LA GRANDE TANGENTE SPEGNE IL DONO DI VOLARE di Mario Baudino

LA GRANDE TANGENTE SPEGNE IL DONO DI VOLARE LA GRANDE TANGENTE SPEGNE IL DONO DI VOLARE L'esordio narrativo di Mario Baudino: un amaro apologo POETA e saggista, Mario Baudino si concede la vacanza di un romanzo che si intitola In volo per affari e che prende un giro abbastanza lontano da quello che conoscevamo di lui. Cantore di labili, incerte epifanie sulla terra desolata, da corteggiare con stupore velato di cautela, questa volta sembra sollecitato da occasioni più immediate e comuni. Non inganni la facoltà che il Protagonista si scopre addosso di levitare nell'aria, innalzandosi contro il soffitto e poi involandosi sui tetti della sua città notturna. Non c'entra la mistica orientale e occidentale, qualche mitologia rivisitata e inverata. Lui stesso si stupisce delle sue evoluzioni, come il gatto di casa, come l'amica Anna che lo trova una sera aggrappato al frontone di una chiesa, ammaccato angelo barocco. Avverte, a tratti, uno svuotamento di peso, una irresistibile spinta a salire, che non può provocare ma appena secondare. Accade la prima volta al teatro d'opera che rappresenta in modo esemplare, attraverso le sue parossistiche finzioni, l'ordito vero del mondo. E' la prima del «Don Giovanni» di Mozart e il Protagonista comincia a sollevarsi mentre è fissato sull'aria di Leporello: «Voglio fare il gentiluomo, e non voglio più servir». Immaginandosi Icaro o Dracula, nel rifiuto o nella contestazione, inquietante e torbida, della terra. Il volo non riesce però a districarlo da una fin troppo umana ragnatela. Attraverso l'agenzia di pubblicità in cui svolge le mansioni di mediocre copywriter, partecipa al progetto di una grande iniziativa umanitaria nel quale sono interessati, insieme al Comune, politici, industriali, faccendieri. Dovrebbe coordina- Tra affari & politica l'avventura d'un mediocre copywriter A sinistra: Mario Baudino simento delle buone opere e di mediazione tra le parti, il Protagonista si lascia catturare dalle lusinghe del denaro e del successo, il «non voglio più servir», che sembrava una squilla di liberazione, diventa il ritornello bolso di una volgare compromissione. Nel fondo dell'avvilimento, accetterà il ruolo del capro espiatorio, affronterà il carcere per meritarsi l'elemosina dei potenti. E perderà anche Anna (la figurina più risentita del romanzo) che, delusa nel suo accigliato moralismo, finisce per superarlo sulla strada della corruzione. «Era entrato in un sogno, - si re il lavoro delle varie organizzazioni che si prendono cura di barboni, mentecatti, drogati in vista di un erigendo ospedale. Ma dietro tutto questo, subodora e finisce per accertare la macchina di una Grande Tangente, una guerra sotterranea di malversazioni, ricatti e denunce. L'impresa si avvale degli strumenti stessi della giustizia e della fatalistica rassegnazione davanti al male (impersonata da un ex prete che nelle profondità del cervello umano avverte la presenza nefasta e insieme provvidenziale dell'antico serpente). Nella sua attività di cen¬ trova a concludere - forse in un incubo, e da allora la sua vita era cambiata, come per una malevola grazia. La forza che lo strappava da terra era arrivata insieme a quella che gli imponeva di agire, di arricchirsi e sfruttare tutte le possibilità per ricavare un utile materiale...». Dalle vicende giudiziarie che scuotono il nostro Paese, Mario Baudino ha ricavato un apologo amarissimo, ma temperato dall'eleganza dell'ironia, sul comportamento umano, sulle sfaccettature che riesce ad assumere la degradazione morale. Il tessuto della sua prosa riesce a levigare ed assumere con naturalezza citazioni e suggestioni colte, segnatamente nell'arco del fantastico. C'è forse, nel libro, un sovraccarico di intenzioni per una storia tutto sommato lineare. Mi sembra però assai felice l'invenzione centrale, le due vite parallele del Protagonista, che si risolvono infine nello spreco del suo saper volare. Potrebbe servirsi di quella scintilla gratuita (caso o, appunto, grazia che sia) per conquiste interiori o per concreti guadagni. E invece se ne appaga, come di un sogno, un gioco, una droga, mancando insieme la parte di Icaro e quella di Dracula, dissipando quel dono furtivo. Lo stile si piega a questo doppio percorso, oscilla tra il fattuale e il fantastico, si concede mtermezzi di stupefatto lirismo. Con un ultimo bulgakoviano ghiribizzo, quasi un esorcismo, l'autore si diverte a mandare all'inferno, aggrappati alla criniera di un drago che è serpente e demone, tutte le figure del suo losco teatrino.

Persone citate: Icaro, Mario Baudino, Mozart