Pasionarie dell'Est armate di seduzione di Gabriella Bosco

Un libro svela: «Intellettuali, ghiotte e voluttuose, erano agenti sotto le lenzuola» Sartre, Dali, Aragon e le ninfe russe nel primo '900 Pasionarie dell'Est armate di seduzione PARIGI" accusa è esplicita: machiavellismo. Colpisce in bloc-i co un folto gruppo di si U gnore russe non a caso, venute in Francia in era staliniana a fare innamorare i più grandi intellettuali con lo scopo subdolo di conquistarli alla Causa. E' la tesi di un libro curioso fin dal titolo, Les égéries russes (Lattès), scritto da Gonzague Saint Bris e Vladimir Fédorovski, storico della letteratura saggista e romanziere il primo, scrittore e diplomatico russo il secondo (partecipò alla resistenza al putsch dell'agosto '91). Probabilmente Salvador Dali, che inventò la formula nel presentare un giorno la moglie Gala («Voilà mon egèrie russe»), non pensava di aver sposato invece che una ninfa un'arpia. Interessata e calcolatrice. E non avrebbe gradito, probabilmente, l'utilizzazione strumentale delle sue parole contro un elenco di signore che oltre a Gala, peraltro seduttrice anche di Paul Eluard, comprende Olga Khoklova 'colei che sarebbe diventata moglie di Picasso), Elsa Triolet interessata musa di Louis Aragon, Lena Zonina l'amante oltrecortina di Jean-Paul Sartre, Lydia Delectorskaya e Dina Vierny modelle rispettivamente di Matisse e Maillol. Ma anche Marina Tsvetaieva, Anna Akhmatova e persino, con un tocco di raffinatezza quasi geniale, a ulteriore dimostrazione che ninfa egeria è un ruolo e non un attributo, Nijinski e Diaghilev. Certo non donne ma nondimeno muse, nella fattispecie di Jean Cocteau. Il quale in effetti, senza parole di fronte all'irresistibile fascino che emanava dai due uomini, per trarsi d'impaccio lo aggirava: «Se sono misteri che non possiamo capire, fingiamo di esserne gli organizzatori». Nel Preludio i due autori porgono sotto forma di domanda retorica la loro apparente lettura dei fatti. «Chi erano dunque queste egerie russe?» si chiedono Saint Bris e Fédorovski. «Innocenti ispiratedonne di lettere illuminate, voluttuose e ghiotte, forsennate arriviste o ancora spie, Mata-Hari russe, cantatrici dell'Orchestra Rossa, agenti sotto le lenzuola la cui mis- sione era di manipolare eminenti intellettuali francesi fino a trasformarli in compagni di strada?». E promettono rivelazioni scottanti: «Fondato sugli archivi recentemente aperti nella nuova Russia [il libro] beneficia di documenti eccezionali, corrispondenze inedite, rapporti di polizia». E' spessa la veste di sospetto di cui i due autori rivestono le loro «ninfe». E' però nient'altro che uno specchio per le allodole, un modo sottile per catturare provocatoriamente l'attenzione. Leggendo il libro si scopre infatti che in realtà solo per una delle donne ritratte il presupposto regge, Elsa Triolet. Negli altri casi sono semplicemente storie d'amore, quelle raccontate. In certe parti davvero inedite e spesso anche commoventi. Ad esempio l'incontro di Gala nel sanatorio svizzero di Clavadel con Eugène Emile Paul Grindel, il futuro Paul Eluard. Ragazzini entrambi, lui non ha che 17 anni, vivono un amore che è un bocciolo di rosa. Si fanno riprendere in fotografia tra la neve, travestiti da Pierrot e Pierrette. Lei già si definisce «così stupida da esserne fiera», lui è rapito dal mento volitivo di lei che gli ri¬ corda quello di sua madre. Ma il dettaglio più bello è l'epilogo. Molti anni dopo - Gala è ormai da tempo, cinquantenne, l'egèrie russe di Dali - viene a sapere che Eluard è malatissimo, morente. Va a trovarlo e gli dice: «Vorrei tanto darti ancora un istante di felicità». E con un gesto fugace ma