«Mettete gli atleti al muro», ordine di Mussolini

«Mettete gli atleti al muro», ordine di Mussolini In mostra a Ferrara i cartelloni pubblicitari che hanno trasformato l'Italia in un popolo di tifosi Lo sport nei manifesti, da passatempo d'elite a cavallo di battaglia fascista TJPfj FERRARA M ON c'è sudore, non strabor- ■ dano muscoli dalle divise ■ eleganti di questi atleti d'i" I nizio Novecento. La fatica della competizione sembra appannaggio femminile: perché eleganza è la parola d'ordine. Tutt'intorno si respira un'atmosfera da café chantant e da avanspettacolo. Lo sport di massa, quello che mobilità la nazione, è lontano: si divertono alti borghesi, vecchi e nuovi nobili; il gesto è sempre misurato e il maschio spogliato di ogni virilità, in ottemperanza alle norme morali vigenti. Impegnati nella celebrazione dell'eleganza casual d'inizio secolo sono i grandi cartellonisti dell'epoca: Bompard, Codognato, Dudovich, Mazza o Metlicoviz. Veste all'inglese, l'italietta sportiva che si affaccia attraverso i primi manifesti esposti da ieri a Ferrara al Museo dell'illustrazione. La mostra è stata curata da Paola Pallottino e Erik Balzaretti - in occasione di Corritalia '94 - che hanno selezionato tra migliaia di cartelloni, riviste, cartoline e fumetti stampati dalla fine dell'Ottocento fino agli Anni Sessanta. E' la storia d'Italia che passa tra questi colori: l'evoluzione sociale, culturale ed artistica del Paese. «Ma clou dell'esposizione sono gli Anni Trenta», spiega Paola Pallottino, l'epoca in cui Mussolini trasforma sport e manifesti in strumento politico, in macchina per la costruzione del consenso. Non più donne che ammiccano ad auto in corsa, sport per ricchi, o signori con il monocolo che ostentano completini al posto dei muscoli, ma la competizione che significa «riscossa», la forza che intimorisce il nemico riaffermando una supe- riorità tutta antico-romana. E' curioso il confronto tra il calciatore asciutto, con il volto un po' rugoso, visto da Golia nel ' 14 e i calciatori di Boccasile ('34) che sprizzano forza dalla mascella volitiva. «Non deve comunque ingannare l'origine proletaria di molti campioni del ciclismo e del calcio nei primi anni del secolo - spiega Paola Pallottino -, perché erano destinati a diventare campioni, e non sempre, solo i poveri eccezionalmente dotati». Detto questo, resta comunque intatta una delle magie fiabesche della disciplina che emancipa dalla fame e dai campi. E saranno proprio i fumetti e i rotocalchi a farne, in epoca fascista, il sogno di ragazzi senza arte né parte. Il grande salto nella comunicazione sportiva è segnato dalla Prima guerra mondiale: il gusto artistico sta cambiando proprio mentre «lo sport si appresta a diventare consuetudine popolare, preparandosi ad uscire dai cartelloni e dalle cartoline commerciali per approdare alle copertine dei periodici più popolari alla moda della Domenica del Corriere, spiega Balzaretti. Gli artisti del primo dopoguerra raccolgono l'eredità del Déco, contaminandola però con il nuovo, irruente movimento futurista. Tra le principali raccolte di immagini spiccano, per la loro forza espressiva, le tavole realizzate da Mario Si- roni per La Rivista illustrata del Popolo d'Italia a partire dal '24. «In un drammatico bianco/nero riescono a sintetizzare le caratteristiche antropologiche di ciascuna specialità: dall'hockey al motociclismo», spiega Paola Pallottino. Il fascismo fa dell'atleta una scultura classica, il suo corpo è la manifestazione per eccellenza della bellezza che non si può scindere dalla forza. E per questo serve l'uomo. Alla figura femminile si ritaglia, quindi, un ruolo promozionale, ma ancora per poco, «perché la donna fascista è anche atleta ma soprattutto madre e sposa», commenta Balzaretti. Gli Anni Trenta sono anche quelli della nascita e proliferazione di pubblicazioni - periodici, almanacchi, strenne occasionali - dedicate allo sport. E dei fumetti. Nelle strisce, i personaggi di Pietro Pietra, Nobiloni e il conte Pressa ( 1920-21 ), che si sfidano in elitarie gare sul Conierino, lasciano spazio ai Signorsì e Signornò di Attilio Mussino sul Balilla. Anche la pubblicità dei prodotti prende a prestito le discipline sportive. La più famosa, forse, è quella che ritrae Camera (Anni Trenta) vinto da una macchina per cucire: «Solo la Necchi mi resiste». Sarà la Seconda guerra mondiale a «sopire tragicamente gli ardori delle prime generazioni di illustratori - dice Balzaretti -. E la nuova ondata stenla ancora oggi ad emergere». Nonostante lo sport, negli negli Anni Cinquanta e Sessanta, rafforzi il suo molo di «coagulante sociale», offrendo un'immagine di salute e benessere a contrasto con gli orrori della guerra, l'immaginario sportivo, nelle mani dei pubblicitari di professione, non riesce ad esprimerei come arte. Ma questa non è soltanto la sorte del cartellone sportivo. Altre forme, negli anni a venire, si dimostreranno più adatte alla cultura di massa: con la diretta, la fantasia perde d'importanza. Pier Luigi Vercesi II mitico Camera «vinto» da una macchina per cucire Necchi. A sinistra un cartellone di Bernardini realizzato negli Anni Venti «Mettete gli atleti al muro», ordine di Mussolini In quei colori il sogno dei poveri di diventare star

Luoghi citati: Ferrara, Italia