Violante mi hanno teso un tranello

Le rivelazioni sulle indagini contro la Fininvest: esplode la polemica tra i partiti Le rivelazioni sulle indagini contro la Fininvest: esplode la polemica tra i partiti Violante; mi hanno teso un tranello «Sono stato travisato». Il giornalista: «Tutto vero» ROMA. «Sto riflettendo se sia il caso o no di lasciare la Commissione Antimafia, per poter attaccare con maggiore libertà chi ha teso questa trappola e chi la sta utilizzando». Al termine di una giornata convulsa Luciano Violante ricorre a una mossa a sorpresa per trovare una via d'uscita dopo le polemiche seguite alle sue dichiarazioni sulle inchieste giudiziarie sui presunti rapporti tra la mafia e i dirigenti Fininvest. Non basta la precisazione che manda al nostro giornale alle due e mezzo del pomeriggio: «L'articolo di Augusto Minzolini "I segreti di Violante. Quel che so di Dell'Utri" mi attribuisce giudizi e informzioni che io non gli ho comunicato. In particolare è stato Minzolini a parlarmi di voci giornalistiche relative a indagini a Catania nei confronti del dottor Dell'Utri. Trovo supefacente che Minzolini attribuisca a me nell'articolo questa sua affermazione che io non ho in alcun modo corroborato. Ho trasmesso l'articolo ad uno studio legale per iniziative necessarie a stabilire la verità». Non basta anche perché arriva tardi. Quando la procura di Catania ha già smentito che il nome di Marcello dell'Utri, come aveva dichiarato il presidente dell'Antimafia al nostro giornale, sia nel registro degli indagati. E dopo che Forza Ita- zioni non le ha mai rilasciate. Ma Minzolini gli risponde subito: «Confermo di aver riportato fedelmente le affermazioni che mi sono state rese dal presidente dell'Antimafia». Comunque, la precisazione di Violante non viene tenuta in gran conto dai suoi avversari politici. E, a quanto pare, nemmeno da tutti i pidiessini. Giovanni Correnti, garantista di ferro, trasecola: «Che cosa avrei fatto io al posto di Luciano? So molte cose dei miei concorrenti nel collegio di Novara, conosco i loro precedenti penali, perché faccio l'avvocato, ma non uso niente di tutto ciò. Non si devono utilizzare le vicende giudiziarie come leve di ritorsione politica». E gli avversari di Violante, naturalmente, la mettono giù pesante. A cominciare dagli esponenti del «polo della libertà» nella Commissione Antimafia. Il missino Altero Matteoli accusa l'esponente pidiessino di essere «il regista» della campagna giudiziaria antiberlusconiana e lo invita a lasciare l'incarico. Ironico, invece, il commento di Pierferdinando Casini: «Violante ha almeno un merito: quello di aver fatto capire a tutti gli italiani che vi è un'eterodirezione a fini poltici delle più scottanti indagini giudiziarie». La polemica dunque divampa. Non solo a destra, anche al centro. Dice Guido Bo- drato: «Se il presidente dell'Antimafia ha fatto veramente quelle affermazioni, vuol dire che siamo di fronte ad un uso perverso della giustizia». E Michelangelo Agrusti, fedelissimo di Martinazzoli: «Violante si è rovinato da solo e ha fatto un regalo a Berlusconi». Mentre piovono le critiche (tra le tante anche quelle di Sogno: «Ai comunisti non si possono affidare funzioni pubbliche e di Stato perché sono irresistibilmente portati a usarle per fini di parte»), a Botteghe Oscure regna l'imbarazzo. Il vertice del pds è colto di sorpresa dalla sortita di Violante. Come trarsi d'impaccio? Nell'unico modo possibile. I big si consultano tra di loro. Il segretario parla con il presidente dell'Antimafia. E poi Achille Occhetto replica a Berlusconi e dice: «Non abbiamo ordito nessun complotto». Mentre Violante lascia intendere di volersi dimettere perché contro di lui è stata orchestrata un'indegna campagna: «Non so se la cosa fosse organizzata - dice ma immediatamente è partita una macchina volgarmente e violentemente aggressiva nei miei confronti». Un altro complotto, dunque? L'ennesimo, visto che tutti i protagonisti di questa campagna elettorale ne vedono uno dietro ogni angolo. Luciano Violante Ha ha mobilitato uomini e alleati, che chiedono le dimissioni dell'esponente pidiessino. Il radicale Marco Taradash invia perfino una lettera a Giorgio Napolitano e Giovanni Spadolini: se Violante non vuole andarsene siano loro a costringerlo ad allontanarsi. Il presidente dell'Antimafia, dunque, è costretto a correre ai ripari. In pratica