Supercordata per l'Ilva

E al ministero si tratta no-stop per gli 11 mila «esuberi» E al ministero si tratta no-stop per gli 11 mila «esuberi» Supercordata per l'Uva Marcegaglia e Falck contro Lucchini MILANO. Sarebbe di 2500 miliardi la somma che Tiri vorrebbe ricavare dalla cessione dell'Uva Laminati Piani, che comprendo gli stabilimenti di Taranto e di Novi Ligure. Lo ha detto Steno Marcegaglia, precisando che, di questa somma, 1300 miliardi sarebbero i debiti da accollarsi. L'occasione è stata la costituzione, e quindi la presentazione di una delle due cordate in corsa per l'acciaio di Stato (l'altra è costituita da Luigi Lucchini, per ora da solo), della quale fanno parte, oltre a Marcegaglia, la Falck, il gruppo siderurgico che fa capo ad Alessandro Abate, la Tarnofin (che comprende sessanta tra medie e piccole imprese di Taranto e Novi Ligure, fra cui quelle di Carlo Lavezzari), e l'americano William Miller (ex presidente del gruppo Textron, già governatore della Fed ed esperto di ristrutturazioni), che qui esercita la funzione di consulente e di garante di possibili finanziatori esteri. Ma perché l'Uva? «Perché - ha spiegato Miller - oggi non sarebbe più possible nel mondo ricostruire un impianto come quello di Taranto, e pensare di essere competitivi. Costerebbe troppo. Mentre Taranto, che già oggi è in attivo, è un asset di prima classe. Con un piano di investimenti quinquennale, sarà possibile renderlo di nuovo molto competitivo e molto redditizio». «La nostra è una cordata italianissima, con finanziatori esteri. Ma la gestione sarà in mani italiane» ha aggiunto a sua volta Marcegaglia, sottolineando: «Noi produttori siamo interessati a che Taranto vada avanti e vada bene, non per avere sconti, ma per avere garantiti i rifornimenti di coils». Poi, con piccolissima vena polemica: «Con Lucchini c'è Usinor, che è francese, e forse farebbe, legitti- che assicuri all'impianto di Taranto un futuro competitivo e in buona salute?». Sul nodo occupazione, Marcegaglia lascia capire che il ministro Giugni sta trattando. Non esistono dati sicuri, ma è possibile che, prima della cessione, l'accordo con i sindacati sancisca una riduzione da 17.000 a 11.000 dipendenti a Taranto, dal momento che Novi Ligure «è già un gioiello». A sua volta, il presidente di Tarnofin Alessandro Abate racconta che gli industriali tarantini si sono attivati, nel timore che Taranto potesse finire smantellato. Con l'aumento di capitale da uno a 100 miliardi, è possibile che altri imprenditori si uniscano a Tarnofin. Mentre Alessandro Abate presenta il suo gruppo siderurgico «specializzato in prodotti innovativi», quattro stabilimenti nel Mezzogiorno, 700 miliardi di fatturato. Per quanto riguarda la Falck, il gruppo milanese, secondo indiscrezioni, avrebbe due buoni motivi di interesse per Taranto: apportare nella cordata la promessa di smantellare 500 mila tonnellate della sua produzione a favore della quota Taranto, e magari di rilevare dall'Uva qualche società elettrica da unire al portafoglio Sondel.Oltre che per Taranto, Marcegaglia ha confermato di essere in corsa anche per Terni, dove le cordate in lizza sono ben quattro. Oltre la sua, ci sono Krupp, Usinor e Falck-Algarini-Riva. E da ieri sera al ministero del Lavoro è partita la trattativa nostop sul piano di ristrutturazione 1994-96. Sindacati e ministero hanno già individuato una pre-intesa per gli 11 mila esuberi. A Taranto le eccedenze già individuate sono 2.950. «Chi compra l'Uva- dicono i sindacati- compra anche gli accordi sindacali, a partire da questo», [v. s,] L'industriale siderurgico mantovano Steno Marcegaglia ITALGAS