le donne d'Algeria no al Medioevo

Cortei in tutto il Paese contro i terroristi islamici, che hanno fatto 200 morti in un mese Cortei in tutto il Paese contro i terroristi islamici, che hanno fatto 200 morti in un mese le donne cFAlgeria; no al Medioevo In 50 mila, non si tratta con il Fis Donne e giovani in piazza ad Algeri per gridare la loro rabbia contro la violenza omicida islamista e ingiungere al regime di «non trattare con gli assassini». Erano oltre cinquantamila, ieri pomeriggio, a sfilare nelle vie della capitale, che la polizia presidiava nel timore di attentati. Altre manifestazioni hanno mobilitato Orano, Costantina, Annaba, Tizi Ouzou e Bejaia. E secondo le prime stime, 10 sciopero indetto in concomitanza da due sindacati algerini (l'Ugta e l'Unep) avrebbe registrato adesioni superiori al 70% malgrado le minacce integriste e la paura diffusa. L'Algeria rialza dunque la testa con un'iniziativa coraggiosa e in larga misura inedita. Testimonia come dopo lungo fatalismo e inerzia l'opinione pubblica - quella femminile in particolare, cui il fondamentalismo islamico vorrebbe chiudere la bocca, imbavagliandola con il chador - non intenda rassegnarsi ai massacri quotidiani né stabilire un'equidistanza fra 11 potere e chi gli si oppone armi in pugno nel nome di Allah. Lo Stato algerino sarà anche in agonia, ma è l'unico baluardo contro il dilagare della guerra civile e una carneficina generalizzata. I dimostranti ne invocavano a gran voce la protezio¬ PARIGI ne, richiamandolo alla difesa delle comuni libertà civili. Inclusa quella di sopravvivenza. Perché nelle categorie a rischio - intellettuali, giornalisti, residenti stranieri - l'alternativa è ormai tra la valigia e la bara. In una lettera al presidente della Repubblica, il generale Liamin Zerual, i promotori insistono: «L'Algeria rimane il nostro Paese. Rifiutiamo l'esilio, la sottomissione o la compromissione. Vogliamo batterci, qui e ora, per l'avvenire dei nostri figli, per un'Algeria di progresso, democratica, aperta e tollerante». Gli slogan riecheggiavano questi temi. «Stop al fascismo», «Troppo sangue, troppe lacrime: insieme salviamo l'Algeria», «Nessuna misericordia per i killer», «Negoziare con il Fis vuol dire arrendersi». In testa, la madre e la vedova di Ahmed Asselah, il direttore della Scuola di Belle Arti ucciso con il figlio Rabah, 22 anni, il 5 marzo. Dietro, decine di altre donne toccate nei loro affetti dal fanatismo politico-religioso. Ma anche studentesse, ragazze cui l'uccisione a inizio mese della piccola Katia - massacrata perché non si era calato sul viso il velo islamico - ricorda ogni giorno che sono nel mirino e la loro giovinezza non commuoverà i killer. Il potere si teneva lontano. Nessun esponente governativo, pochi leader di partito. Un'as- DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES. L'Unione europea a 16 rischia un lungo rinvio. Ieri i Dodici si sono lasciati senza accordo sul sistema che dovrà regolare il voto del Consiglio dei ministri dopo l'adesione di Austria, Finlandia, Norvegia e Svezia, prevista per il '95, ma solo se tutti i preliminari saranno stati compiuti prima delle elezioni europee di giugno. I tentativi di sciogliere il nodo proseguiranno a Giannina, in Grecia, a fine settimana. A bloccare l'accordo sono Londra e Madrid. [Ansa] STRAGE DI HEBRON

Persone citate: Ahmed Asselah, Liamin Zerual