Parigi «Ens» alla riscossa

il caso. Così l'Ecole Normale cerca di uscire dalla crisi più lunga il caso. Così l'Ecole Normale cerca di uscire dalla crisi più lunga Parigv<Ens» alla riscossa A200 anni cambia per non morire D PARIGI OPO due secoli l'Ecole Normale Supérieure (Ens) - la scuola che ha avuto Michelet e Pasteur per maestri e Sartre, Foucault, ma pure Peguy e Jean Guitton, per allievi - ha esaurito e stravolto il suo compito che era l'arte di insegnare? Nata sulle rovine della Rivoluzione che aveva spazzato via Università, Accademie e Istituti religiosi, ha addestrato il fiore della gioventù sopravvivendo a due imperi, due monarchie e cinque Repubbliche. Oggi, non mancano i Jacques Le Goff, ma sempre meno sono quelli che scelgono quella strada. Attualmente dai suoi ranghi provengono un terzo dei Premi Nobel e i quattro quinti delle «Medaglie Fields», la metà degli appartenenti al Collège de France e una buona percentuale di esponenti delle varie Accademie. Nei licei è irrisorio il numero di insegnanti suoi ex allievi. Sempre più numerosa, invece, la schiera di ambasciatori, alti prelati, burocrati, giornalisti, manager, finanzieri e politici. Da Pierre Moussa, ex direttore di Paribas a Maurice Schumann e Michel Rocard. «Si è Normaliens come si è principi di sangue» - diceva con orgoglio Georges Pompidou nei primi Anni Sessanta. Ma sulla gloriosa Ecole Normale, con le generazioni dei Régis Debray e dei Bernard-Henri Lévy s'abbatteva la crisi più lunga e sofferta della sua storia. Che senso aveva quell'oasi per begli ingegni, quando la stragrande maggioranza degli insegnanti veniva stornata dalla Sorbona e reclutata per pubblico concorso? Oggi, nella Francia che ha virato a destra, la celebrazione del bicentenario pare l'occasione buona per il rilancio. A provarci è il pluriaccademico «normalien» Alain Peyrefitte che dopo quasi mezzo secolo ripropone, aggiornato agli Anni Settanta, il suo Bue d'Ulm (Fayard). Ideata da Joseph Lakanal, e approvata il 9 Brumaio dell'Anno III, «per diffondere in modo uniforme in tutta la Repubblica l'istruzione necessaria ai cittadini francesi», la prima scuola dura solo qualche mese. Troppo eterogenei, per età e cul¬ tura, gli allievi inviati dai distretti. Troppo elevato il livello di maestri come Laplace e Lagrange. A ricrearla, come una caserma, ci pensa Napoleone per assicurarsi dei fedeli servitori dello Stato rigorosamente selezionati. Sveglia alle 5, studio fino alle 10 di sera con un paio di ricreazioni oltre ai pasti; divisa, addestramento militare e punizioni. Stesse regole draconiane durante il secondo impero. L'ex allievo Pasteur divenuto Amministratore decreta l'espulsione per chi fuma. Intanto, nel 1847 la scuola si trasferisce in un vecchio convento della Rue d'Ulm. Ricorda SainteBeuve: «Da quella educazione tempestosa, tutta francese, usciva una brillante élite». La disciplina ferrea s'allenta con la riforma del 1903 che istituisce l'esternato e l'ingresso al- le donne. Restano l'interdisciplinarità, la libertà ideologica, religiosa e politica che sviluppano la «ininterrotta disputa» cara a Sartre. Per decenni erudizione, formalismo dialettico e ricette per un progetto caratterizzano questa scuola che, mentre educa alla massima libertà di spirito, aiuta ad affinare le armi della retorica. Durissimo resta 0 concorso d'accesso che boccia per due volte Alain-Fournier e Jacques Rivière, il futuro direttore della Nouvelle Revue Frangaise. Negli anni folli anche la scuola cambia vita. Nei gelidi corridoi una magrissima e sciatta Simone Weil chiede firme per Sacco e Vanzetti o contributi per gli operai in sciopero e l'altra Simone, elegantissima, frequenta il clan Sartre-Aron-Nizan che ha trasformato la cella-studio, in una specie di caffè esistenzialista. Ora, ai corsi della Sorbona si preferiscono le letture individuali. E mentre Sartre, volentieri sbronzo, diverte tutti con le sue gag, Nizan contesta: ((Addestrano una truppa di maghi, l'elite, che ha la missione di mantenere il popolo compiacente e rispettoso». Più tardi, durante l'occupazione, a una neutralità di facciata corrisponde l'impegno nella Resistenza di alcuni come Marc Soriano radiato perché non ariano, e il collaborazionismo di altri che permette all'ambasciatore tedesco Otto Abetz di far fucilare e deportare. In quel «covo di assassini» che l'amico di Cocteau avrebbe voluto «incendiare», seguono anni di aspro conflitto tra gollisti e comunisti fino al rifiuto di alcuni studenti di stringere la mano al Generale venuto a presenziare il ballo del 1959. E prima che un Presidente rimetta piede in Rue d'Ulm passeranno trent'anni. Intanto, ai seminari un tempo tenuti da Barbusse, Einstein, MerleauPonty o Caillois, succedono quelli di Lacanne, Derrida e Toni Negri che Althusser osserva con occhio malinconico. Poi, dopo la grande contestazione, ricompaiono gli smoking per il ballo, l'eskimo e il libretto rosso. I dormitori si trasformano in miniappartamenti, i chierici tornano alle alchimie semiotico-semiologiche. E all'insegnamento cominciano a preferire le carriere sicure promesse dall'Ena (Ecole Nationale d'Administration), per formare e immettere direttamente nei ruoli i funzionari di Stato. Per decreto, grazie ai buoni uffici dell'ex «normalien» Laurent Fabius, non ancora incappato nello scandalo del sangue infetto, potranno accedervi anche gli studenti della Normal. Così all'aristocrazia «normaliens» comincia a far concorrenza un'Enarchie sempre più potente. «Se seminate professori - diceva Zola - non raccoglierete mai dei creatori». In effetti, scrittori e poeti «normaliens» si contano sulle dita. Ora, anche i professori. A quale scuola Peyrefitte augura allora altri centenari? All'attuale trampolino verso la riuscita sociale, che Debray denuncia rimpiangendo gli anni di Althusser? O al vivaio di intelligenze reclutate in tutte le province e in tutte le classi sociali? Alain Touraine consiglia: «Per sopravvivere, la scuola dovrà produrre più ricercatori che commentatori e associare la conoscenza al Bene». Gli daranno retta? Paola Decina Lombardi Dalla Rivoluzione in poi, la fabbrica delle élite: ora l'«Ena» insidia il suo primato Due prestigiosi allievi della Ecole Normale: Jean Guitton (sotto) e Jean-Paul Sartre Una vignetta di Daumier. A sinistra: Louis Pasteur: decretò l'espulsione per chi fumava

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