Dall'Australia il debutto di Mark Henshaw:

DalVAustralia il debutto diMark Henshaw: DalVAustralia il debutto diMark Henshaw: «La linea di fuoco», thriller metafisico e giochi hard Un mosaico dì citazioni da Kant a Wittgenstein e di schegge biografiche: «Volevo una storia sensuale e divertente, perché leggere è un'esperienza erotica.» vera, anche se apocrifa, che Caterina la Grande sia morta schiacciata sotto un cavallo che le stavano mettendo sopra, perché si era stufata di avere per amanti uomini insufficienti, e cercava di provare qualcos'altro. VogUo giocare col lettore, ingannarlo, provocarlo su cose vere che sembrano bugie. Perché io, come lettore, mi diverto a essere spiazzato». Nel romanzo di Henshaw l'eros è grande protagonista. Fantasmi, ossessioni, iniziazioni, orgasmi al macroobiettivo. Ma c'è anche qualcos'altro, che coinvolge 0 livello più profondo della complicità tra autore e pubblico. «Volevo scrivere una storia sensuale, divertente. Perché leggere un libro è un po' come fare del sesso. Se hai deciso di soddisfare la persona con cui fai l'amore il piacere è grande. Scrivevo il romanzo con il presunto lettore sempre in testa, deciso a stupirlo e sedurlo. Per spingere il lettore a seguire il filo della storia, a sfogliare le pagine fino in fondo, bisogna sedurlo continuamente. Mi ricordo Susan Sontag che chiedeva un'arte più "erotica" e meno "ermeneutica"». La linea di fuoco debutta con una girandola di dubbi. Henshaw descrive tute, facce, interni. Poi si domanda calvinianamente se la descrizione è adeguata. Funziona? E' questo che voglio dire? Chiede al lettore di partecipare al suo sforzo di narratore. Le parole sono imprecise, le sensazioni sfuggono dalla rete di sillabe e punteggiatura. Non basta. Scomodiamo i teorici dell'ineffabilità, confrontiamoci con i dubbi di Handke, di Hòlderlin, di Heidegger. Siamo inebriati di finzioni, di realtà che sfugge tra noumeno kantiano e iperuranio platonico. L'australiano insiste. Ci rammenta la sentenza fondamentale del trattato di Wittgenstein «Sulle cose di cui non si è in grado di parlare è meglio tacere». Siamo vicini alla resa della ragione. Il linguaggio «è incapace di rappresentare il mondo». A questo punto il colpo di scena, il trionfo dello scrittore che vive di parole. Si comincia da un'immagine rosata indistinta. Quando la scena si mette a fuoco compaiono due labbra carnose, quelle di una vulva depilata. Poi dita che giocano col sesso, sempre più frenetiche, sempre più oscene. Henshaw ci accompagna in una dettagliata sequenza di fist fucking tra due ragazze. «Queste due pagine di sesso - dice Henshaw - sono precedute dai dubbi di Wittgenstein sull'impotenza del linguaggio. Le parole sono inesorabilmente incapaci di rappresentare il mondo. Vero, affascinante, stimolante. Ma poi invito il lettore a immergersi in una scena che, al contrario, possiede una grande potenza erotica, addirittura pornografica. Quando le ragazze hanno finito la loro rappresentazione e si avvinghiano in un bacio di spossata tenerezza, chiedo al lettore, "e adesso come la mettiamo con Wittgenstein?". Ovviamente abbiamo appena avuto la dimostrazione che il linguaggio, a certi hvelh, possiede un'enorme potenza comunicativa. I corpi, la carne, il sesso, 0 mondo dei fenomeni può presentarsi con un'evidenza davvero notevole. Ma quando arriva un MachiaveUi che se ne infischia di cose irraggiungibib come il bene assoluto e fonda una morale perfetta, scientifica, basata sulla esperienza del mondo, suscita grande orrore. Non è un po' paradossale?» Certo, ma siamo sempre lì, in bihco. Sulla «linea di fuoco» che separa il sesso dalla perversione, la verità dalla