«Se è lui, non è più mio figlio» di Marina Cassi
«Se è lui, non è più mio figlio» «Se è lui, non è più mio figlio» In lacrime la mamma del ragazzo fermato Piange la mamma di Antonio Zafonte. Accende una Stop e parla di quel figlio accusato di aver massacrato un uomo. E' lapidaria: «Non ci credo». Ma è sincera quando dice: «Se è lui è giusto che paghi; se è lui, non lo considero più mio figlio». Per lei l'arresto di Antonio è stato un terremoto in una esistenza tranquilla. «Siamo lavoratori, io e mio marito, ci facciamo un mazzo così per tirare avanti con dignità. E le 10 mila lire ai figli non le facciamo mancare mai. Non hanno bisogno di rubare per le sigarette». Lavoro è una parola che ricorre sposso nelle frasi soffocate dalle lacrime. Il padre Giuseppe ha ripreso il lavoro di operaio da un anno, «quando ero in cassa integrazione diventavo matto; come fa un uomo a star lì a far niente?». La mamma: «Antonio un lavoro lo stava cercando, ma dopo il militare non ò più riuscito a trovarne uno. Sognava di tornare a fare il barista». Stacca dalla credenza una foto con il figlio impettito nel gilet nero davanti a un buffet. La casa della famiglia Zafonte è piccola, lustra, ordinata. «An¬ tonio non si è mai vergognato a fare i lavori, sa cucinare, stirare, lavare i pavimenti. Noi lavoriamo tutto il giorno e lui dava una mano». La sua stanza racconta una vita di sportivo, coppe, targhe e medaglie per tornei di judo e calcio, foto di quando era un bambino con i riccioli biondi. «Le sembra la camera di un delinquente? Di un ladro? Di un assassino?» interroga il padre con l'aria smarrita di uno a cui è caduto il mondo in testa. La signora Michelina Zafonte è sorella di Ercole Occhipinti, il tossicomane che sarebbe stato denunciato da Enzo Celiberti dopo una rapina nella farmacia vicina al suo negozio da panettiere. Michelina respinge l'idea che suo figlio possa aver ucciso per «vendicare» lo zio. «Ma no, no. Non erano neppure tanto legati; mio fratello ha più di 30 anni, mio figlio 20. E poi mio fratello dice sempre ai nipoti: "Ragazzi attenti, non fate come me che mi sono rovinato con la droga"». Ci pensa, ci ripensa. Piange: «Ma perché avrebbe dovuto ammazzare una brava persona, che conosceva da sempre, che non aveva fatto male a nes¬ suno, che lavorava come noi?». Difende il figlio e fruga nella memoria alla ricerca di indizi. «La sera del delitto Antonio è tornato appena dopo le sette e mezzo. Vestito come era vestito prima, il solito giubbotto, pantaloni. Non aveva neppure uno sbaffo di sangue». La convinzione dell'innocenza di Antonio la trova nel comportamento del ragazzo. «Non è un killer professionista. Pensa che se avesse massacrato un uomo sarebbe tornato a casa tranquillo e sereno come se niente fosse, avrebbe mangiato, sarebbe uscito con la fidanzata, avrebbe dormito sereno? E' impossibile». Nelle strade vicine alla casa di Antonio e in tutto il quartiere ieri la gente non parlava d'altro. Il parroco don Graziano ricorda il ragazzo «come uno tranquillo, senza comportamenti particolari». Osserva: «Alle Vallette si è rotta l'omertà; la gente ha aiutato i carabinieri. Questo è un bene perché siamo noi, con i nostri comportamenti, che diamo l'immagine di questa zona. L'ambiente lo facciamo noi». Marina Cassi Un'immagine di Antonino Zafonte
Persone citate: Antonino Zafonte, Antonio Zafonte, Enzo Celiberti, Ercole Occhipinti, Michelina Zafonte, Zafonte
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