La crisi non viene dai muri crollati, ma da difficoltà e contraddizioni della democrazia
La crisi non viene dai muri crollati, ma da difficoltà e contraddizioni della democrazia La crisi non viene dai muri crollati, ma da difficoltà e contraddizioni della democrazia Pubblichiamo in anteprima un intervento di Renzo De Felice su «Nazione e nazionalità in Italia». E' il tema di un convegno svoltosi a Trieste nel '93. Per l'imminente volume edito da Laterza a cura di Giovanni Spadolini, che raccoglie gli atti del dibattito, lo storico ha riveduto e ampliato il suo testo. IIAMO sicuri che tra le cause della crisi dell'idea m di nazione, quale noi Il l'abbiamo concepita e ^ZJ molti di noi la concepiscono tuttora, e delle sempre più preoccupanti manifestazioni di malessere e di crisi degli Stati nazionali fondati su di essa quella decisiva sia costituita dal fatto che la seconda guerra mondiale prima e la «caduta del muro» e la fine del bipolarismo poi hanno - sia pure in modi e con intensità diversi - messo in moto un processo di risveglio non solo di micronazionalismi già presenti sulla scena, ma anche di suggestioni e di tendenze etniche mai manifestatesi in precedenza o rimaste circoscritte a piccolissimi gruppi culturali o religiosi? Non sarà piuttosto un'altra la causa decisiva di questo declino dell'idea di nazione e di questo malessere e in certi casi di questa crisi degli Stati nazionali? Non sarà il deteriorarsi «di quel rapporto idea di nazione-democrazia» che, direttamente o indirettamente, costituisce il punto di raccordo e di sintesi tra i più importanti aspetti della realtà socio-politica nella quale viviamo? Riassumendo al massimo, si può dire che nell'età liberale la nazione si è fondata essenzialmente su due principi, quello della libertà e quello dell'unità. E che gli Stati nazionali, già costituitisi in precedenza o che si andavano costituendo, erano frutto di aggregazioni (non di secessioni come avviene oggi) sulle quali l'etnia aveva scarso peso. Lo Stato nazionale si fondava infatti essenzialmente sull'unità culturale (e questo tanto nella versione «tedesca» quanto in quella «francese») e linguistica, espressione sì dei ceti superiori (che sostanzialmente furono quelli che lo vollero), ma che veniva estendendosi anche a quelli inferiori via via che questi, accedendo alla proprietà e, grazie a ciò, alla loro cultura, si integravano in essi. Con il tramonto dell'età liberale questo processo di identificazione nazionale si ò venuto rapidamente modificando. Tra le ragioni di questa modificazione, la più importante fu costituita quasi certamente dal fatto che lo si volle accelerare e forzare ricorrendo a forme di «nazionalizzazione delle masse», volte tutte, pur nella loro diversità, al rafforzamento interno dei vari Stati in funzione delle loro politiche di espansione coloniale e di difesa (e di offesa) rispetto ai Paesi confinanti e soprattutto della difesa contro il diffondersi del socialismo e dell'internazio- «II ritorno dei barbari» di Daumier. Sopra: Renzo De Felice. Sotto: Jemolo e (a destra) Tocqueville
Persone citate: Daumier, Giovanni Spadolini, Renzo De Felice, Tocqueville
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