Saranno anche Scherzi da Prati ma così ilpubblico tira il fiato di Alessandra Comazzi

"1 ■ TiVU'&TIVU' Saranno anche Scherzi da Prati ma così ilpubblico tira il fiato LA tentazione c'è: prendere «Scherzi a parte», in onda il venerdì su Canale 5, e liquidarlo come fosse un gioco. Ma lo seguono più di 9 milioni di spettatori a puntata (9 milioni 654 mila l'altra sera), una cifra imponente che merita prima di tutto rispetto. Se quasi dieci milioni di persne, magari distrattamente, magari non per tutto il tempo, magari spostandosi con il telecomando, si fermano comunque a guardare gli scherzi, deve voler dire qualcosa. Vorrà dire che il pubblico, immerso in un mare di indesiderate, ripetitive e inutili «tribune politiche», cerca distrazione. Una volontà di distrazione televisiva simbolo di un desiderio più generale: tirare un po' il fiato. Ma tirare il fiato non si può: ci sono le elezioni che incombono, l'incertezza per il futuro, la crisi, la cassa integrazione, la confusione sul lavoro e in famiglia. E allora tanto vale guardare «Scherzi a parte»: almeno si vedono i personaggi famosi cadere nei tranelli come qualunque comune cittadino. Ma ci cadranno veramente, o sarà tutto 1 mun I 110 ' combinato? Da quando il programma va in onda, si dice che le vittime degli scherzi siano perfettamente al corrente di quello che succederà loro. C'è sempre qualcuno che smentisce, c'è sempre qualcuno che afferma. C'è Gianni Ippoliti, per esempio, che adesso sta conducendo la sua battaglia contro i programmi copiati e contro il vezzo di considerare i figuranti delle trasmissioni come veri protagonisti. Ma signor Ippoliti, che cosa le importa? Il punto è che certi programmi piacciono: se i litiganti di Luca Barbareschi stanno litigando davvero oppure recitano la loro pantomima; se gli abbandonati dai morosi di «Stranamore» sono abbandonati sul serio o fingono, se i fatti propri raccontati davanti alla video-piazza sono veri o inventati, in fondo che cosa cambia? Il punto non è raccontare la verità, ma rappresentare la verosimiglianza: lo scopo del gioco è quello di far sì che il pubblico si identifichi in un ruolo, che partecipi, per omologazione o per contrasto. Che guardando dica: a me non potrebbe mai capitare, oppu¬ re: è proprio quel che è successo a me. Ai tempi dei tragici greci il teatro non era forse un grande spettacolo popolare seguito come adesso la televisione, dove il pubblico guardava, partecipava e si purificava? Con «Scherzi a parte» c'è poco da purificarsi, più che altro si può sentire un'appartenenza: a un mondo di presi in giro. Molto frequentati i personaggi dello sport e dello spettacolo: l'altra sera a Loris Capirossi facevano un calco di gesso per realizzargli una bicicletta su misura, Adriano Panatta si trovava a cena con uno che voleva «abbattere» i bracconieri, una ragazza con i capelli rossi faceva credere a Deborah Compagnoni di aver diviso a lungo il suo fidanzato; Serena Grandi partecipava a una trasmissione dove il suo vecchio medico di famiglia raccontava che fino a 10 anni lei faceva la pipì nel letto. Cose così. Conducono Teo Teocoli e Massimo Boldi, con il compito preciso di fare i cretini; Pamela Prati balla. Alessandra Comazzi