I giudici Toro verso il fallimento di Claudio Giacchino

Alla vigilia del match di Reggio, la Procura dà 48 ore di tempo agli acquirenti Alla vigilia del match di Reggio, la Procura dà 48 ore di tempo agli acquirenti I giudici: Toro verso il fallimento Ma il club sostiene che farà fronte ai debiti TORINO. Domani o, al più tardi, martedì !a procura chioderà il fallimento del Toro se i supposti compratori non saranno passati dalle parole ai fatti. Però il Toro s'opporrà sostenendo di essere in grado, in attesa che compaia un padrone, di far fronte ai debiti cedendo i giocatori migliori e appellandosi al valore socialestorico-sentimentale che la società rappresenta per la città e per lo sport italiano. Quest'appello non ha però alcuna possibilità di influenzare i magistrati che debbono applicare le leggi. Inoltre (e ciò non suoni critica, è semplice constatazione) i giudici sono emotivamente lontani anni luce dal mondo del calcio, dalla sua storia: non tifosi, vedono l'eventuale disastro torinista solo con l'ottica del tecnico di fallimenti. Uno di essi, ieri, commentava: «Abbiamo a che fare con crack enormi, altro che questo, e dalle conseguenze veramente preoccupanti, eppure nessuno ne parla. Invece, attorno al caso Torino, quante attenzioni. Davvero sorprendente». E adesso, dopo il nuovo voltafaccia di Giribaldi? Savoia non ha fatto proposte concrete (mentre l'azione più elementare e fondamentale è una sola: presentare un'offerta autentica al giudice). E' quanto avrebbe detto ieri Aime a Calieri, il quale lotta quasi da solo contro il tempo (nessuna possibilità di rientro di Giribaldi) confidando che i giudici decidano il fallimento solo martedì. Per avere 24 ore di più a disposizione per un salvataggio in extremis. Sentiamo intanto i magistrati. Hanno pronta l'istanza da una settimana. Sarebbe stata inoltrata al tribunale fallimentare già mercoledì scorso. «Abbiamo soprasseduto perché era giunto un fax con cui Giribaldi e Calieri assicuravano di essere pronti a fare un'offerta per rilevare il Torino. Adesso, se entro due-tre giorni non ci saranno novità concrete, e non le solite promesse, l'istanza farà il suo corso: non possiamo continuare a tollerare che la società produca de- biti ogni giorno che passa». Per il pool di giudici (Sandrelli, Avenati Bassi, Prunas e Riccabona) le «novità concrete» sono due. Un'offerta per l'acquisizione delle 176 mila azioni sequestrate a Goveani e la disponibilità a mettere nelle esauste casse sociali «i circa 40 miliardi necessari per coprire il deficit. Se il compratore, ammesso a questo punto che davvero esista, presenta soltanto l'offerta ma non ci dimostra che può anche risanare la situazione, per noi non cambia nulla, chiederemo sempre il fallimento. E' nostro dovere, ce lo impone l'art. 7 della legge fallimentare: il Torino è una fabbrica inesauribile di deficit. Solo per marzo, mancano 1.800 milioni di Iva non versata». E adesso, ecco la voce del Torino. Cioè, l'unica rimasta alla società: quella del consigliere anziano, l'avvocato Alberto Buffa: «Ci opporremo: il Toro può far fronte a tutti i suoi debiti, con 20 miliardi la situazione sarebbe in gran parte risanata. Dove andremo a prendere questi 20 miliardi? Ma, è chiaro, cedendo giocatori. Qualsiasi sacrificio è accettabile, per la salvezza della società. Il fallimento sarebbe un danno enorme sia per coloro che aspettano soldi dal Torino sia per i creditori di Borsano». Claudio Giacchino Mondonico: basta piangerci addosso

Luoghi citati: Reggio, Torino