Tex piange papà Galep

Tex piange papà Galep Tex piange papà Galep Per creare ipersonaggi si specchiava tbtION lasciatevi ingannare ft dal paesaggio crepusco- ■ lare. Quello di Galep non ■ è un addio, ma un arrivei ■ I derni » All'uscita del numero 400 di Tex, il mese scorso, Sergio Bonelli salutava così dopo 46 anni - il cambio della guardia alle matite del personaggio. Questa volta, l'editore più noto del fumetto italiano non potrà mantenere la promessa: Aurelio Galleppini, il disegnatore con cui suo padre Gianluigi aveva iniziato nel 1948 la più lunga saga del fumetto italiano, è morto ieri nella sua casa di Chiavari. Aveva 76 anni. Lascia la moglie, due figli, un nipotino e una storia incompiuta: quella che Sergio Bonelli avrebbe voluto pubblicare in uno dei prossimi numeri e che la malattia non gli ha lasciato il tempo di finire. «Aveva ancora voglia di lavorare - racconta Bonelli -. Così tanta da convincermi a riprendere voluto. Aveva una lesione agli occhi, dolori alla schiena. E le uniche cose che raccontava erano le sue difficoltà a rendere le prospettive e a tenere in mano il pennello...». Alla Bonelli, che allora si chiamava ancora Editrice Audace, Galep era arrivato nel 1948, dopo una lunga collaborazione con Mondadori, Nerbini, e l'Intrepido della casa editrice Universo. Chiamato apposta per il western, prima per Occhio cupo, un vecchio albo avviato alla chiusura, poi per un nuovo personaggio che avrebbe dovuto chiamarsi Tex Killer. «Dati i pregiudizi esistenti contro i fumetti - raccontava nell'autobiografia - il cognome fu cambiato in Willer poco prima che si andasse in stampa». Per il volto del personaggio, Galleppini scelse due modelli: Gary Cooper e se stesso. «A quei tempi ero magro, e per disegnare certe espressioni mi guardavo nello specchietto che tengo sempre sulla scrivania. Ed ecco che Tex prese involontariamente i miei connotati». Un metodo artigianale, che si rifletteva anche nella scelta dei paesaggi. Nato nel 1917 a Casal di Pari, un paese della Maremma, Galep aveva seguito i genitori in Sardegna, i cui ambienti rocciosi hanno fatto da modello alle sue montagne «americane», che a volte assomigliano al Gennargentu, a volte all'Alto Adige. «Le Dolomiti raccontava - ricordano i canyon. E poi potevo disegnarle dal vero. Perciò sono diventate la meta preferita delle mie vacanze: traccio schizzi di roccioni, piante, rustici, animali. Molti di questi elementi sono finiti nelle tavole di Tex». Questo era Galep, «il Michelangelo del fumetto», come lo ha definito ieri Sergio Bonelli. Un disegnatore dal tratto istintivo e immediato, apprezzato anche da colleghi con uno stile agli antipodi rispetto al suo. «Era un artista molto attento dice Hugo Pratt -. Eravamo diversi: io sono un espressionista, lui era un disegnatore di linea, però ha fatto sognare tre generazioni di italiani. Mi ricordo che negli Anni Settanta, con Galleppini e Manara, abbiamo incontrato gli studenti all'università di Roma. Gli applausi erano tutti per lui...». Anche Roberto Raviola, uno dei più affermati autori italiani (Kriminal, Alan Ford, Necron), è commosso. Da alcuni anni sta lavorando a un numero speciale di Tex: «Ero sbalordito dalla sua rapidità - ricorda -. Non l'ho mai conosciuto di persona, ma avrei voluto incontrarlo per inginocchiarmi e baciargli la mano. Vuol dire che ci incontreremo più avanti. Per adesso, dalle Giubbe rosse del Nord al deserto di Yuma, si piange». in mano la penna per scrivere un soggetto. Mi aveva già consegnato un centinaio di tavole». Il padre di Tex era un uomo schivo. A fine aprile avrebbe dovuto essere il protagonista di una manifestazione in suo onore a Lugano, e gli organizzatori avevano dovuto faticare non poco per convincerlo ad accettare. Qualche anno fa aveva pubblicato un'autobiografia (L'arte dell'avventura, Ikon Editrice). Quasi ad ogni capitolo chiedeva scusa per il «peccato di presunzione». «La mia intenzione - ripeteva - non è stata quella di insegnare ad alcuno come deve fare, ma solo di esporre con sincerità come ho fatto io...». Eppure Galep era un grandissimo, uno dei maestri del fumetto, non soltanto italiano. «Viveva per il disegno - ricorda Bonelli -. Era malato, ma si lamentava solo perché non riusciva più a lavorare come avrebbe Guido Tibcrga A

Luoghi citati: Chiavari, Lugano, Roma, Sardegna