Argan l'uomo senza dogma

Escono i discorsi parlamentari Escono i discorsi parlamentari Argan, l'uomo senza dogma Il Senato sta per pubblicare i discorsi parlamentari di Giulio Carlo Argan, l'insigne studioso torinese di storia dell'arte che fu anche senatore della sinistra per due legislature, dal 1983 al 1992. Anticipiamo una parte dell'introduzione di Giovanni Spadolini. ALLA fine del 1993, in uno dei palazzi senatori (ormai parti di un tutto unico), si è svolta una giornata di 1 studi in onore di Giulio Carlo Argan. E unanime è stato in quella sede l'auspicio che vedessero presto la luce i discorsi parlamentari dello studioso insigne che ha onorato l'assemblea di Palazzo Madama per due legislature, con il suo impegno appassionato nella difesa dell'arte e della cultura. Un omaggio non solo all'attivissimo componente della commissione Istruzione e belle arti (con quella testata evocante ancora il mondo crociano e giolittiano) ma anche al maestro di più generazioni di allievi, all'intellettuale laico le cui radici più profonde risalivano al salto di qualità dell'idealismo, nella sola grande «rivoluzione culturale» della nostra storia moderna. Maestro in un mondo così strettamente ed indissolubilmente legato ad un aspetto essenziale della identità nazionale che è dovere di tutti tutelare e preservare, contro manomissioni e smarrimenti. Argan è un figlio di quella cultura torinese che è stata al centro della vita nazionale fra guerra e dopoguerra, con un hinterland che potremo chiamare «gobettiano». Coetaneo di Norberto Bobbio (nato come lui a Torino nel 1909) Argan ha risentito, nella sua formazione intellettuale, del clima fecondo di quel mondo che potremmo riassumere nella formula dell'«Italia civile»: il mondo evocato dai nomi, appunto, di Norberto Bobbio, di Leone Ginzburg e di Massimo Mila. Un aspetto decisivo della sua parabola culturale, che egli ricordò con affetto riconoscente in una intervista resa poco tempo dopo la sua elezione a sindaco di Roma, è quello dell'influenza che esercitò nei primi anni della sua preparazione intellettuale Benedetto Croce. Egli ebbe a dire: «Eravamo tutti crociani, ripeto, e non mi rammarico di esserlo stato. Ho conosciuto Croce, l'ho ammirato: il suo pensiero chiaro come un cristallo, ed esposto con tanta civile eleganza, ha avuto un'importanza enorme nella mia formazione. Sono grato a Croce (e a Lionello Venturi; ma anche Lionello Venturi era crociano) per avermi insegnato ad odiare ogni dogmatismo e a fare, sempre, della critica». Trasferitosi a Roma nel 1931 dopo la laurea in storia dell'arte, la sua formazione culturale è ormai segnata dall'influenza di Lionello Venturi, il grande storico dell'arte cui si deve un contributo essenziale e determinante all'evoluzione di questa disciplina nelle nostre università e nella nostra cultura. A Roma è allievo di Pietro Toesca, l'insigne studioso del Medioevo, che lo volle come assistente. Assiduo sempre nella fedeltà culturale e nell'affetto a Lionello Venturi, anche negli anni in cui il grande studioso (che, ricordiamolo, fu fra gli undici titolari di cattedra che con civile coraggio rifiutarono il giuramento di fedeltà al fascismo) fu costretto a riparare in Francia e poi in America. C'è un episodio in questa fase della vita di Argan che ne mette in luce il rigore morale e la sincerità dei sentimenti: pur consapevole delle conseguenze del proprio gesto, egli si recò a Parigi a trovare Venturi. La reazione fu fulminea. Venne immediatamente trasferito dalla Sovrintendenza di Torino a quella, considerata allora punitiva, di Trento, ove assai scarse erano le possibilità di studio. La sua preparazione ed una autorevolezza scientifica che cominciava ad estendersi oltre i ristretti circoli specialistici, gli consentirono di riprendere dopo poco tempo sia l'opera di studioso, sia gli incarichi (di ispettore, sovrintendente, ispettore centrale) presso l'amministrazione delle Belle Arti. Fu uno dei funzionari più giovani, ma anche più autorevoli, della Direzione generale del ministero dell'Educazione nazionale, vicinissimo a Bottai: un ministro che, nei limiti ferrei dell'epoca, ebbe il merito di circondarsi di funzionari giovani e capaci, rompendo consolidate rigidità burocratiche, e creando le basi normative della tutela dei beni culturali del nostro Paese che, dalla fine degli Anni 30, hanno mostrato per oltre cinquant'anni una loro validità. Ed alla elaborazione di quel corpo normativo Argan offrì un significativo contributo. La storia della critica d'arte ha avuto in Argan un innovatore e uno studioso di singolare originalità. Nelle sue opere le varie problematiche sono analizzate ed illustrate sempre con una lucidità quasi semplificatrice, con uno stile inconfondibile, sobrio e severo, che rifugge da orpelli retorici e inutili. In un vasto arco tematico che spazia dall'architettura paleocristiana e romanica al Borromini, da Walter Gropius al Canova, dal Bramante ad Hogarth, dal Palladio a Michelangelo. Non si coglierebbe il senso dell'attività politica e parlamentare di Argan, se non si ricordasse l'impegno fattivo con il quale sostenne, fin dall'inizio, la battaglia per la costituzione del nuovo ministero per i Beni culturali: battaglia che io stesso dovetti combattere, fra fine 74 e fine 75, nel bicolore Moro-La Malfa. Quell'amministrazione autonoma, lungamente sognata e sempre smentita, costituiva, a giudizio di Argan, la condizione della partecipazione fattiva di tutti gli studiosi, nei loro diversi settori di specializzazione, al salvataggio, per quanto tardivo e difficile, della sostanza culturale del Paese. Un ministero assolutamente atipico, assolutamente anomalo. Un ministero capace di fondarsi sulla necessità di sburocratizzare tutto ciò che è cultura e di creare quella che io chiamavo, con certo orgoglio volteriano, «la Repubblica dei saggi». Contro tutte le tendenze nefaste a un ministero della Cultura o, come si dice peggio oggi, della Promozione culturale. Vorrei concludere con un ricordo personale dell'amico di tanti anni, cui mi univano vincoli sinceri di colleganza, prima accademica e poi anche senatoriale, rileggendo qualche passo della lettera che mi aveva inviato qualche tempo prima della sua scomparsa: «Sono sul punto di lasciare - sono le sue parole - per sempre il Parlamento e la vita politica (né solo questa)». «Spesso mi chiesi proseguiva la sua lettera - se la politica non ti sottraesse allo studio o lo studio alla politica. Sbagliavo, uno storico può conciliare le due cose». Cultura e politica: un nesso infrangibile. Ecco la lezione di Argan, in un'Italia disorientata e turbata, che sra smarrendo il senso delle proprie radici. Giovanni Spadolini