«Dell'Utri in rapporti con la mafia» di Francesco La LicataCorrado Augias

Indagato per riciclaggio di denaro del narcotraffico. I magistrati: fuga di notizie parziali Indagato per riciclaggio di denaro del narcotraffico. I magistrati: fuga di notizie parziali «DelPUtri in rapporti con la mafia» Due pentiti accusano il braccio destro di Berlusconi ROMA. Una nuova mareggiata sconvolge la navigazione di Silvio Berlusconi e di «Forza Italia». Le procure della Repubblica di mezza Italia stanno indagando su una serie di affermazioni che due pentiti di Cosa nostra hanno sottoscritto alla magistratura. Secondo i collaboranti, Berlusconi, la Fininvest e - in particolare - il presidente di Publitalia, Marcello Dell'Utri, avrebbero intrattenuto rapporti con la mafia. Si tratterebbe di rapporti antichi, riconducibili soprattutto a vecchie frequentazioni del braccio destro di Berlusconi, che ancora si trova al centro dell'inchiesta milanese su falsi in bilancio. Secondo alcune indiscrezioni, confermate in ambienti giudiziari, la Direzione distrettuale antimafia di Palermo (Dda) indaga su Dell'Utri in relazione ad una vicenda di riciclaggio di denaro proveniente dal traffico internazionale di stupefacenti affidato da Cosa Nostra direttamente o indirettamente all'amministratore delegato di Publitalia. Al centro dell'inchiesta ci sono due pentiti di primo piano: uno è Totò Cangemi, successore di Pippo Calò, ex capo della «famiglia» di Porta Nuova e componente della cupola mafiosa, che ha dato impulso alle indagini sulle stragi di Capaci e via D'Amelio. L'altro è Gioacchino La Bar- bera, ex mafioso di Altofonte, che ha confessato di avere avuto un ruolo nelle stragi palermitane del 1992. Il racconto di Totò Cangemi è stato verbalizzato dal sostituto Ilda Boccassini, della procura di Caltanissetta, e - successivamente - dai magistrati inquirenti di Palermo. Anche La Barbera è stato interrogato dai giudici di Caltanissetta, mentre non risulta che sia ancora stato sentito dai sostituti di Giancarlo Caselli. Un terzo collaboratore aveva parlato, col procuratore di Firenze Pierluigi Vigna, coinvolgendo il nome di Silvio Berlusconi nelle indagini sugli attentati mafiosi di Roma, Milano e Firenze. Il giudice, però, ha potuto accertare la completa inattendibilità del teste. Risale a due settimane fa l'inizio di questa ennesima vicenda che non mancherà di provocare roventi polemiche, ma che, d'altra parte, ha fatto insorgere il dubbio che Marcello Dell'Utri possa essere stato iscritto nel registro degli indagati presso la procura di Caltanissetta, con l'ipotesi di associazione mafiosa. Alcune voci ieri davano la circostanza per certa, altre smentivano categoricamente. Cosa dice Cangemi? Parla dei rapporti tra Fininvest e Cosa nostra, ipotizzando una sorta di «patto» insorto dopo che la ma¬ fia aveva avviato una campagna di taglieggiamento nel settore della grande distribuzione in Sicilia. Alla Boccassini il boss racconta di un'estorsione che, nel tempo, sarebbe divenuta un tacito accordo (con pagamento di circa 600 milioni all'anno) per avere una specie di esclusiva. La storia dell'inchiesta sugli attentati alla «Standa» di Catania non è nuova e la procura di Catania avrebbe accertato molte circostanze che proverebbero l'esistenza di una vera e propria «guerra di mafia» per accaparrarsi la piazza della grande distribuzione nell'Isola. Ma poiché le rivelazioni di Cangemi abbracciano anche ipotesi di altra natura, gli stessi atti, cioè i verbali di interrogatorio, sono stati inviati a tutte le procure che indagano sul terrorismo mafioso. Ecco perchè anche Firenze è entrata in campo. L'intervento degli uffici giudiziari di Palermo è, invece, legato al fatto che il reato di associazione mafiosa prevede la competenza della procura distrettuale. Il quadro che fa Cangemi ritrae un Marcello Dell'Utri abbastanza in confidenza con alcune «famiglie» di Cosa nostra e precisamente quelle di Santa Maria del Gesù e quella di Porta nuova. Il pentito parla di «gite» milanesi (nella villa di Dell'Utri) di uomini come Stefano Bontade, Mimmo Teresi, Pietro Lo Jaco- no, i fratelli Pullara e i cugini Grado. L'altro collaboratore, La Barbera, sembra sia stato un po' più generico. Ha detto di non sapere molto della storia del taglieggiamento, ma di poter affermare che nell'ambito di Cosa nostra Berlusconi veniva considerato amico. Le dichiarazioni dei due sono oggetto di approfondimento: i giudici hanno sentito altri collaboratori (Salvatore Contorno che era amico dei Grado e Pietro Marchese). Il primo si sarebbe dichiarato estraneo alle frequentazioni nella villa di Dell'Utri (avrebbe però indicato la possiblità di una omonimia con un altro Contorno), Marchese ha raccontato che la mafia, a suo tempo, intervenne per salvare dal sequestro il figlio di Silvio Berlusconi che fu portato fuori dall'Italia. L'inchiesta è appena all'inizio ed è per questo che gli investigatori impegnati e i magistrati hanno dimostrato molta irritazione per la fuga di notizie. La vicenda è delicata e si giustifica perciò l'amarezza del sostituto procuratore nazionale Piero Grasso. «Si tratta - ha commentato - di una informazione parziale e non completa. Il rischio è quello che una notizia che avrebbe dovuto restaresegreta venga strumentalizzata per fini non giudiziari». Francesco La Licata «Sì, qualche magistrato ha scambiato la giustizia con l'ideologia. Dopo il voto bisogna cambiare» A sinistra Silvio Berlusconi A destra Corrado Augias Sopra, foto grande: Marcello Dell'Utri