Pronte le manette per altri giudici

| Napoli, gli avvocati contro il procuratore Cordova: usa due pesi e due misure | Napoli, gli avvocati contro il procuratore Cordova: usa due pesi e due misure Pronte le manette per diri giudici Si allarga l'inchiesta sulle collusioni | NAPOLI. E ora sono gli avvocati a scendere in campo con un documento che si serve dell'arma dell'ironia per accusare la procura di Napoli di avere usato due pesi e due misure. Travolti dalla bufera che ha portato in carcere due giudici e fatto scoppiare il «caso» del p.m. Arcibaldo Miller, i magistrati hanno deciso di allinearsi sulla posizione del procuratore. Almeno ufficialmente, sostengono Agostino Cordova che ha ribadito la fiducia al suo sostituto del pool Mani Pulite, raggiunto lunedì da un avviso di garanzia nell'inchiesta sulle rivelazioni del pentito Pasquale Galasso. Ma i difensori, riuniti nella camera IL VILLAGGIO DELLO SCANDALO POSITANO DAL NOSTRO INVIATO Quella mattina dell'agosto del 1991 il custode Andrea Chierchia stava mettendo particolare cura nel preparare i letti per i futuri ospiti dell'appartamento 5 palazzina 5 al residence Parco dei Fiori di Positano. «Gente che conta», gli aveva detto la voce al telefono, preannunciando il loro arrivo. Ora la stessa voce gli stava impartendo una nuova raccomandazione: «E di questi signori, poi, dovrai dimenticarti l'esistenza». Il custode Chierchia chinò il capo davanti a don Antonio Malvento, come si conveniva e rispose, dando un'ultima rassettata: «Sissignore». Seppure «dopo molte reticenze», è annotato negli atti giudiziari, ha poi finito per disobbedire e ai magistrati di Salerno che lo interrogavano ha infine raccontato che gli ospiti del boss per quella vacanza erano l'avvocato Dino Bargi e il giudice della Procura napoletana Armando Cono Lancuba, aggiungendo, come verbalizzato a pagina 22 dell'ordinanza di custodia cautelare per gli inquilini di quel maledetto ferragosto, che il magistrato «in compagnia della moglie, per specifica volontà del Malvento venne ospitato nell'appartamento più bello del Parco, quello numero 5 della palazzina 5, solitamente occupato da Rosa Romano, amante del Malvento». Buone vacanze e benvenuti al residence dei fantasmi. Non è certo un posto tetro, il villaggio turistico Parco dei Fiori, con le sue cinque casette rosa e gialle incastonate nella roccia che fa da corona al golfo, ma ospita più spettri che villeggianti. Il boss è morto ammazzato, il suo compare è finito in cella da tempo, e con lui, da qualche giorno, anche due giudici sospettati di collusione con il più potente clan camorrista napoletano. Il custode Chierchia è stato sostituito, l'appartamento 5 palazzina 5 ristrutturato. Hanno cambiato perfino i pavimenti, non si sa mai, potrebbero raccontare qualcosa anche quelli, seppur «dopo molte reticenze». Restano i fantasmi, che viaggiano a coppie. La prima coppia di spettri è quella dei vecchi proprietari del Parco dei Fiori: «O' Avvocato e l'avvocato». 0' Avvocato è don Antonio Malvento. Con questo soprannome si riferiscono a lui, in una serie di telefonate intercettate, legali e imprenditori che gli hanno consentito di impadronirsi a un terzo del valore di mercato (cinque miliardi contro quindici) del residence dei fantasmi. Nei dialoghi rubati parlano di lui con «grande timore». E non a torto. O' Avvocato, che pure ha l'aspetto di un tranquillo elettricista, era in realtà il ras di Cancello Arnone e manovrava le potenti leve finanziarie del superboss Cannine Alfieri, capo riconosciuto della Fratellanza napoletana. Ha avuto collegamenti con i Bardellino e amicizie che contano a livello locale. Negli atti giudiziari si legge che «affermava di essere amico dell'onorevole Enzo Scotti, mentre disistimava l'onorevole Cirino Pomicino, a suo dire troppo famelico/). Tanto per capire: O' Avvocato gestiva miliardi per conto della camorra, era intimo di quel- penale e nel sindacato forense, non ci stanno. Loro, gli avvocati «si compiacciono dell'esemplare correttezza con cui il procuratore Cordova e tutti i suoi sostituti hanno invertito la tendenza precedente e finalmente applicato i principi della presunzione costituzionale di non colpevolezza e dell'obbligatorietà del riserbo istruttorio». E ai giudici «rammentano le decine e decine di cittadini comuni la cui esistenza, sino a prima onorata, si è consentito nella generale indifferenza fosse letteralmente distrutta a causa dell'interpretazione fuorviente dell'istituto dell'avviso di garanzia da parte dei mezzi d'informazione e degli altri numerosi strumentalizzatori della pubblica opinione». La polemica è più che esplicita: per Miller, dicono gli avvocati, ci si appella alla cautela; per gli altri, quelli finiti nella rete di Tangentopoli, non si è fatto altrettanto. Ma i rancori che covano nel vecchio Palazzo di Giustizia potrebbero presto passare in secondo piano. Sviluppi dell'inchiesta sarebbero imminenti: si parla sempre più insistentemente di richieste di arresto già pronte e questa volta nel mirino ci sarebbero proprio alcuni magistrati in servizio in passato nel distretto di Salerno. Nel frattempo, l'indagine va avanti. Dopo l'interrogatorio-fiume del procuratore di Melfi ed ex p.m. a Napoli, Armando Cono Lancuba, che ha negato con vigore ogni collusione con la camorra e che sarà nuovamente ascoltato martedì prossimo, ieri è toccato all'avv. Alfredo Bargi, ex senatore de. Il Gip Claudio Tringali e i sostituti Ennio Bonadies e Adolfo Izzo lo hanno interrogato a lungo nel carcere salernitano di Fuorni dov'è detenuto da lunedì con l'accusa di concorso in associazione camorristica e corruzione aggravata. A Bargi, che si sarebbe dichiarato innocente, sono stati contestati numerosi episodi, riferiti da Galasso, ma ai quali gli inquirenti ritengono di aver trovato solidi riscontri. Un'immagine di Positano e sopra il pentito della camorra Pasquale Galasso. Sotto il giudice Lancuba Pure l'ex parlamentare, dicono, si diede da fare per «aggiustare» il processo a carico del boss Carmine Alfieri, imputato per la strage di Torre Annunziata. Ed è ancora il famoso avvocato, che ha avuto tra i suoi clienti anche l'ex ministro Enzo Scotti e che si è ora candidato per il Patto per l'Italia, ad essere tirato in ballo per i voti che gli avrebbe in passato procurato la camorra e per uno studio acquistato in società proprio con Lancuba. Secondo l'accusa, a pagare il mutuo fu Carmine Alfieri che, attraverso un suo uomo, consegnava poi le cedole allo stesso legale, finito nel mirino anche per le vacanze a Positano a spese della camorra. [m. e] procuratore Agostino Cordova