Giornalisti verso lo sciopero

Giornalisti verso lo sciopero Giornalisti verso lo sciopero ROMA. Tra lunedì e martedì della prossima settimana la segreteria della Fnsi deciderà in merito all'applicazione del mandato di sciopero (un pacchetto di 7 giorni) che la conferenza nazionale dei Cdr e il consiglio nazionale hanno affidato al sindacato dei giornalisti, in difesa dell'autonomia dell'Inpgi e per rivendicare che l'ente previdenziale di categoria sia privatizzato, come la legge finanziaria prevede. Lo rende noto la Fnsi: «La decisione - precisa - sarà presa dopo che, negli incontri tecnici concordati con il ministero del Lavoro, si sarà potuto verificare se le assicurazioni, autorevolmente espresse, avranno conferma nei fatti». La Fnsi rileva che, martedì 8 marzo, i giornalisti hanno presentato al ministero una bozza di decreto legislativo che «non inventa nulla» ma si limita a ripercorrere con rigore le direttrici del progetto di privatizzazione. [Asca] Formentini è stato una coincidenza: «Non c'è stato un appoggio vero e proprio. Semplicemente, avevamo stilato il nostro programma e Formentini era il candidato più vicino a queste proposte». Come gira il vento per le truppe della Confcommercio lo dice invece fuori dai denti Lucio Barone, presidente di 28 mila commercianti napoletani: «Tradizionalmente abbiamo appoggiato la de o il psi, ma c'era anche un nocciolo duro di destra». E adesso, come voterete? «A Napoli c'è una grossa componente legata ai popolari e penso che da parte nostra verrà mantenuto un decoroso sostegno. Poi esiste anche la tentazione di votare a destra, ma a dire il vero, da noi il collegamento con la Lega non piace proprio. Comunque nei prossimi giorni qui, a parlare ai commercianti verranno in molti: abbiamo già sentito Martinazzoli, martedì tocca a Segni, poi ci saranno Occhetto e Berlusconi». E a Roma Franco D'Amico, presidente della Confcommercio capitolina, preannuncia un appoggio nella saga erotica della pornostar Rossana Doli. A queste elezioni Sangalli ha deciso di non ricandidarsi, Farace lasciati gli scampoli della de, ha creato in quel di Bari una sua «Unione Popolare». E come Farace, tutta la Confcommercio si è accorta che bisogna guardare al futuro, magari cambiando i nomi su cui puntare. Rotto il patto fiscale con un governo che permetteva alla media dei negozianti di dichiarare nel 740 meno dei loro dipendenti, smembrata la de, spappolato il psi, dove andranno allora i voti in libera uscita delle truppe commerciali? Non si sbilancia Colucci: «Stiamo discutendo proprio in questi giorni i diversi programmi politici, ma non li abbiamo ancora valutati nel merito, intanto abbiamo spedito a tutti i movimenti che si presentano alle elezioni un nostro documento sulla situazione economica e sociale». Al di là delle dichiarazioni, però la Confcommercio sta lavorando sodo per trovare la sua nuova de. «Noi siamo un'associazione di interessi, che difende degli interessi - ama ripetere il presidente - e chiediamo a chi si candida per il Parlamento di dare risposte concrete alle nostre richieste». Ed è chiaro, spiega chi è vicino a Colucci, che quelle risposte non si trovano nella strisciata tricolore dei progressisti, ma nella bandiera ben stirata di Forza Italia. Sì, proprio Berlusconi, il Signore degli Ipermercati, sembra a molti commercianti l'uomo con le risposte giuste. Non fa paura la Standa, quella casa degli italiani che pure tanti dettaglianti vorrebbero vedere disertata da ogni potenziale inquilino. Non provoca più che una punta di fastidio l'ombra dell'alleato Pannella, con il suo referendum per dare una licenza commerciale a chiunque la chieda. E la Lega? Beh, su quella pesano le promesse di Formentini. Dopo il grande amore per il sindaco leghista, arrivati alla prova dei fatti, il clima si è un po' raffreddato. Così all'Unione del commercio di Milano spiegano che «no, proprio non abbiamo assolutamente preso posizione» e che anche l'appoggio a

Luoghi citati: Bari, Milano, Napoli, Roma