunta: quindi l'unica che può, se accettata, far annullare la richiesta di fallimento. Purtroppo ci sono dei dubbi. Eloquente il laconico commento del magistrato Macchia: «Su di essa ci sono amplissime riserve». Previsti trecento milioni subito, che costituiscono la cauzione, più una cifra che è ritenuta «povera». Oltretutto, questi primi soldi non finirebbero ai creditori di Borsano, ma andrebbero a coprire debiti di Borsano che Goveani s'accollò quando divenne presidente. Cioè, allevierebbero la posizione debitoria del Notaio. E ciò ai ma¬ gistrati, è parso di capire, interessa poco o nulla: a loro preme che, oltre a questi debiti, l'offerta di chi aspira a diventare padrone del Torino serva a risarcire i creditori della Gima, la holding di Borsano fagocitata in un crack di oltre 80 miliardi. Insomma, l'offerta dovrebbe essere superiore (di quanto è impossibile capire) ai 4 miliardi. Ieri, però, Calieri ha incontrato Goveani. Alla fine il Notaio ha annunciato (il comunicato è riportato a lato) che rinuncia ai 1921 milioni messi nel Torino durante la sua presidenza. Chissà che tale rinuncia non rappresenti una novità positiva (sarebbe l'unica della giornata): cioè riduce il peso delle esposizioni. Calieri potrebbe «irrobustire» la propria offerta. Nizzola. Il presidente della Lega, Nizzola, da Stoccarda, ha affermato: «Matarrese deve andare subito dai magistrati torinesi e convincerli che debbono accettare la proposta di Calieri anche se bassa: il Toro non può e non deve fallire». E ha aggiunto che lui stesso, appena rientrerà in Italia, si recherà dai giudici. Il futuro. Nello sciagurato caso la società fallisse e nessuno la tenesse in vita rilevandola dal fallimento (impresa anch'essa costosissima, almeno 25 miliardi) il futuro si prospetta tragico. I giocatori sarebbero svincolati e liberi di accasarsi a costo zero dove preferiscono, il patrimonio granata andrebbe in fumo. E in fumo andrebbero le speranze dei creditori di Borsano e del Toro di recuperare qualcosa. A chi gioverebbe una simile soluzione è incomprensibile, ma i giudici ieri, ribadito che sono vincolati alla legge e che non possono agire altrimenti, si domandavano: «Insomma, se il Toro fosse un'azienda normale sarebbe già non fallito ma strafallito. Esistono casi ben più gravi; qui, al massimo, che cosa accadrà? Che un po' di gente non andrà più alla partita». Claudio Giacchino "I: ■ w,';i!ff:i</:,'/'-: Gian Marco Calieri rimane l'unica possibile àncora per salvare il Toro dal fallimento Ha un piano per sanare la società

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