Morire per scelta, tra fughe e pudori

Morire per scelta, tra fughe e pudori LETTERE AL GIORNALE il lunedi' di o.d.b. Morire per scelta, tra fughe e pudori Una cosa è certa Egregio signor Del Buono, mi aiuti a capire, le scrivo per questo. Mi chiamo Valeria, ho ventidue anni e leggo i giornali, dove, sempre più frequentemente, si trovano notizie agghiaccianti che parlano di giovani convinti che la vita sia troppo dura e che l'unico modo per «affrontarla» sia uccidersi, lo conosco il loro mondo, poiché è anche il mio, ed è fatto di momenti difficili, di incomprensione con i genitori, di sofferenza, di disoccupazione, di lauree mai raggiunte e di esami che non sempre vanno per il meglio. E' quel <disagio giovanile» fatto di problemi piccoli e di problemi grandi, di cui tutti si riempiono la bocca senza andar oltre al bell'effetto delle parole. Quindi posso capire che alle volte vediamo il mondo crollarci addosso senza avere la forza di reagire Ma a chi non capita di vedersi crollare tutto? Forse e più facile la vita di un operaio, specialmente di questi tempi? Sarebbe egoistico pensarlo, e non solo, anche eccessivamente infantile. Noi giovani, pero, siamo portati a pensare di essere incompresi e di soffrire più degli altri, non so perché, ma e cosi, forse convinti di possedere ancora quella sensibilità che gli «adulti» hanno perso, chi in fabbrica, chi in ufficio. E. purtroppo, c'e chi, fra noi, alle volte affoga nella propria confusione. Non esiste qualcosa che ci appartenga più della vita, e la nostra essenza. Come è possibile separarsi consapevolmente dal segreto insondabile che ci sostiene? Chi non trova in sé la forza di affrontare i problemi della quotidianità, non può possedere il coraggio di comprendere l'assolutezza e la gravità del suicidio. Non c'e sufficiente audacia per togliersi la vita, sapendo quello che si sta facendo. Non c'e lucidità che non sia mossa da follia in quel momento e negli istanti precedenti, e come si possa arrivare a tanto, secondo me, non siamo solo noi ad ignorarlo, noi che leggiamo quelle notizie, ma anche coloro che ne sono i tragici protagonisti. Ma come si arriva a questo stato di profonda inconsapevolezza, di inspiegabile imbambolamento? Quello che io mi domando e cosa sia succes¬ so in questi anni perche il mondo, e il mondo siamo noi. si trasformasse cosi tanto, degenerasse in qualcosa privo di qualsiasi riferimento, privo del gesto di vivere e di quella dose di astio e di grinta insieme, con la quale superare gli ostacoli e raggiungere la sicurezza e la fiducia in se stessi per diventare uomini e donne migliori. Una cosa è certa, quei ragazzi e quelle ragazze che hanno rinunciato a combattere, pagando un prezzo cosi alto, un giorno non potranno ridere sulle cose che credevano insuperabili. Valeria De Cubellis, Chieri Gentile signorina Valeria, mi pare che lei abbia capito benissimo elio uccidersi è ingiusto, ma vorrebbe capire perché tanti altri continuino a uccidersi. Se io sapessi risponderle a tono, non sarei un uomo. Lei pensa a una malattia dell'epoca, a un cedimento nervoso, a una crisi di sconforto, al peso di una noia terribile, a una reazione sbagliata a una paura senza scampo. Ma non tutti i suicidi sono uguali, non tutti i suicidi insomma si uccidono per sazietà o mancanza di droga, per incapacità di sopportare una fatica o un dolore, per vigliaccheria nei confronti della vita. Le motivazioni possono essere varie e non sempre infamanti. E' il caso dei sacrifici di coloro che compiono il proprio dovere, e questo dovere contempla là morte, i caduti per il dovere vengono inadeguatamente compensati dalle medaglie ai famigliari. Ma ci sono altri suicidi strazianti, a esempio quelli dei vecchi, a cui i progressi della medicina hanno concesso una maggiore precaria permanenza su questa terra a danno dei loro cari. Di questi suicidi, a volle, neppure ci si rende conto, come possiamo imparare da quest'altra lettera. [o. d. b.] Una storia d'amore Gentile signor Del Buono, una storia d'amore che ho imparato in ritardo lo ho sessantuno anni e ho sempre vissuto con mio padre Mio padre è morto da poco, era molto vecchio, era ridotto una manciata di pelle e ossa A suo tempo, mia madre lo aveva abbandonato e lui aveva praticamente fatto anche da madre a noi tre figli. Era un bravo artigiano, mi ha insegnato il suo mestiere. Prima se n'e andata mia sorella che aveva la smania di uscire di casa, e ha sposato il primo che ha incontrato, scoprendo successivamente che era un mascalzone. Mia sorella tornava a casa e ne riusciva. A volte veniva il marito a riprendersela, a litigare, a picchiarla. Ed era sempre mio padre a rimetterli un poco insieme. Alla fine, si è scoperto che pagava di nascosto mio cognato perché trattasse meglio mia sorella. Pensare che mio fratello e io gli abbiamo anche fatto delle scenate quando abbiamo scoperto il traffico. Mio fratello non aveva voglia di fare il mestiere di mio padre e, a un certo momento, ha tagliato la corda e non s'è fatto più vivo. In pratica tutte tre, i miei due fratelli e mio cognato, sono scomparsi dalla nostra vita. A me non è mai venuta voglia di farmi una famiglia, perche tra la fuga di mia madre e gli affanni di mia sorella non mi sembrava un granché. Mio padre e io ci siamo accorti che eravamo veramente soli. L'unica famiglia che andava bene era la nostra. E siamo invecchiati insieme. Non esagero, avevamo sempre tante cose da dirci. La pensavamo allo stesso modo sul mondo. Probabilmente non è il posto migliore immaginabile ma, insomma, ci si può anche vivere. Forse sarebbe più giusto dire sopravvivere. Purtroppo, a un certo punto mio padre non ha più potuto lavorare, perché non gli funzionavano più le mani e per un artigiano le mani sono tutto, valgono più della '.està. Mio padre ha cominciato a stare male, sem¬ pre peggio. Cosa succede quando un povero ha una malattia costosa? A mio padre non andava di vivere totalmente alle mie spalle, non solo economicamente, ma anche fisicamente. A giorni mi rimproverava: «Ma perché non te ne sei andato anche tu?». «Mamma mia, quanto sei vecchio», mi rinfacciava. E poi rifletteva su se stesso. «Che vergogna», si diceva. Mi sforzavo di fargli passare quelle brutte idee, e lui fingeva di non pensarci più. D'altra parte, io ero preoccupato, perché l'artigianato non è più un mestiere praticabile. E così, forse, non gli sono stato abbastanza attento. Cosi, dopo la sua morte nel sonno, ho trovato un suo quaderno su cui aveva annotato ogni cosa che aveva fatto per morire Trascurando le medicine che doveva prendere, prendendone altre da cui avrebbe dovuto stare lontano, e buttando via il cibo, già poco, che riuscivo a procurare. Non credo che gli sia servito per morire, i medici hanno detto di no. Ma lo ha illuso di fare ancora qualcosa per testimoniarmi il suo amore: il suo presunto suicidio. Nullo O. Leoni, Cologno

Persone citate: Cologno, Del Buono, Leoni, Valeria De Cubellis

Luoghi citati: Nullo O.