«A vedere il film di Spielberg bisognerebbe portare i naziskin»
«A vedere il film di Spielberg bisognerebbe portare i naziskin» «A vedere il film di Spielberg bisognerebbe portare i naziskin» Spielberg ha i suoi patiti, quelli che andrebbero a vedere anche un fumetto firmato da lui. Poi ci sono gli altri, quelli che ricordano, quelli che non hanno memoria perché sono nati ieri ma vogliono sapere, quelli che cercano nelle immagini di Schindler's List una risposta ai loro dubbi di lettori di storia, di cultori di cronaca, che stentano a decifrare il silenzio delle tenebre calato a mortificare la coscienza degli uomini. «Cerco di capire come il regista ha reso quello che definerei nella storia del mondo il silenzio di Dio», dice addirittura Franco Gallone in attesa del secondo turno dello spettacolo al cinema Arlecchino. Ore 17,40, escono i primi spettatori. Sono poche decine, ancor meno hanno chiesto il biglietto per assistere alla successiva proiezione. Il pomeriggio non affolla le sale cinematografiche. Quelli che hanno visto .sono commossi. Due signore, cattoliche: «Serve a ricordare». Luigi Pietroantonio: «Ho conosciuto Primo Levi, questo film mi ha fatto capire meglio l'angoscia dello scrittore». La moglie accende una sigaretta, non commenta, ha gli occhi arrossati. Due ragazze, Simona Bazzano e Simona Bettin: «Propio bello, aiuta a comprendere che la tolleranza è un bene». Giorgio Battaglia sta entrando: «Sono scampato al lager di Dachau, ce l'ho fatta perché non ero ebreo ma prigioniero di guerra. Voglio capire se il regista ha raccontato come stavano le cose». Un gruppo di giovani, un disoccupato, un tecnico in effetti speciali, una psicologa, alcuni amici, tutti cinefili. Frasi si intrecciano. «Spielberg è un genio», «Molto bello», «Bisognerebbe portarci i naziskin», «Dobrebbero rifletterci in molti», «Ti vergogni di sapere che sono accadute certe cose», «Ogni Una scena di Schindler's List Uno spettatore: «Il regista rende bene quello che nella storia del mondo definirei il silenzio di Dio» morte è il funerale che celebra sei milioni di vittime», «Pazzesco», «Abbiamo studiato a scuola, ma vedere queste immagini è diverso», «I! film non indulge al pietismo e questo va ascritto a merito del regista». Antonio, architetto, ebreo non vuole dire il cognome, è in compagnia dell'avvocato Claudio Polidori («Ogni quindici giorni ci ritagliamo una pausa per vedere un film»). Sono quarantenni, con loro c'è anche
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