Lettere ai familiari, omelie, discorsi

Lettere ai familiari, omelie, discorsi Lettere ai familiari, omelie, discorsi 1958, una volta eletto vescovo di Roma; non c'è traccia di note al testo, né di un minimo apparato critico; la bibliografia è ridotta a 5 titoli citati all'interno dell'introduzione; le lettere ai familiari, per loro natura estremamante semplici e rivelatrici della profonda personalità di Angelo Roncalli, vengono fatte precedere da un «regesto» che anziché facilitarne la lettura sovente ne banalizza il contenuto. Maggiormente proficue le brevi introduzioni che - anno per anno - presentano il contesto storico delle lettere. Comunque, il lettore interessato più alla sostanza del messaggio roncalliano che allo scopo editoriale SONO usciti quasi contemporaneamente due libri di scritti inediti di Angelo Boncalli, il futuro papa Giovanni XXIII. Alcuni brani di lettere ai familiari riesumati ed enfaticamente utilizzati a scopo polemico dal curatore del primo volume hanno accesso su quotidiani e periodici un breve ma intenso dibattito sull'atteggiamento di Angelo Roncalli nei confronti del fascismo. Ora che le polemiche si sono sopite ci pare opportuno ritornare sul contenuto globale delle due opere. Il primo volume francamente ci sconcerta e sorprende, non tanto per gh accenni di «simpatia» roncalliana verso il fascismo - invero limitati e abbastanza tiepidi, considerati gli anni a cui risalgono e il clima creatosi dopo la firma dei Patti Lateranensi - e nemmeno per il taglio volutamente divulgativo dell'opera, quanto piuttosto per l'incoerenza tra i propositi dichiarati dal curatore e l'opera nel suo insieme. Nella sua breve quanto acre introduzione, infatti, il Famedi lancia accuse deontologicamente assai gravi di metodo e di contenuto sia al segretario di papa Giovanni, mons. Capovilla - per aver volutamente occultato alcuni passaggi «scomodi» delle lettere ai familiari sia all'Istituto per le Scienze Religiose di Bologna - «lo storico Alberigo e quanti dipendono da lui» colpevole di aver riprodotto «testi in maniera acritica» e in base a una «scelta personale e quindi discriminante». Ci si attenderebbe dunque un lavoro approfondito, documentato, puntuale di ristabilimento della verità storica così scandalosamente manomessa dagli «esimi docenti». Niente di tutto questo, anzi pare emergere una superficialità che neanche il carattere divulgativo dell'opera può giustificare, stanti le pretese scientifiche dell'introduzione: il libro, che contiene scritti di Angelo Roncalli dal 1911 al 1952 - quando cioè l'autore era dapprima segretario del vescovo di Bergamo, poi vescovo e nunzio a Sofia, Istanbul e Parigi - viene presentato come opera di Giovanni XXIII, nome che l'autore assumerà - com'è logico - solo il 28 ottobre le asserzioni di quest'ultimo. Di tutt'altro spessore il volume curato da Alberto Melloni che tiene fede a ciò che vuole essere: l'edizione critica dell'intera predicazione roncalliana - omelie, discorsi e note pastorali - del periodo trascorso alla nunziatura di Istanbul (19351944). L'introduzione mette sapientemente in rapporto la predicazione pubblica a Istanbul con i passi del Giornale dell'anima relativi a quegli anni: ne emerge, attraverso un vero e proprio «travaso di espressioni e moduli dal diario spirituale alle omelie», quella straordinaria compenetrazione di tradizione e apertura, di fedeltà e profe- zia, di obbedienza e libertà interiore che costituisce una costante del pensiero roncalliano e che lo porterà fino alla decisione di indire un concilio ecumenico. E' l'atteggiamento del pastore che prevale sul diplomatico, dell'uomo dalle solidi radici che non teme il dialogo con l'altro, il diverso: musulmani, ebrei e cristiani ortodossi impareranno a conoscere, stimare e amare quell'uomo semplice come la sua terra che non esitava ad abbattere steccati svelando con estrema naturalezza la propria identità più vera: «Sono Giuseppe, vostro fratello». Il Giuseppe del libro della Genesi, venduto dai fratelli e diventato il salvatore degli stessi fratelli, diventa il paradigma della vicenda dovrà attendere che il curatore di questo volume si degni di mettere a disposiziono di tutti quello che lui stesso dichiara di possedere: «il corpus completo... fondamentale e indispensabile per una edizione princeps o definitiva di tutte le lettere ai familiari». Si attende anche il frutto delle sue «ulteriori fatiche per una eventuale biografia in extenso», anche se le premesse non ci paiono entusiasmanti. Quanto ai suoi «giudizi critici e storiografici di cui dovranno tener conto lettori e studiosi di storia» pensiamo che i lettori possano apprezzare Angelo Roncalli indipendentemente da Giustino Famedi, mentre gh studiosi di storia saranno lieti di conoscere il fondamento scientifico dei- Angelo G. Roncalli (Giovanni XXIII) La predicazione a Istanbul Omelie, discorsi e note pastorali LeoS. Olschk. pp. 420, L. 35.000 umana e pastorale di Roncalli: non certo per l'aspetto del tradimento subito, ma per quello svelarsi improvviso, inatteso, dietro le apparenze di un «potente», del volto di un fratello che ama e che chiede di essere amato. Nessun anatema, nessuna rivendicazione, nessun proselitismo in questa predicazione in terra di Turchia, ma la profonda e contagiosa convinzione che anche l'estraneo è fratello. Questa umile franchezza deriva a Roncalli dal suo essere uomo delle fonti, la Bibbia e i Padri innanzitutto. Forte di queste radici e desideroso di dilatare l'annuncio evangelico, Roncalli può per esempio osare introdurre nella liturgia - allora interamente e rigorosamente in latino l'invocazione «Dio sia benedetto» e la lettura del Vangelo in turco. Appartengono al medesimo periodo turco anche due brevi annotazioni del Giornale dell'anima: la consapevolezza che «la chiesa si annuncia non come un monumento storico del passato, ma come una istituzione vivente» e il non voler essere «maestro di politica, di strategia e di scienza umana (...). Sono maestro di misericordia e di verità». Come non leggervi un'anticipazione - di ben 40 anni - di due passi del discorso di apertura del Concilio? «Il nostro dovere - dirà papa Giovanni la sera dell'I 1 ottobre 1962 - non è soltanto di custodire questo tesoro prezioso, come se ci preoccupassimo unicamente dell'antichità, ma di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell'opera, che la nostra età esige, proseguendo così il cammino, che la Chiesa compie da quasi venti secoli. (...) Ora la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità». Jacques Derrida Essere giusti con Freud Raffaello Cortina pp. II2.L. 15.000.

Luoghi citati: Bergamo, Bologna, Istanbul, Parigi, Roma, Sofia, Turchia