Io sacrificato a Venezia di Marco Neirotti

POLEMICA. La Biennale «boccia» Bonito Oliva, il critico accusa POLEMICA. La Biennale «boccia» Bonito Oliva, il critico accusa Io, sacrificato a Venezia «Dietro le nomine, accordi politici» E VENEZIA così, alla fino, il consiglio direttivo della Biennale, riunito a Ca' Giustiniani, ha deciso: grazie e addio, Achille Bonito Oliva; benvenuto Gerard Regnier, meglio noto come Jean Clair, direttore del Museo Picasso di Parigi. Cambio della guardia alla direzione delle Arti visive. Il sindaco Massimo Cacciari parlava di «linea internazionale»? Ebbene, su cinque sezioni, tre responsabili sono stranieri. Ma come criterio di «internazionalità» a Achille Bonito Oliva questo non sta affatto bene, benché egli non neghi parole di stima per il collega francese. Scusi, Bonito Oliva, secondo lei Clair è un successore o un usurpatore? «E' uno storico di grande valore. Dunque di fatto si tratta di una buona scelta. La quale scelta, però, dimostra chiaramente che, una volta deciso di non confermare me, erano senza alternative internazionali sul contemporaneo...». Dunque decisione a priori? «E' evidente. Si ò fatta una scelta rassicurante per di più sotto il manto del Museo Picasso. Si è lavorato per una riappacificazione». Che tipo di riappacificazione? «Lei ricorda la battaglia elettorale, a Venezia, tra Massimo Cacciari e il leghista Aldo Mariconda? Ebbene, Mariconda chiese pubblicamente che io non fossi riconfermato. Poi, in questi giorni leggo su La Nuova Venezia che l'assessore alla Cultura, Gianfranco Mossetto, vuole far spazio a direttori internazionali. E l'unico internazionale degli uscenti sono io. Che cosa se ne deduce? Che sotto il manto del Museo si accontentano questi e quelli, si fa pace». Immolato da Cacciari sull'altare della Lega? «Io dico che il Comune ha usato uno strumento, cioè queste nomine, per riappacificare la città. Ma la Biennale deve essere un'altra cosa: un ente culturale che produce dibattito, così come ho fatto io. In Italia, invece, alcune volte,, si riduce tutto à polemiche meschine. E queste hanno creato un inquinamento intorno alla Biennale». Lei che cosa ritiene di lasciare a Venezia e alla manifestazione? «Che cosa? 287.000 visitatori, per esempio, la Biennale più affollata dal 1978 in avanti. Un aumento del turismo del 5 per cento nel periodo della manifestazione. Un catalogo in due volumi, con un'appendice inglese, vidcocataloghi italiani e inglesi, una scuola per giovani curatori di museo. E una impostazione multimediale, una buona integrazione con la città. Il tutto spendendo due miliardi in meno rispetto al 1986». Ma, allora, perché le critiche e la mancata riconferma? «Chi è che critica? Chi fa le manifestazioni a tavolino, con le date di nascita e di morte degli artisti, oppure gli artisti esclusi o, forse, qualcuno incluso e non premiato». Marco Neirotti Un'immagine dell'ultima Biennale di Venezia «Il Comune ha voluto la pace con la Lega. Ma per sostituirmi ha dovuto cercare uno storico»

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