«Poveri noi» Candidati e vittimisti

«Attentato? Non ci credo» IL PALAZZO «Poveri noi» Candidati e vittimisti ora OVERI loro. Silvio Berlusconi, che era così entusiasta di questa merendina sull'erba che è la campagna elettorale, adesso non dorme più e si dice vittima di «repressione politica» e «aggressione da Stato di polizia». Achille Occhetto, che aveva messo su la gioiosa macchina da guerra patisce a periodi alterni le carognate dei media e «la giustizia a orologeria». Mino Martinazzoli, che pure di solito è controllato, s'è lasciato sfuggire che in Italia, «è aperta la caccia al democristiano». Il pattista Michelini s'è imbavagliato contro la stampa e la tv che, come ha potuto verificare negli ultimi giorni, «ottenebrano le coscienze». Più modestamente, ma con la stessa drammaticità di chi soffre un'ingiustizia, l'ex senatore de Lombardi s'è incatenato a un cancello perché escluso dalla lista del ppi. E per la medesima iniquità, ma a sinistra, l'onorevole Rapagnà ha attuato lo sciopero della fame. E vai, allora, con i «vittimissimi», alfieri più o meno consapevoli di un vittimismo ad alta intensità emotiva e propagandistica, vittimismo contagioso e perfino concorrenziale, vittimismo astuto e al tempo stesso sentimentale, elettorale e perciò spesso gratuito e anche piuttosto sospetto. Lo mettono sulle loro insegne piccoli e grandi martiri virtuali di fine regime. Non lo sapevano, loro, che quella politica che hanno bazzicato per tanti anni s'era fatta spietata e sbrigativa. Alla minima difficoltà, adesso, aprono la via al trionfo della doglianza in tutte le sue forme e gradazioni, dalla lamentela a sfondo storico - vedi il pidiessino Correnti che contro i giudici richiama «il Terrore della Francia rivoluzionaria» - alla lagna del candidato Del Noce che denuncia il furto di «scale, secchi e colla» ai danni dei suoi attacchini; dalla protesta vibrante contro i giudici al piagnucolio sui mass media, attraverso tutto un eccesso di altisonante, narcisistica autocommiserazio- ne per cui Sua Emittenza «trangugia l'amaro calice» e Mariotto Segni «si ciba di fiele». E avranno tutti ragione, singolarmente, giacché fino a prova contraria l'opinione dell'avvocato berlusconiano Previti, che ha segnalato un «golpe», è da considerarsi rispettabile e in buona fede quanto quella di Marina Ripa di Meana, che si è trovata a definire l'inchiesta sul suo film Cattive ragazze «una vera e propria caccia alle streghe». Il guaio, piuttosto, è che oltre ad essere assolutamente incompatibili fra loro, questi presunti vittimismi sono talmente tanti, e a tal punto insistenti ed esasperati che alla lunga oscurano le vere vittime e finiscono per illuminare una tecnica di cui si sono impossessati i più tosti fra i politici di ieri, di oggi e di domani. Ecco Craxi, perciò, che s'appella al tribunale dei diritti dell'Uomo. Oppure il missino Buontempo che con l'entusiasmo del neofita, contro la sua stessa cattiva fama invoca l'intervento di Amnesty International o quello di Pannella, veterano e maestro dell'autocompatimento, che a sua volta lancia e rilancia l'allarme sull'esistenza di una congiura «radiotelevisiva e demoscopica» contro la sua lista e la democrazia. E di lagna in piagnisteo, di lamento in compianto, in martirio e in sacrificio viene in testa - per nobile, paradossale contrasto - la figura del senatore Citaristi, l'uomo più distrutto da Tangentopoli che di recente a chi gli chiedeva come stesse ha risposto: «Ho perso 15 chili per una brutta malattia, e non li ho più recuperati. Vivo alla giornata. Con serenità». Filippo Ceccarell elli |

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