«Hotel Camorra ecco lo verità»

Napoli, l'ex senatore de parla di incontri coi boss e accusa il capo di Mani pulite Napoli, l'ex senatore de parla di incontri coi boss e accusa il capo di Mani pulite «Hotel Camorra, ecco lo verità» La confessione di Bargi inguaia altri giudici Quartier generale delle cosche Storia dell'albergo di Ercolano tra blitz e festini a «luci rosse» SALERNO DAL NOSTRO INVIATO L'avvocato, i giudici e l'albergatore della camorra: può essere intitolato così l'ultimo capitolo dell'inchiesta sulle «toghe pulite» avviata dai magistrati della direzione distrettuale antimafia di Salerno, che ieri sera avrebbero firmato tre nuovi avvisi di garanzia nei confronti di altrettanti colleghi di Napoli. L'avvocato è Alfredo Bargi, ex senatore de, professionista sulla cresta dell'onda fino a lunedì scorso, quando è stato arrestato per concorso in associazione a delinqurere. L'albergatore della mala era Franco Valdini, proprietario della pensione-ristorante «Belvedere» di Ercolano, un comune costiero a Sud del capoluogo. Uno dei magistrati è Armando Cono Lancuba, sostituto procuratore a Napoli fino al '90. Chi sono gli altri due giudici? La novità riguarda proprio loro. Durante un lunghissimo interrogatorio, l'altro ieri, Bargi avrebbe pronunciato due nomi oltre quello di Lancuba. Di uno non è trapelata l'identità, l'altro sarebbe invece Arcibaldo Miller, il sostituto procuratore del pool «Mani Pulite», l'uomo che ha fatto arrestare Duilio Poggiolini e ha messo nei guai l'ex ministro De Lorenzo, e che è già stato raggiunto da un avviso di garanzia per corruzione. IL PERICOLO COME PASSATEMPO OCAGLIARI IOCAVA a fare il Rambo con un pistolone stretto in pugno, tanto era convinto che l'unico proiettile inserito nel tamburo dell'arma fosse inoffensivo. «Ti sparo», ha gridato per tre volte calcando il grilletto, dopo aver puntato la rivoltella contro i più giovani amici che scappavano per sottrarsi a quella sorta di roulette russa inventata per ammazzare la noia di una serata prefestiva. Al quarto tentativo per poco non c'è scappato il morto: il colpo è partito per davvero, un quattordicenne si è accasciato su un cumulo di sabbia. Sembrava ancora un gioco. «Dai, rialzati, lo sai anche tu che la rivoltella era caricata a salve. Non può averti fatto nulla», ha intimato Rambo, 17 anni. Invece il ragazzino era stato ferito al fianco, ha rischiato la morte. L'hanno salvato i chirurghi, con un delicato intervento aurato cinque ore. Ma come fosse andata lo si è scoperto con un giorno e mezzo di ritardo. D'accordo con la vittima, il pistolero e gli altri amici hanno concordato una ricostruzione falsa, per mettere fuori strada genito- Torino, morto a 45 anni capo ufficio stampa Fiat Le nuove rivelazioni di Bargi, che aggravano ulteriormente la posizione del sostituto impegnato nelle inchieste della Tangentopoli vesuviana, rischiano di determinare un effetto dirompente nella già tormentata procura della Repubblica napoletana. Il «caso Miller», infatti, sta provocando non pochi grattacapi al capo dell'ufficio, Agostino Cordova, che nei giorni scorsi ha difeso a spada tratta il suo magistrato nonostante le perplessità espresse da molti colleghi. Anche Miller, dice l'avvocato rinchiuso nel carcere di Benevento, avrebbe cenato spesso nell'alberghetto della mala nella metà degli Anni Ottanta: proprio nell'epoca in cui, come so¬ stiene l'accusa, la multinazionale del crimine che faceva capo al padrino Carmine Alfieri aveva creato una cupola con il compito di addomesticare i processi di camorra. Ma