Genova vendetta d'onore dietro la strage

Il killer è il figlio di una delle vittime, le altre due donne eliminate perché testimoni Il killer è il figlio di una delle vittime, le altre due donne eliminate perché testimoni Genova, vendetta d'onore dietro la strage Ha ucciso tre volte per punire la madre GENOVA DAL NOSTRO INVIATO Una vendetta d'amore. Strana e, per certi versi, incomprensibile. Così violenta da apparire brutale. Le tre donne ammazzate a rivoltellate a Genova sarebbero vittime della gelosia di Francesco Alviano che - per un malinteso senso dell'onore - avrebbe ucciso la madre Teresa Gallucci, «colpevole» di un flirt con un conoscente non gradito. Poiché in casa c'erano anche la nonna Nicolina Celano e la cugina, Marilena Bracaglia, ha ucciso anche loro. E, certo, era disposto a sparare contro chiunque altro si fosse trovato al tiro della sua pistola in quel momento di lucido delirio. Dall'alloggio di via Scarpanto dove si è consumata la tragedia, il capofamiglia Dante Bracaglia era appena uscito per andare nell'orto. La moglie e il figlio, Concetta e Pino, erano partiti ancora prima per andare a lavorare. E un altro ragazzo, Angelo, era stato mandato in casa di parenti perché là non c'erano letti a sufficienza per tutti. Francesco Alviano è stato fermato dai carabinieri di Reggio Calabria secondo i quali sono «forti» i sospetti e «motivati» gli elementi che indicano proprio lui come il responsabile del triplice delitto. E, sempre lui, sarebbe la persona che - il 4 novembre dell'anno scorso - ha ferito a morte Francesco Arcuri, un commerciante di 33 anni, che abbastanza apertamente corteggiava sua madre. La madre, 41 anni compiuti, era ancora una donna piacente e desiderabile. Era rimasta vedova dieci anni fa e poteva sembrare abbastanza normale che si ricostruisse una vita sentimentale autonoma. Ad opporsi era proprio il figlio che pretendeva dalla madre un comportamento «perbene»: abito nero, cioè, e occhi bassi, come si conviene a chi ha perduto il marito. Non gli piaceva che avesse una relazione con un altro uomo: non gli era possibile tollerarlo. Quel flirt doveva essere interrotto e se non se ne fossero convinti loro, ci avrebbe pensato lui. A pistolettate. Per soffocare nel sangue un amore giudicato scellerato e per uccidere a rivoltellate due concubini irrispettosi della memoria del padre. Secondo il costume degli uomini d'onore che si fanno giustizia da sé. Francesco Alviano, portato in caserma per rispondere di queste accuse agghiaccianti, aveva avuto guai con la giustizia anche prima. Alla fine di febbraio era stato arrestato per favoreggiamento di un piccolo boss locale ed era tornato libero soltanto dopo aver patteggiato una piccola pena con il giudice. Da allora era però obbligato a presentarsi in caserma quotidianamente per firmare il registro dei pregiudicati. Cosa che il giovane ha puntualmente eseguito. Secondo i carabinieri avrebbe però avuto il tempo di arrivare fino a Genova in aereo, uccidere le tre donne e ritornare a Reggio Calabria. Proprio le conferme ottenute dagli inquirenti a proposito di questo viaggio sarebbero le prove di colpevolezza più evidenti. Francesco Alviano ha viaggiato usando un nome falso, ma - pare - è stato riconosciuto dalle hostess che gli hanno preparato il check-in e lo hanno fatto accomodare in aereo. Dunque la mafia in sé non c'entra se non per la cultura di un onore esasperato che contribuisce a creare in certi paesi come a Rosarno di Reggio Calabria. Qui c'è una sorta di follia sentimentale che gli psicologi conoscono come il complesso di Edipo. Questo ragazzo deve avere covato la vendetta per settimane e per mesi: si è deciso a colpire quando ha creduto di potersi costruire un alibi inattaccabile. Chi avrebbe potuto sospettare di lui che se ne stava a mille chilometri di distan¬ za? Ha studiato gli orari dell'Alitalia, si è imbarcato sul Reggio Calabria-Genova. Forse si era già accordato con qualcuno che lo aspettasse all'aeroporto. Questo spiega perché alcuni testimoni hanno visto due persone in motocicletta. E questo è il margine che resta agli inquirenti per l'indagine. Poi il massacro. E' entrato nella casa di Pegli: una rivoltellata in testa alla cugina Marilena che era ancora sdraiata sul divano in pigiama. Un colpo solo, fra collo e testa. Poi ha colpito la madre, crivellata di proiettili, sparati con furia, con rab¬ bia, con furore. E, infine, la nonna che, sentendo i rumori, si era affacciata da un'altra stanza. Subito una pistolettata che ha colpito un quadro appeso accanto allo stipite. Un urlo, quello che probabilmente hanno sentito i vicini di casa. Poi i colpi andati a segno e la donna che è caduta in avanti sfondando con la faccia il vetro di un tavolino. Di nuovo di corsa all'aeroporto per non perdere la coincidenza per il rientro. In tempo per finire in manette. Lorenzo Del Boca Teresa Gallucci «colpevole» di aver avuto una relazione dopo la morte del marito Il giovane tradito dal viaggio in aereo j I necrofori portano via le salme delle tre donne dall'appartamento di Pegli Maria Teresa Gallucci, 41 anni Punita dal figlio Nicolina Celano nonna del killer Marilena Bracaglia, 22 anni, cugina del sicario

Luoghi citati: Genova, Reggio Calabria, Rosarno