I RAMPANTI DELLA FEDE di Enzo Bianchi

I RAMPANTI DELLA FEDE I RAMPANTI DELLA FEDE C'è un consumismo del sacro ER essere chiamato con molti nomi Dio disfece la torre (di Babele), la grandezza posticcia di uomini ridotti a maestranze. Scelse di essere nominato in mille lingue perché non si esaurisse la ricerca...». Così Erri De Luca, narratore «laico» della «laica» Feltrinelli. Il Salone del Libro e della Comunicazione Religiosa può essere un'occasione per fare il punto su questa ricerca. Non si tratta tanto di dare un po' di ossigeno a una nicchia del mercato del libro che peraltro si sta difendendo meglio di altre nell'attuale crisi dell'editoria, quanto piuttosto di interrogarsi su come viene trattato oggi l'argomento religioso nella pubblicistica. In questi ultimi anni si è assistito a un risveglio di interesse verso la tematica religiosa da parte di editori non dichiaratamente confessionali e a un timido e non sempre convinto tentativo da parte degli editori cattolici di uscire dalla prigione dorata dell'ambito ecclesiale. Intere collane e singoli titoli di editori di tutte le dimensioni testimoniano una sincera preoccupazione di mettere in luce le radici anche cristiane della nostra società occidentale e di penetrare con maggior rispetto e onestà intellettuale in tradizioni religiose e culturali diverse. Ma questa tendenza al dialogo e all'apertura, all'abbattimento di storici steccati e di schieramenti ideologici non risulta priva di ambiguità. A volte pare rispondere più a un'ansia di occupare o difendere fette di mercato, che a un preciso piano culturale; assomiglia più a un'estensione all'ambito librario di metodi tipici di un certo giornalismo rampante che a un rifiuto di opposti integralismi. La rincorsa al titolo ad effetto o al personaggio di grido, la spasmodica ricerca dell'instantbook, di argomenti «scottanti» da consumare nel volgere di poche settimane non facilitano certo una pacata riflessione su tematiche che richiedono invece tempo, distacco, studio approfondito e confronto intellettuale per essere lette e interpretate. La situazione attuale pare piuttosto essere contrassegnata da una sorta di prurito da prima pagina, da una lotta per occupare gli scaffali più in vista nel supermercato del religioso: così l'argomento «Dio» è gradito solo se condito da esoterismo o da vene ereticali oppure se legato a polemiche di attualità. Inoltre non sempre il linguaggio risulta all'altezza delle intenzioni: non si riesce a trovare una lingua co¬ mune che sia semplice, appropriata e comprensibile a un pubblico di cultura media; si passa così dall'uso di codici cifrati per addetti ai lavori a un'aria viziata di sacrestia, a una banalizzazione fatta di slogan e di luoghi comuni. Certo solo alcuni editori cattolici si permettono di pubblicare libri e libretti appartenenti al genere letterario «paccottiglia» o «kitsch sacro» solo perché sanno di poterli rifilare a certi ambienti pii che li comprano per devozione e poi non li leggono. La stessa distinzione tra editoria «laica» e «cattolica» o «religiosa» non è sempre facilmente definibile: sovente l'unico criterio per assegnare l'una o l'altra etichetta a un catalogo o a un singolo titolo passa attraverso il canale di distribuzione utilizzato e il tipo di libreria presso cui un autore riesce a rendersi reperibile. Ma c'è da chiedersi se questo ha ancora senso: un libro di ricette di cucina appartiene al genere «religioso» solo perché scritto da una suora? Oppure un'indagine sul modo con cui si affronta l'argomento «sesso» nei confessionali è da considerarsi «laica» solo perché il San Paolo giornalista è non credente o poco praticante? Sono tramontati i tempi in cui si poteva trovare il commento di Karl Barth alla Lettera ai Romani nel catalogo Feltrinelli o un altro commento alla stessa epistola nei «Saggi» di Einaudi; tempi in cui - senza parlare di «scuderie» di appartenenza - il monaco Thomas Merton era uno scrittore Garzanti e le opere postume del teologo protestante Bonhoeffer erano contese tra la «laica» Bompiani e la «cattolica» Queriniana. Eppure sono dati analoghi a questi - dati che vediano affiorare qua e là con sempre maggior convinzione e che ci auguriamo di trovare positivamente evidenziati al Salone di Milano - che fanno sperare nell'affacciarsi di una nuova stagione, una stagione in cui le parole e i libri, specie se «sacri» e sul sacro, non siano più usati come armi ma come strumenti di una comune ricerca di senso. Un interrogativo per concludere: sovente da parte cattolica ci si lamenta della mancanza di sensibilità e di attenzione della società civile nei confronti delle istanze ed esigenze legate alla professione della propria fede. Nel programmare la prima mostra-mercato del libro e della comunicazione religiosa, che si è voluta aperta alle tre religioni monoteistiche, gli organizzatori - cattolici - non potevano scegliere una data diversa dalla Pasqua ebraica e dalla Domenica delle Palme cristiana? Enzo Bianchi

Persone citate: Bonhoeffer, De Luca, Einaudi, Garzanti, Karl Barth, Lettera, Palme, Thomas Merton

Luoghi citati: Milano, San Paolo