La vera storia dell'uomo che visse e morì due volte di Gabriele Romagnoli

La vera storia dell'uomo che visse e morì due volte La vera storia dell'uomo che visse e morì due volte nando Ugolini rientra nell'ombra. E nello stesso anno appare la prima traccia del suo alter ego. Fa il giostraio. Vive in Lombardia. Abita con Anna Maria Schropf. La donna dà alla luce una bambina di nome Valeria. Il cognome sarà quello della madre. Il padre non la riconosce, forse perché non può: la sua è un'identità rubata, probabilmente per depistare la giustizia che lo ricerca con il suo vero nome, che nessuno mai più conoscerà. Le due vite parallele proseguono senza lasciare indizi fino al 1971. Dodici gennaio: all'ufficio anagrafe di Sassuolo compare Ferdinando Ugolini fu Giovanni, coniugato con prole, ex minatore, ora autista. Chiede di spostare la residenza, che risulta a Reggio Emilia. Ventisei maggio: anche all'ufficio anagrafe di Sesto San Giovanni si presenta un Ferdinando Ugolini fu Giovanni, celibe (ma poi l'atto verrà corretto e apparirà la scritta «coniugato») giostraio. Chiede pure lui di spostare la residenza da Reggio Emilia. Esibisce una carta d'identità rilasciata a Cormano, provincia di Milano. L'ufficiale dell'anagrafe di Sassuolo lo registra, come quello di Sesto San Giovanni. Da questo momento esistono ufficialmente due uomini con la stessa identità: Ferdinando Ugolini potrà morire due volte. Ci riesce per primo il giostraio. La sera del due marzo 1983 alle diciannove un'ambulanza ne trasporta a sirene spiegate il corpo dall'alloggio di via Riboldi a Paderno Dugnano alla clinica San Carlo. Invano. Il giostraio che non fu mai Ferdinando Ugolini muore durante il tragitto. Il medico certifica: «Il paziente giunge cadavere in pronto soccorso. Probabile causa della morte arresto cardiocircolatorio. Il corpo non presenta evidenti segni riferibili a eventuali lesioni volontarie». Il referto viene inviato ai carabinieri. Il maresciallo Carmine Notaristefano ricorda di avere svolto gli accertamenti di rito: «Era tutto regolare. Abbiamo trasmesso la documentazione alla procura di Monza e al Comune di residenza del morto». Due giorni più tardi i funerali. Un'anziana impiegata della cli- Sopra e in alto a sinistra la tomba di Paderno Dugnano, al centro quella di Sassuolo ricoverata, di nome Verenna. Un pomeriggio lasciano insieme Casa Serena e vanno a Sassuolo. Al ritorno raccontano al personale: «Siamo andati in Comune a sposarci». Non è vero. E' solo un'altra delle tante bugie nella storia dell'uomo che morì due volte. Verenna è stroncata da un ictus nell'85. Ferdinando Ugolini è di nuovo solo. Trascorre la sua vita nel pensionato. Una foto del 1990 lo ritrae durante una scampagnata degli ospiti. Ha una maglietta chiara, pantaloni nocciola, pochi capelli bianchi, occhi castani. Non sorride, non guarda l'obiettivo. Alle sue spalle un anziano divora una fetta di cocomero. E' l'unica traccia fino alla sera del 24 giugno 1993. E' una data che molti ricordano ancora a Casa Serena. «Ugolini era simpatico, ma notoriamente avaro - racconta un'impiegata -. Quella sera invece offrì una cioccolata a tutte le dipendenti della lavanderia e mi regalò un portachiave per ciascuno dei miei figli. Fece doni anche ad altre impiegate. Distribuiva le sue cose. Era come un testamento anticipato». Il giorno dopo muore, nel primo pomeriggio. D'infarto, come il giostraio sepolto a Paderno Dugnano. Ai funerali partecipano gli ospiti di Casa Serena e il nipote Gianni, figlio di Severino. La fattura per le esequie viene inviata alla moglie lasciata 36 anni prima. La donna paga e dimentica. Dimenticherebbero tutti. Le trascurabili esistenze di un minatore e di un giostraio non verrebbero mai setacciate da carabinieri, giudici e giornalisti se un impiegato dell'anagrafe di Locana, dove 67 anni fa Giovanni Ugolini denunciò la nascita del figlio Ferdinando, di madre ignota, non ricevesse per la seconda volta il relativo certificato di morte. E' la memoria di quell'impiegato a ricongiungere le due vite parallele sotto lo stesso nome e a svelare l'imbroglio. Per oltre trent'anni il vero e il falso Ferdinando Ugolini sono passati indenni tra le maglie della burocrazia, chiedendo certificati, mettendo al mondo figli, sovrapponendo e scambiando le loro esistenze. Può darsi che il minatore abbia sempre vissuto ignaro del fatto che quel giostraio conosciuto in chissà quale città dell'Italia o della Svizzera gli aveva rubato l'identità. Ma può anche essere che due girovaghi incapaci di fissare la propria dimora e i propri affetti abbiano deciso in un giorno lontano degli Anni 50 di prendersi gioco delle regole di un mondo che esige da ognuno nome, cognome, luogo e data di nascita e si siano spartiti una sola identità. E si siano portati quel segreto nelle due tombe «gemelle» lontane tra loro dieci anni e cento chilometri. II giostralo (a sinistra) minatore Ferdinando Ugolini La procura di Ivrea vuole ordinare la riesumazione delle salme nica San Carlo li rammenta a distanza di undici anni: «Fu una cerimonia gitana. Tanta gente. Musiche. Fiori seminati lungo il percorso dall'ospedale al cimitero». Il camposanto è in frazione Cassina Amata. La tomba del giostraio è di marmo grigio. Ben curata. Gigli freschi. Un vaso di primule. Una candela votiva ancora accesa. Sulla pagina di una bibbia di bronzo appare la sua foto: dimostra circa cinquantanni, capelli neri che sembrano tinti, occhi scuri, baffetti, giacca e cravatta. Sull'altra pagina il nome che non gli appartenne mai, la stessa data di nascita del minatore e la data di morte: 2 marzo 1983. Ma il 17 ottobre dello stesso anno Ferdinando Ugolini riappare a Sassuolo. Il pensionato per anziani Casa Serena accoglie la sua domanda di ricovero avallata dalla relazione dell'assistente sociale Maria Priolo. Vi si dice che Ugolini percepisce regolare pensione dall'Inps, con la quale può pagare la retta, che ha avuto una vita travagliata, una moglie da cui è separato da anni, una convivenza con una donna di nome Caterina, morta nel 1976, molti lavori, alcuni all'estero. Ultimo domicilio conosciuto: a Milano presso il fratello Severino, morto l'anno precedente. Diventa il factotum del pensionato: fa la spesa in paese per i ricoverati, gestisce il distributore del caffè, monta un apparecchio per radioamatori. Tutti imparano a conoscerlo. Qualcuno, più degli altri. Nell'84, infatti, ha una relazione con un'altra Gianni Armand-Pilon Gabriele Romagnoli