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«Noi, sacerdoti pronti a tutto continueremo la sua lotta»
«Noi, sacerdoti pronti a tutto continueremo ia sua lotta» «Noi, sacerdoti pronti a tutto continueremo ia sua lotta» illilÉIIIÉ IN PRIMA LINEA CONTRO I CLAN E: CASAL DI PRINCIPE CCOLO qui, l'altro prete che la camorra vorrebbe morto. Ha il corpo tozzo di un contadino, gli occhi rossi per la notte passata in bianco e l'ombra nera della barba non rasata sulle guance. Si legge la paura negli occhi di Don Carlo Aversano, il parroco della chiesa di San Salvatore. Paura ma anche ostinazione. Come Giuseppe Diana, il sacerdote ucciso sabato, è stato fra i promotori di quella che i ragazzi di qui chiamano «la primavera casalese», un movimento di riscossa contro i clan. E ora, dopo la messa delle 11,30, durante la quale il sacerdote ha pronunciato un'omelia davanti ai giovani amici di don Peppe, dice che «tutto dovrà continuare come prima». Padre, era molto amico di don Diana? «Sì, in paese tutti dicono che l'ho cresciuto io. Siamo stati in seminario insieme: lui era un ragazzino, io avevo quasi finito gli studi». E ora è stato ammazzato dalla camorra. «Don Peppino è stato ucciso perché diffondeva il Vangelo e portava il messaggio di Cristo. Noi sacerdoti abbiamo donato le nostre persone al Signore, sappiamo che nella nostra opera possiamo incorrere in cose terribili come quelle che sono accadute sabato. Ma che paese è mai questo dove si uccide un sacerdote nella sua chiesa? «E' vero, la nostra è una terra difficile. C'è tanto male, inutile negarlo, ma c'è anche tanto bene che deve emergere. Toccherà a noi continuare a lavorare per farlo venir fuori». Sei giorni fa don Peppino era stato interrogato da un magistrato. E' certo che è morto per questo motivo. E poi, come lei, è stato promotore di un documento contro la camorra. «Tutti noi sacerdoti siamo stati ascoltati dai giudici, e in quel documento abbiamo lanciato un appello per il ravvedimento, affinché finalmente la gente trovasse la via giusta per fare risorgere questo paese dall'imbarbarimento. Continueremo a svolgere questo nostro compito, costi quel che costi». Ha paura dopo quello che è accaduto? «Don Peppino diceva che bisogna avere il coraggio della paura, e andare avanti. Siamo pronti a tutto». Don Carlo si allontana, seguito dai giovani dell'associazione cattolica che non lo abbandonano un istante. Sta andando a casa dei genitori del suo amico ucciso, per attendere con loro l'arrivo della bara dall'ospedale di Caserta. Prima, nella parrocchia di San Salvatore, una chiesetta moderna, con i muri lesionati e qualche affresco di un pittore dilettante, aveva pronunciato un' omelia straziante: «Ci riesce difficile guardarci negli occhi. Al di là della tristezza abbiamo un po' di vergogna di vivere in questa barbarie. Un tuono è rimbombato nella chiesa di San Nicola, un tuono che ha spezzato la vita di don Peppe. Ma anche in quel rumore terribile bisogna saper sentire la voce di Dio. Don Peppino è un martire, ha dato la sua vita per la Chiesa, e come il grano che muore nella terra darà i suoi frutti». Casal di Principe si appresta a vivere due giorni di lutto cittadino. Lo ha deciso il sindaco, Rena¬ to Natale, eletto con i progressisti nel dicembre scorso. Ieri ha presieduto una riunione straordinaria del Consiglio Comunale che ha votato all'unanimità un ordine del giorno. Nel documento, l'omicidio è definito «il punto più alto del susseguirsi di una serie di terribili atti criminosi» e si fa proprio l'appello lanciato dai parroci contro la camorra. «Qui in dieci anni ci sono stati oltre centro omicidi di camorra - spiega il sindaco - ma ora la gente sente il bisogno di riscatto. E quei ragazzi che durante la fiaccolata organizzata poche ore dopo l'omicidio sono rimasti davanti ai bar, non sono tutti cattivi. La verità è che la gente è confusa e non sa come comportarsi». Mariella Cirillo
Persone citate: Carlo Aversano, Giuseppe Diana, Mariella Cirillo
Luoghi citati: Casal Di Principe, San Salvatore
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