Cassirer, Darnton e Starobinski rileggono il pensatore ginevrino. I mali degli ultimi 200 anni sono tutta colpa sua? Rousseau il filosofo accerchiato

Cassirer, Darnton e Starobinski rileggono il pensatore ginevrino. I mali degli ultimi 200 anni sono tutta colpa sua? Cassirer, Darnton e Starobinski rileggono il pensatore ginevrino. I mali degli ultimi 200 anni sono tutta colpa sua? ROUSSEAU // filosofo accerchiato AVEVA dieci anni quando la signorina Lambercier, figlia del pastore calvinista con cui abitava dopo la morte del padre, si accorse che le punizioni corporali gli procuravano uno straordinario piacere. Ne aveva sedici quando fuggì da Ginevra e trovò rifugio a Torino, nell'Ospizio dello Spirito Santo, dove ritenne utile convertirsi al cattolicesimo. Prima di scoprire la sua vera vocazione fu impiegato d'uno studio notarile, incisore, lacchè, maestro di musica, precettore e segretario dell'ambasciatore di Francia a Venezia. Per scroccare un pasto in casa di contadini, durante un viaggio nelle Alpi, «inventò» una fontana che trasformava l'acqua in vino. A Losanna diresse un concerto, ma i musicisti lo cacciarono dal podio non appena si accorsero che non sapeva leggere le note. Con le donne ebbe sempre rapporti difficili e tortuosi. Quando era a letto con la sua amante, la signora de Warens, la chiamava «mammina». Da Thérèse le Vasseur, cameriera dell'albergo di Parigi in cui prese alloggio dopo il soggiorno a Venezia, ebbe cinque figli, ma se ne sbarazzò mandandoli all'orfanotrofio. Quando dichiarò il suo amore alla signora Dupin, la donna amata abbandonò sdegnosamente la stanza ed egli, per l'umiliazione, cadde gravemente malato. A Montmorency, dove scrisse il suo grande romanzo {Julie, ou la nouvelle Héloise), s'innamorò di una donna che aveva vent'anni meno di lui e amava, a sua volta, un altro uomo. Fu certamente masochista, feticista, esibizionista e voyeur. Era afflitto contemporaneamente da uno straordinario orgoglio e da un gigantesco senso di colpa. Nel 1752 fu invitato a Versailles: Luigi XV gli avrebbe dato udienza, si sarebbe complimentato con lui per una sua recente opera teatrale e gli avrebbe concesso una pensione. Ma al momento di lasciare Parigi fu assalito e paralizzato da una micidiale combinazione di orgoglio, timidezza e malessere fisico. Così era Jean-Jacques Rousseau, cittadino di Ginevra, paladino della libertà assoluta ma inventore dello Stato totalitario, precursore del più sfrenato romanticismo tedesco ma teorico di una religione civile che avrebbe imprigionato i cittadini nelle morse illiberali di una pedagogia pubblica, amante sensuale ma timido, morbosamente introspettivo e perseguitato dalla convinzione che un giudice nascosto controllasse ogni atto della sua vita. Non era ancora morto e già il mondo dava di lui giudizi radicalmente contrastanti. Il più duro fu quello di un pamphlet anonimo intitolato Le Sentiment des citoyens che egli ricevette il 31 dicembre del 1764 e da cui fu gettato in uno stato di acuta prostrazione. Vi si affermava che Rousseau era un ipocrita, un padre snaturato, un amico infedele. L'autore del pamphlet era Voltaire, vale a dire l'uomo che ha condiviso con Arriva in Italia l'au Jean-Jacques, agli occhi dei posteri, una sorta di signoria intellettuale sul secolo dei lumi. Nemici acerrimi nel corso della loro vita, Voltaire e Rousseau sono passati insieme alla storia, negli ambienti codini e reazionari, come i responsabili della Grande Rivoluzione e dei disastri che ne sono derivati per le sorti del mondo. Nei cabaret di Parigi durante l'800 si cantava una canzoncina che diceva: Je suis tombe dans le ruisseau, c'est la fante à Rousseau, je suis tombe par terre, c'est lafaute à Voltaire to Dal volume Tre letture di Rousseau, che Laterza sta per mandare in libreria, pubblichiamo il contributo del critico ginevrino Jean Starobinski, concittadino dell'autore del Controtto sociale. ~w] EAN-JACQUES si dirige 1 di soppiatto verso la stan■ za della signora Basile. I Desidera mirarla per una _iMJ volta in un luogo diverso dalla bottega dove tutti i passanti la vedono. Penetra nel luogo proibito, dove è sola con se stessa, tutta raccolta e assorta nella sua bellezza. Vuole restare non visto, adorarla in segreto e a distanza: la sua felicità consiste biografia dell'eroe del West: fu lui a decretare la fine dei Navajos (Sono caduto nel rigagnolo, è colpa di Rousseau, sono caduto per terra, è colpa di Voltaire). Ma Voltaire era ironico, brillante, caustico e tollerante mentre Rousseau era cupo, nevrotico e fondamentalmente illiberale. Anche il lettore dei saggi di Ernst Cassirer, Jean Starobinski e Robert Damton che l'editore Laterza ha raccolto in volume (Tre letture di Rousseau) giungerà probabilmente alla conclusione che la colpa dei nostri mali ricade quasi interamente sulle spalle del filosofo ginevrino. E' lui che attribuì alla società, e