aggiunge dell'altro, Bargi. Nel corso dell'interrogatorio al quale è stato sottoposto due giorni fa dal giudice salernitano Claudio Tringali, avrebbe confermato che, al «Belvedere», Lancuba incontrava emissari del camorrista Antonio Malvento e, dopo cena, non disdegnava la compagnia di qualche bella ragazza inviata dai boss per allietare la compagnia del magistrato. Summit della malavita, cene e serate a luci rosse: con il passare dei giorni l'anonimo alber- ghetto alla periferia di Ercolano, sulle pendici del Vesuvio, acquista sempre maggiore importanza agli occhi dei magistrati che indagano sui rapporti fra camorra e giustizia a Napoli. Era nel segreto di quelle stanze che venivano discusse le strategie per aggiustare i processi contro il clan di Pasquale Galasso e di Carmine Alfieri, oggi pentiti della camorra? Ieri Alfredo Bargi è stato interrogato ancora una volta dai sostituti procuratori di Salerno, Ennio Bonadies e Adolfo Izzo. E ancora una volta l'argomento in discussione sono stati l'hotel Belvedere e i suoi insospettabili frequentatori. Ma non è solo di questo che si occupa la direzione distrettuale antimafia di Salerno. Gli inquirenti stanno spulciando negli archivi, rispolverando i vecchi fascicoli delle inchieste sui loro colleghi napoletani. Uno riguarda la scoperta, nell'85, di una casa di appuntamenti sulla collina del Vomero. Dall'elenco dei frequentatori della «maison» spuntarono i nomi di quattro magistrati, poi prosciolti dalle accuse: Alfredo Fino, Sergio Ferro, Alfonso Stravino e, ancora una volta, Arcibaldo Miller. E anche allora si parlò di collegamenti fra la tenutaria della casa e elementi di spicco della camorra. Fulvio Milone :jfjé I magistrati Armando Cono Lancuba (a fianco) e Arcibaldo Miller. Entrambi :jfjé sono coinvolti dall'inchiesta una voce anonima mette in allarme i poliziotti: «Nell'albergo Belvedere, in via San Vito a Ercolano, è in corso un summit della camorra». L'operazione scatta immediatamente. Una decina di agenti si precipitano alle falde del Vesuvio, nella speranza di bloccare in tempo i padrini impegnati nella riunione. Ci riescono. Circondato l'edificio, intimano la resa agli ospiti della pensione, spianando i mitra. Ma dall'interno la reazione è rabbiosa. Un malavitoso tenta di sfuggire alla cattura, aprendo il fuoco contro gli agenti e ferendone uno. La polizia risponde con un bel po' di proiettili. Alla fine gli uomini della Criminalpol riescono ad avere ragione dei camorristi, che si arrendono. Vengono arrestati in otto. Si tratta di esponenti di primo piano della banda di Raffaele Cutolo, il boss di Ottaviano che negli Anni Ottanta spadroneggia in tutta la Campania. [f. m.] NAPOLI. «Non sapevo chi gestisse davvero quel ristorante»: così l'ex sostituto procuratore napoletano Armando Cono Lancuba ha risposto in questi giorni alle accuse che i magistrati di Salerno gli hanno rivolto nel carcere di Bellizzi Irpino, dove è rinchiuso ormai da una settimana. Invece si è scoperto che l'albergo «Belvedere», al centro dell'inchiesta sulle «toghe pulite», era da anni considerato dagli inquirenti come un quartier generale della camorra vesuviana. Possibile che un giudice esperto in fatti della malavita come Lancuba ignorasse una circostanza del genere? Sembra improbabile, soprattutto alla luce di quanto accadde nell'estate dell'82, cioè tre anni prima che il magistrato diventasse un abituale frequentatore dell'hotel. Sei luglio. Fa un gran caldo negli uffici della Criminalpol di Napoli, quando squilla il telefono. Dall'altro capo del filo,