deciso si apre il corsetto per mostrargli i suoi seni, ancora perfetti. A Dali avrebbe offerto in circostanza analoga la schiena, alla cui vista su una spiaggia lui era rimasto folgorato e che da quel giorno egli aveva chiamato «écran du désir», schermo del desiderio. Più prosaico ma divertente l'episodio romano dell'allegro trio composto da Max Ernst, Paul Eluard e Gala, smaniosi di coinvolgere un quarto nella loro tresca erotica: per meriti artistici, Giorgio de Chirico. Il quale, spaventato, li mise bellamente fuori della porta. Quanto alla sola vera imputata, Elsa Triolet, che Gonzague Saint Bris e Vladimir Fédorovski coprono indistintamente di meriti e demeriti, vale la pena di evocare il modo scelto per presentarsi ad Aragon. 1928, una sera a Parigi. E' in corso, in un appartamento pri¬ vato, una festa data in onore di Majakovskij (che, detto per inciso, i due autori sospettano esser stato amante della medesima Elsa, prima che - come è noto - della sorella di lei Lili Brik moglie di un tristemente scrupoloso agente dei servizi sovietici e a sua volta informatrice). L'atmosfera è calda. Da un grammofono escono note di musica jazz, paradossalmente americana a contrastare forse il languore della nostalgia russa. Aragon si alza e va a inquadrarsi controluce nel contorno di una finestra. Elsa gli si dirige contro, spinge senza pudore tutto il proprio corpo su quello di lui e gli incolla le labbra sulle labbra. Un bacio lungo e agitato. Testimone cinico, involontario voyeur seduto a pochi passi, era André Thirion. In Rivoluzionarie senza rivoluzione evocò lui per primo l'episodio, caustico: «Elsa aveva ottenuto ciò che voleva». Che potesse aver agito mossa da un impulso di desiderio, neppure è ritenuto contemplabile. E nell'evoluzione della vicenda di coppia Triolet-Aragon, una volta fattisi entrambi «agenti di influenza» per l'Internazionale, accaniti recluta¬ toli di intellettuali francesi in sostegno a Stalin, la responsabilità attiva è tutta addossata alla donna, che Saint Bris e Fédorovski tratteggiano come «un'indemoniata alla Dostoevskij». Ben prima dell'invasione di Praga da parte delle truppe sovietiche, sin dalla fine degli Anni 40, la drammatica denuncia di Rravtchenko - dicono i due autori - Aragon avrebbe coltivato germi di autodisinganno sulla verità dei crimini staliniani. Se solo Elsa glielo avesse permesso: «Ma l'egeria russa mise a tacere i dubbi di Louis». Addirittura lo costrinse a dormire una macabra notte nel letto di morte del suicida Majakovskij perché raccogliesse la fiaccola della rivoluzione. Lui non potè non raccogliere. La bomba annunciata del libro è poi il carteggio inedito tra JeanPaul Sartre e «madame Z...», la dedicataria de Les mots, owerossia Lena Zonina, l'assistente di Ilya Ehrenburg. Una bomba però la cui miccia si bagna e non scoppia. Dopo lunga descrizione, lettere anche di 40 pagine (perché Sartre dovendo aspettare l'occasione di un passeur aggiungeva foglio a foglio fino al momento buono), lodi per la comprensiva Simone De Beauvoir che sapeva e taceva, eccetera, nulla o quasi è fornito in concreto del materiale in questione. Resta impresso l'atteggiamento di lui che allaccia un sandalo a lei, da inginocchiato. Se non si specifica quanto Lena contribuì all'obnubilamento di Sartre, si dice però chiaro che non fece di certo nulla per aprirgli gli occhi. Gabriella Bosco Un libro svela: «Intellettuali, ghiotte e voluttuose, erano agenti sotto le lenzuola» Un libro svela:ghiotte e voluterano agenti s Sopra: Pablo Picasso e, accanto, Sartre. Nella foto grande: Dali con Gala. A sinistra: Aragon con Elsa Triolet

Luoghi citati: Francia, Gonzague Saint Bris, Parigi, Praga, Russia