finzione, l'amicizia dall'odio. Il titolo del romanzo è preso da un'espressione chiave del libro (la trovate a pag 61, resa con «lingua di fuoco»). Wolfi osserva la sorella dormiente, il suo seno scoperto in un'alba di Dubrovnik e scopre che è ormai una donna, che ha varcato il confine dell'adolescenza indistinta, che l'ha lasciato solo con i suoi desideri informi. «E' un richiamo al mito platonico della caverna - dice Henshaw -. Siamo come schiavi incatenati nelle tenebre e vediamo solo un mondo di ombre, di riflessi. La verità è inaccessibile ai nostri sensi, è oltre la linea di fuoco. Noi siamo costretti a confrontarci con una realtà incarnata, col corpo semisvestito di una fanciulla che dorme, non con idee. Ma c'è anche un'altra prospettiva. Ingeborg Bachmann si è distesa su un letto imbevuto di benzina, ha acceso un fiammifero, ha guardato la fiammella danzare e l'ha lasciato cadere sulla vestagba. Prima di perdere definitivamente coscienza ha lanciato un'estrema occhiata alla "linea di fuoco", dalla parte delle fiamme. Ma le sue illuminazioni estreme non le potremo mai conoscere». Bruno Ventavo li Storto il genere umano si duole della propria natura perché, debole e di breve durata, è dominata dal caso più che dal valore» (Sallustio, La guerra di Giugurta). L'incipit è di quelli che sui banchi del Ginnasio ci facevano desiderare la buona morte, ma che col tempo si riabilitano, s'impongono per la loro scolpita grandezza. Ce lo segnala Michelangelo Riccio, di Roma, cui va il nostro primo alloro anche per la letterina d'accompagnamento nella quale il mittente rivela di aver giocato questo gioco settimanale senza mai andare a cercare la soluzione nel nostro volume. Gli sarebbe sembrato, dice, «scorretto». A un romano di così antiche virtù segue una leccese infuriata e di cui ci manca l'indirizzo, Carla Pulii, che ci fustiga col seguente incipit: «Accidenti a voi!», per una questione di precedenze e disguidi troppo lunga da spiegare. Ma è l'unica a lamentarsi. Le altre numerosissime missive d'accompagnamento vanno dall'entusiastico all'affettuoso, ci qualificano di «giocherelloni» e perfino di «ragazzacci», talché il caldo e sempre crescente successo della jointventure Tuttolibri-Italia 1 rende ancora più doloroso l'annuncio che il bel gioco finisce qui, almeno per questa stagione. Attorno al ritaglietto s'era formato (ma già esisteva in potenza, ovviamente) un club di amatori purissimi, immuni dal contagio di pellicce, gettoni d'oro, viaggi-premio, motivati esclusivamente dalla passione di leggere, rileggere, trafficare comunque coi libri d'ogni peso e livello. Un pubblico simile non riempie le piazze ma è rincuorante sapere che c'è, sparso e silenzioso e tenace (nonché spiritoso) in ogni angolo del Paese. Una bella minoranza, con la quale troveremo il modo di tornare in contatto. In maniera di excipit da tutti questi incipit scegliamo infine L'inferno, di Giorgio Bocca: «Ho conosciuto il profondo Sud molti anni fa, alla fine degli Anni Cinquanta, quando lavoravo all'Europeo». Il libro, come ognuno ormai sa, è impressionante, e tuttavia ancora al di sotto di quanto la magistratura va via via scoprendo nel nostro infelicissimo Mezzogiorno. Ma il premio tocca a colui che ce l'ha segnalato, il signor Carlo Frutterò, di Gravellona Toce. Spudorato nepotismo? Niente affatto, di quest'altro C. F. non conoscevamo l'esistenza, è un divertente caso di omonimia cui il nostro spirito di ragazzacci giocherelloni non ha saputo resistere. Quando si presenterà un Franco Lucentini bis promettiamo di premiare anche lui, per essere «corretti». Grazie a tutti, elettori ed eletti.

Luoghi citati: Gravellona Toce, Roma