in particolare a quella dell'Ancien Regime, la responsabilità di ogni vizio umano. E' lui che inventò lo Stato etico, governato da una rigorosa e possessiva religione civile. E' sua la teoria della «volontà generale» che fornì a Lenin, Stalin, Mussolini, Hitler e Mao l'indispensabile strumento ideologico per la creazione dello Stato totalitario. E' lui che con i suoi morbosi comportamenti sessuali anticipò nell'immaginazione le perversioni del marchese de Sade e preannunciò i pa¬ zienti che si sarebbero adagiati sul divano dello studio viennese del dottor Freud. Ed è lui infine, secondo Robert Darnton, che inventò l'antropologia culturale facendo a ritroso nella storia umana lo stesso percorso che Claude Lévi-Strauss intraprese duecento anni dopo quando si mise alla ricerca dei Tupi Kawahib nel folto della foresta amazzonica. Il volume di Laterza tenta di fare ciò che nessuno studioso, probabilmente, potrebbe fare con gli strumenti della propria disciplina. Proietta su Rousseau signora Basile ignora la sua presenza. Di due assenti, non resta altro che uno sguardo vertiginoso. «Je me jetai à genoux à l'entrée de la chambre, en tendant les bras vers elle d'un mouvement passionné, bien sur qu'elle ne pouvait m'entendre, et ne pensant pas qu'elle pùt me voir: mais il y avait à la cheminée une giace qui me trahit». («Caddi in ginocchio sulla soglia della stanza, tendendole le mani in un gesto appassionato, sicurissimo che non mi udisse e non immaginando che mi vedesse: ma uno specchio sul caminetto mi tradì»). Jean Starobinski vd co, comprende anche Texas, Arizona, California e un bel pezzo di Nevada. E di ogni fermata, di ogni incontro ci lascia un ricordo, un giudizio. Appunti scarni, da uomo di fatti e non di parole. Crow, Cheyenne, Ute, Apache, Blackfoot. Rudi fran- tre sguardi distinti e «accerchia» il personaggio attaccandolo da posizioni diverse. Cassirer, filosofo della politica, si chiede come il moralista di Ginevra abbia potuto esaltare nelle sue prime opere lo stato di natura e immaginare successivamente, nel Contrat Social, la più completa e totalizzante macchina statale che sia mai stata concepita da mente umana prima dei grandi dittatori del XX secolo. Starobinski mette Rousseau sul divano dello psicanalista e ne analizza i tic mentali, i vizi, le perversioni intellettuali, gli intricati rapporti con 1'«oggetto del desiderio», il masochismo e l'esibizionismo. A Darnton infine interessa soprattutto lo «scienziato della cultura», l'uomo che riuscì con grande anticipo ad abbracciare nello stesso sguardo fenomeni diversi e a smontare i delicati meccanismi sociali della psicologia eh" massa. Dei tre saggi, tutti egualmente belli e interessanti, il più attuale, paradossalmente, è il più vecchio. Nel 1932, quando scrisse II problema Giangiacomo Rousseau, Ernst Cassirer insegnava ad Amburgo. Un anno dopo, mentre Hitler stava creando il Terzo Reich, abbandonò la sua patria e si trasferì in America, dove rimase fino alla morte nel 1945. Negli anni in cui meditava sul «problema Rousseau» l'Europa era attraversata da una sorta di febbre «russoviana» e sembrava decisa a sperimentare le infallibili terapie della «volontà generale». Che cosa erano le parate fasciste, le celebrazioni di Norimberga, i solenni giuramenti civili, i dogmi della nazione e del partito, il dono dell'anello alla patria, i campi di lavoro e di educazione, il falò dei libri «cattivi» e l'impiego di centinaia di migliaia di uomini per le grandi opere pubbliche staliniane se non l'applicazione radicale dei principi pedagogici che il cittadino di Ginevra aveva elaborato nel Contratto Sociale e nell'EVraZe? Persino nel New Deal americano Cassirer dovette trovare, quando sbarcò negli Stati Uniti, l'eco lontana delle idee di Rousseau. Quelle idee nacquero in un caldo pomeriggio dell'estate del 1747, sulla strada di Vincennes, quando Rousseau, leggendo il Mercure de France, fu improvvisamente folgorato dalla certezza che il progresso delle scienze e delle arti aveva corrotto i costumi umani. Comincia in quel momento la riflessione filosofica e rivoluzionaria del cittadino di Ginevra, e a quel momento possono farsi risalire il Terrore del 1793, l'assalto al Palazzo d'Inverno, la marcia su Roma, l'incendio del Reichstag, la Lunga marcia e altri avvenimenti minori della storia umana negli ultimi due secoli. Oggi, dopo le rivoluzioni di velluto dell'Europa centrale e la scomparsa dell'Urss, la grande era di JeanJacques sembra giunta al tramonto. Forse avremo nei prossimi anni un po' meno Rousseau e un po' più di Voltaire. Sergio Romano Kit Carson vero e quello di Bonelli cesi del Missouri e impomatati diplomatici della capitale. Grizzly e mogli, due delle quali indiane. Cacce all'alce e incursioni tra i tepee. Sopravvivenza e solitudine. Esempi? «Il 4 aprile 1854 il tenente colonnello Cooke, del Secondo Dragoni, organizzò una