lo si accusa di aver pilotato i magistrati contro il Cavaliere, di utilizzare l'incarico istituzionale che ricopre nella lotta politica. Perciò Violante prepara le sue contromosse. Invia un fax a Catania per far sapere ai magistrati che lui quelle dichiara¬ Maria Teresa Meli Ldin IR bada al sodo: «Non è capace di interessarsi ai problemi della gente, figuriamoci risolverli». «E' antipatico al popolo perché pontifica, magari senza volerlo ma pontifica, come tutti i professori». «Vivendo in un ambiente chiuso non sa parlare con le persone rozze, che però votano anche loro, mica solo i professoroni amici suoi». Poi ci sono le buste anonime che il missino Dressi riceve ogni giorno dall'università e conserva in una cartellina azzurra. Con un certo pudore le chiama «note informative». «Non le uso, ci mancherebbe. Certo che i colleghi di Magris non gli devono volere molto bene. Non conosco un solo fruttivendolo che farebbe la stessa cosa contro di me». L'ultima malignità degli anonimi è il tentativo di insozzare «Danubio», il libro più famoso. «In una di quelle buste - racconta Dressi - c'è scritto e documentato che l'industriale Falck ha comprato alcune migliaia di copie del "Danubio". Non so, forse voleva leggerselo soltanto lui». Il dentista: «Io non l'ho mai letto, e come me quasi tutta Trieste. Magris lo conosce soltanto chi ha una cultura medio-alta, e di uri certo tipo,'poi. Ho fatto un'indagine fra i medici in ambulatorio e nessuno sapeva chi fosse». Le bolle del frizzantino ormai sono spente: Magris solleva il bicchiere e poi lo sguardo: «E' vero, non vado in giro a chiedere voti e quando il missino mi ha attaccato, io anziché rispondergli l'ho rimandato ai miei articoli. Ma non è supponenza. E' che ogni strumento deve suonare la sua musica. Ho sempre detestato la spocchia di certi intellettuali. Esserlo non era un merito, ma adesso non vorrei che diventasse un handicap. Temo un nuovo peronismo: guai a un Parlamento tutto di Magris ma, con tutto il rispetto, non mi piacerebbe neanche un Parlamento di soli dentisti». Una studentessa viene a stringergli la mano: «Il ventisette la votiamo tutti, sa?». Magris ringrazia garbato. Poi, rimasto solo: «Adesso che ci penso: ma come fa a votarmi? E' serba». Sempre distratti, questi intellettuali. TRIESTE IRA brutta bora a Trieste. Soffia sui pregiudizi della gente, per dire che l'intellettuale in politica è un buono a nulla, meglio se nella Seconda Repubblica rimane a casa, lasciando fare a chi può, a chi sa. Dal tavolino d'angolo di un bar di piazza Oberdan, lo scrittore Claudio Magris contempla le piccole bolle che esplodono dentro il bicchiere di frizzantino. Si aspettava di essere attaccato sulle alleanze spericolate (da Segni a Bertinotti, è il candidato unico del fronte antiberlusca), invece sta scoprendo che il punto debole è quello che credeva forte: il suo lavoro. E' lì che si sono accaniti gli avversari. Ha cominciato Dressi, il fruttivendolo missino: «Vorrei sapere perché un operaio dovrebbe votare per Magris». Si è aggiunto Antonione, il dentista di Bossi e Berlusconi: «Le ideologie sono morte, contano i problemi concreti. Chi ha scarsa dimestichezza con la realtà adesso non ci serve». E la città sembra dargli ragione. Antonione è in testa nei sondaggi e nella considerazione degli esperti. Michele Del Ben, anchorman in giacca rossa della tv locale, benché di idee in tinta con la giacca riconosce in Magris il grande sconfitto dell'unico duello televisivo: «Schiena piegata in avanti, parole mangiate. Si vede che non sa usare il mezzo». Scampoli di videocassetta: il dentista della destra, rilassato e ammiccante, chiede allo scrittore del sinistra-centro cosa intende fare per le pensioni. Magris si ingobbisce: «Mi spiace, non sono un tecnico». Antonione, beffardo: «Neanch'io, però almeno il programma del mio partito lo conosco». Magris, agitato: «Non sono in grado di dirle qual è la mia posizione in materia». Ammissione terribile. Dalle sue labbra serrate escono poi espressioni come «clonazione gelatinosa» che farebbero la fortuna di un libro o di un articolo, ma in televisione si nota solo che vengono dette in fretta e male. Il verdetto lancinante del dentista: «Chi è abituato a riflettere non funziona in tv». Fosse solo un problema d'immagine. L'attacco degli avversari all'intellettualità di Magris

Luoghi citati: Catania, Novara, Roma, Trieste