La Digos a Forza Italia di Giovanni Bianconi

'Ndrangheta contro il voto Massoneria deviata, i giudici di Palmi vogliono la lista dei candidati. Berlusconi: una provocazione La Digos a Forza Italia Perquisite le sedi di Roma e Milano ROMA. La nuova bomba che scuote le ultime battute della campagna elettorale si innesca alle 9,30 del mattino. Due signori in borghese si presentano nella sede di «Forza Italia» di via dell'Umiltà, al centro di Roma. «Siamo funzionari della Digos - dicono dobbiamo acquisire dei documenti su ordine della Procura di Palmi». Un'ora più tardi, nell'antico palazzo romano arriva Cesare Previti, avvocato e candidato del partito di Berlusconi. Dice che l'aggressione al suo movimento continua, e convoca una conferenza stampa. In via dell'Umiltà si precipitano giornalisti e fotografi, i primi ad arrivare sono quelli delle reti Fininvest. La bomba ormai è esplosa, e produce conseguenze a catena. Perfino, a sorpresa, l'inusuale raccomandazione di Ciampi al ministro della Giustizia Conso perché «si evitino iniziative che possano turbare la campagna elettorale». Nel pomeriggio il presidente della Repubblica Scalfaro interviene al Csm, mentre i giudici di Palmi si difendono: «Non dipendiamo né da Berlusconi né da Violante, facciamo solo il nostro lavoro». I documenti richiesti dalla Digos sono le liste di tutti i candidati di «Forza Italia» alle elezioni; nelle stesse ore, a Milano, altri poliziotti chiedono l'elenco di tutti gli aderenti ai club di Silvio Berlusconi. L'ordine è arrivato dal sostituto procuratore di Palmi Maria Grazia Omboni, il magistrato che ha ereditato da Agostino Cor- dova l'inchiesta sulle logge massoniche deviate. I funzionari della Digos spiegano all'avvocato Previti che non devono fare né perquisizioni né sequestri, la loro è una semplice richiesta di atti. Che viene regolarmente esaudita: il tempo di trasferire tutti i nominativi su alcuni floppy disk, e i giudici avranno ciò che vogliono. Ma davanti ai giornalisti, l'avvocato protesta: «Le nostre liste dice Previti - sono state depositate al ministero dell'Interno. A tre giorni dalla chiusura della campagna elettorale, quindi, si cerca con atti autoritativi quello che è già in possesso della pubblica autorità, rischiando di alimentare un clima di tensione che può turbare la libera formazione del consenso elettorale». Andando avanti i toni si fanno più duri, e l'a wocato-candidato parla di «via giudiziaria al comunismo», di «aggressione ispirata da Violante e dal pds», e si chiede perché nessuno proceda contro il presidente dell'Antimafia in base alla legge che punisce chi turba la campagna elettorale con notizie false. I motivi della richiesta di Palmi, Previti non li conosce. Ma ci sono massoni iscritti e candidati con «Forza Italia»? «Noi l'abbiamo chiesto e hanno risposto di no - dice l'avvocato - ma non penso sia rilevante. Perché i giudici non chiedono le liste dei candidati del pds o di altri partiti? Noi abbiamo chiesto ai candidati di non trovarsi in situazioni di illegalità». Nel frattempo la notizia ha fatto il giro d'Italia, e al termine del Consiglio dei ministri Ciampi si trattiene con Conso «esprimendogli - afferma una nota di Palazzo Chigi - la più viva preoccupazione e richiamando il dovere per tutti che in questo delicato e importante momento della vita nazionale si evitino iniziative che possano turbare la campagna elettorale». Silvio Berlusconi parla di «provocazione contro la libertà degli italiani», e chiede un incontro con Scalfaro, che avverrà oggi. Il leader di «Forza Italia» protesta perché, dice, le sue sedi «vengono visitate dalla polizia di Stato in assenza di qualsivoglia notizia di reato, queste cose avvengono solo nei Paesi totalitari». Da Palmi i magistrati fanno capire che le notizie di reato, invece, ci sono. «I nomi - spiegano il giudice Omboni e il reggente della Procura Salvatore Boemi - sono stati richiesti perché necessitavano dei dati per alcune verifiche su persone indagate, al fine di conoscere la loro posizione. Non facciamo politica, svolgiamo soltanto il ruolo di magistrati». Dal pochissimo che trapela si intuisce che nell'inchiesta sarebbero stati chiamati in causa personaggi che potrebbero essere candidati o aderenti a «Forza Italia». I giudici si lamentano per la fuga di notizie, ma un'iniziativa del genere a quattro giorni dal voto non poteva non suscitare scalpore e polemiche. E quella che i giudici insistono a definire «normale routine», diventa un caso politico che arriva fino al Quirinale. Il capo della polizia Parisi comunica al vicepresidente del Csm Galloni che i giudici hanno chiesto le liste martedì e volevano una risposta entro 48 ore. Ma sui motivi dell'urgenza non una parola. Durissime le reazioni di candidati e sostenitori del «polo delle libertà» contro le «toghe rosse» e le loro «improvvide iniziative», mentre il segretario del Ppi Martinazzoli non si unisce al coro delle proteste: «Quando era aperta la caccia al democristiano e qualcuno diceva che c'erano strane coincidenze con le elezioni, tutti si alzarono a redarguire e a spiegare che la giustizia non conosce soste. Trovo strano che oggi gli stessi invochino una "tregua di Dio" in periodo elettorale». Giovanni Bianconi Sopra il capo della polizia Vincenzo Parisi, a lato il presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi mimimsm

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