Prova generale del domani di Mario Ciriello

Prova generale del domani Prova generale del domani II terrore e le speranze della tribù bianca LA BATTAGLIA DI MMABATHO TLONDRA ERRORE, furia e ferocia, ma anche giubilo e speranza: questi i sentimenti esplosi nelle ultime ore in quella terra dal nome impronunciabile, Bophuthatswana, la homeland nera rivelatasi un microcosmo dell'intero Sud Africa. E' infatti lo stesso ardente miscuglio di passioni che infiamma questa lunga, lunghissima vigilia elettorale. Cosa avverrà dopo il 27-28 aprile, dopo la prima votazione multirazziale, dopo la già prevista ascesa di Nelson Mandela a Presidente del Sud Africa? Quale futuro attende questa nazione tormentata dagli odi e dalle paure delle sue tribù bianche e nere? Sono tutti giustificati e legittimi, i pessimismi più tetri e gli ottimismi più luminosi. Come la Russia, così il Sud Africa, due pianeti alla disperata ricerca di una nuova orbita. E' una pioggia incessante, crescente, difatti, quella che martella la scena africana, omicidi, massacri, sfide tribali, minacce brutali, tensioni tremende: e allo stesso tempo i robusti e coraggiosi progressi foggiati da due fabbri d'eccezione, F. W. de Klerk e Nelson Mandela, la cui opera è stata giustamente onorata con un Nobel per la pace. De Klerk, il titano che ha convinto la minoranza bianca sia a ripudiare l'apartheid sia ad abbandonare la sua impe- riale e imperiosa signoria politica, non ha versato una lacrima ieri sull'uccisione a freddo degli estremisti afrikaner nel Bophuthatswana. Ha subito dichiarato anzi: «Abbiamo assistito a un grande successo. La sorte di quella Ala Destra dimostra la follia degli eserciti privati». E' dunque un quadro assai difficile da dipingere, quello sudafricano. Leggiamo l'intervista di una signora afrikaner ad un giornale americano. Ha 46 anni René Van Wyk, la sua nascita coincise con quella dell'apartheid; e ora dice: «Fu un errore, fu un'ingiustizia, l'apartheid, adesso lo capisco, ma vivo nell'angoscia. L'idea di un governo nero al potere mi atterrisce. Noi afrikaner siamo oggi come gli ebrei prima dell'Olocausto. Anch'essi speravano che le loro paure si rivelassero infondate, ma non avvenne, e il mondo intero non alzò un dito per salvarli». E' un raffronto assurdo, nessun afrikaner teme lo sterminio. Ma le parole della signora, sposata con figli, confermano la precisione di chi, in passato, descrisse gli afrikaner come «il popolo più solo al mondo». Solo, perché a differenza degli altri europei nel Terzo Mondo, non ha più legami con la terra d'origine. E' la tribù bianca in Sud Africa. Il 7 aprile 1652, un medico olandese, Ian Van Riebeck, toccò terra dove sorge ora Città del Capo e vi fondo il primo «settlement» europeo. Fu chiaro fin dall'inizio che questi «settlers» avevano caratteristiche particolari, misero subito radici profondissime, divennero, per citare un loro detto, «zolle e rocce nel terreno», accettarono, senza mai piegarsi, le sfide degli inglesi e delle grandi tribù, gli zulù, i sotho, i xhosa, gli tswana. Purtroppo, gli afrikaner, che degli olandesi e dei boeri erano gli eredi, incarnarono fin dall'inizio quei princìpi di superiorità razziale che hanno insanguinato l'Europa. Nel 1948, quando concepirono l'apartheid, codificarono 300 anni di dominio bianco: e, con le nuove leggi, repressive e brutali, accrebbero il loro isolamento. Un giornale ha intervistato 18 afrikaner dell'alta borghesia urbana di Johannesburg, medici, avvocati, funzionari dello Stato, commercianti e industriali, una rappresentanza di coloro che dell'apartheid beneficiarono. Le loro previsioni per il futuro rivelano dubbi e ansie. I più hanno una visione apocalittica. Tutte le «conquiste» bianche si sgretoleranno; gli zulù scenderanno in campo contro gli xhosa; gli estremisti bianchi ricorreranno al terrorismo; e un governo nero socialista demolirà l'economia. Altri affermano che questo tenebroso scenario è possibile, ma improbabile; alcuni, ma sono pochissimi, sostengono che bianchi e neri impareranno forse a lavorare insieme e che questa collaborazione permetterà al Sud Africa di avanzare verso nuovi e brillanti traguardi. Dicono che de Klerk è un ottimista: deve esserlo, per aver fatto ciò che ha fatto. Oggi come oggi, la sua fiducia è sempre giustificata. La destra bianca-neonazista è uscita sconfitta dalla battaglia per il Bophuthatswana, i barbuti uomini dell'«Awb», il movimento di resistenza afrikaner, si sono rivelati dei guerrieri da strapazzo. I collaboratori di de Klerk commentavano ieri sera: «Finalmente si è visto cosa c'è dietro tutte quelle svastiche, quelle sinistre parate, quei volti minacciosi. Non c'è quasi nulla». Non è certo la fine del neonazismo sudafricano, ma oggi le sue legioni, capitanate dal reboante Eugene Terre-Bianche, sembrano marciare ingloriosamente sul viale del tramonto. Ma c'è anche una destra bianca che, senza arrivare alle spavalderie neonaziste, può turbare l'avvento di un Sud Africa multirazziale. Questi falchi sono già alleati, paradossalmente, con r«Inkatha Freedom Party», un movimento in prevalenza zulù, che avversa la nuova Costituzione e ha deciso di non partecipare alle elezioni. Cercheranno l'Inkatha e questi gruppi di destra di sabotare la campagna elettorale con azioni aggressive e sanguinarie? Persisteranno nella loro ostilità anche dopo il voto? Vero è che l'inkatha ha perso e continua a perdere seguaci, ma proprio perché più debole è divenuta più bellicosa, più furibonda. Fra un anno forse, questi incubi non saranno che ricordi, il Sud Africa guidato da un governo multicolore avrà trovato la sua corretta orbita. Il mondo intero lo spera; una volta sanate le sue molte pieghe, questo bellissimo Paese può avere un magnifico futuro. Dovrà prima eliminare la tragica povertà che lo confina tuttora tra le misere terre del Terzo Mondo; dovrà tendere una mano amica alle masse nere calpestate da decenni; dovrà concepire audaci strategie sociali ed economiche. Le ricchezze non mancano, quelle minerarie sono immense, ma dovranno essere gestite con novella saggezza, in un clima politico che, per ora almeno, è inevitabilmente sfumato. Non sarà un viaggio facile, ma Mandela e de Klerk si sono dimostrati piloti straordinari, hanno affrontato e superato maelstrom e uragani, Scilla e Cariddi. Mario Ciriello «Oggi noi afrikaner siamo come gli ebrei in Europa prima dell'Olocausto: speriamo che le nostre paure si rivelino infondate» Scene di saccheggio a Mmabatho la capitale del Bophuthatswana Sotto: Mangosuthu Buthelezi leader del partito zulù Inkhata

Persone citate: Cariddi, De Klerk, Eugene Terre-bianche, Freedom, Mangosuthu Buthelezi, Nelson Mandela, René Van Wyk