PRO E CONTRO L'AMERICA MA SENZA CONOSCERLA di Claudio Gorlier
Parliamone Parliamone PRO E CONTRO L'AMERICA MA SENZA CONOSCERLA BER il cardinale Biffi, arcivescovo di Bologna, la colpa di molte gravi storture odierne è, più che mai, di Voltaire. Per Saverio Vertone, invece, la responsabilità va largamente addossata all'America, ovvero agli Stati Uniti; sarei tentato di dire, parafrasando il titolo del suo ultimo libro (La trascendenza dell'ombelico, Rizzoli), al cordone ombelicale americano, che la trascendenza ha strangolato. Il capitolo sull'America, in un volume provocatorio e - se si vuole - irritantemente sottile e brillante, mi sembra una sorta di buco nero, proprio in forza delle perentorie generalizzazioni, vizio che gli inglesi ritengono peculiarmente americano. Intendiamoci: detesto molti degli pseudo-modelli americani. Di fronte all'imperialismo linguistico anglosassone, confesso di simpatizzare per la campagna di risciacquo verbale inaugurata in Francia. L'idea che a Hanoi campeggino le gigantografie della Coca-Cola mi deprime; i salti mortali pidiessini per identificarsi con la moda Clinton mi fanno sorridere e mi confermano che, anche nelle conversioni salvifiche, la sinistra storica italiana dell'America continua a non capire nulla. Non sarei affatto disposto a collocare l'effige di John Kennedy sugli altari; so anche troppo bene che la grande democrazia federale americana uscì dalla più crudele guerra civile dei tempi moderni, una cicatrice - scrisse Henry James - indelebile sul corpo del Paese. Detto questo, persisto nel credere che James Dean non sia un mito da quattro soldi, e che Gioventù bruciata (la quale si chiama, nel titolo. Ribelle senza causa) sia un film assolutamente cruciale. Dirò di più, onde incorrere nella deplorazione di Vertone: i film che egli addita all'esecrazione quali esempi, a dir poco, di cinismo, mi sembrano assolutamente esemplari di un modo di scrutarsi a fondo senza false indulgenze, compreso Rambo (il primo), un'opera intensa e dolorosa sui valori mistificati e sull'iniziazione a uccidere, ciò che il cinema italiano non ha saputo fare per il terrorismo. Autorevole esperto di cultura tedesca, produttrice per eccellenza di ideologia, Vertone pensa di individuare le ideologie dominanti in un Paese che le ha sempre delegittimate. Una si identifica nel multiculturalismo e nel tramonto del feticcio del melting-pot, questa maionese andata - fortunatamente a male. Ma il multiculturalismo, nella sua essenza autentica, costituisce un tentativo di riconoscere le diversità e di rifiutare l'omologazione; l'opposto della frase attribuita a Bellow, «se ci fosse un'Anna Karenina zulù la studieremmo con molta attenzione». In quanto al cosiddetto «politically correct», ossia la venerazione delle quote etniche o «altre» sino all'asfissia, è un principio talmente screditato che, nel numero recente ad esso dedicato dalla Partisan Review, un serio studioso liberale come Ronald Radosh lo ha definito «maccartismo di sinistra». Un grande classico americano, Henry Adams, avvertiva che la semplicità è complessa. Nel bene e nel male, un simile ammonimento vale per la realtà americana, da Melville fino a ebbene sì - Joan Baez e Bruce Springsteen. «Non pinzatemi», invocava un motto studentesco a Berkeley. Ovvero: evitiamo, a destra a sinistra e al centro, questi curiosi frullati di America immaginaria. Prima di catalogarla, si verifichino, magari sul posto, le pezze di appoggio. Sarebbe opportuno, sarebbe utile, sarebbe politicamente corretto. Claudio Gorlier
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