E la destra non si appella di Raffaella Silipo
E la destra non si appella E la destra non si appella Miglio: «Noi, freddi e individualisti» Noi non firmiamo a orari fissi». Attacca, Domenico Fisichella, ideologo di Gianfranco Fini. Attacca l'«appelloinania» - cosi la chiama Gianfranco Miglio, mai tre à pensar della Lega - della sinistra intellettuale, che da sempre ama firmare, sottoscrivere, lare gruppo. Abitudine tornata in auge nella presente campagna elettorale. «Appellografia intellettuale - la definiva Nello Ajello -, Scrittori, studiosi, registi, giornalisti, che cominciano con Alvaro e finiscono con Zavattini». E la destra? Perché non esercita il diritto di appello, la destra? E' più individualista, meno sentimentale, più nascosta? L'appello è «passionale e contro ragione», dice Gianfranco Miglio. «E' un richiamo ai sentimenti, uno strumento viscerale. E siccome i conservatori credono nella ragione e diffidano delle passioni, preferiscono altri mezzi espressivi. Io? Io non credo di aver aderito mai a nessun appello». Parla di conservatori, non di «destra», Miglio: «Perché la destra - sottolinea - è viscerale tanto quanto la sinistra». Viscerale forse, ma più individualista, sostiene Fisichella. «L'intellettuale di sinistra ha una forte connotazione di organicità, in senso gramsciano. E' legato al gruppo, al partito. Il moderato invede è un cane sciolto, ha meno spirito di corpo». Naturalmente ci sono delle eccezioni. «In momenti particolari, di necessità, anche la destra si è mossa compatta. Penso al famoso Manifesta degli intellettuali per la liberta, della metà degli Anni Settanta, che ha visto schierati molti intellettuali laici e cattolici contro il compromesso storico. Fra i firmatari ricordo Rosario Romeo, Da sinistra Gianfranco Miglio e Saverio Vertone Aldo Garosci, Sergio Cotta, Augusto Del Noce...». Ma è stato, appunto, un caso isolato. «Beh - è polemico Fisichella - soltanto a sinistra c'è il trombettiere che suona e tutti firmano». Può essere sintomo di maggior coesione... «Certo, gli schieramenti compatti aiutano, nel senso che procurano legami e complicità. Ma in compenso tolgono libertà. Per essere completamente liberi bisogna essere soli». «Splendido isolamento» anche per Miglio, che guarda dall'ulto «la tendenza a raggrupparsi, a fare ammucchiata dei progressisti». E per il neodirettore del Giornale Vittorio Feltri, per cui «il liberismo non può prescindere dall'individualismo. Difficile che l'intellettuale di destra accetti l'intruppainento in un elenco: ognuno vorrebbe fare dei distinguo, con il risultato che nessuno firmerebbe, alla fine». Concorda, Feltri, con «la maggior organizzazione della sinistra. Ma non consiglierei alla destra di imitarla. Sono convinto dell'inutilità degli appelli». Appelli inutili anche secondo Saverio Vertone, politologo vici no a Mariotto Segni. «E' un meto¬ do ormai troppo inflazionato, una stupidaggine che continua per inerzia, una prova della sopravvalutazione degli intellettuali». E, a sorpresa, contesta che sia metodo tipico della sinistra. «Non più, ora ci sono iniziative analoghe anche a destra. E' nato a sinistra perché la sinistra si è accaparrata la cultura, in Francia prima, in Italia poi: un'egemonia esercitata con impegno e successo attraverso il partito, le case editrici... Che contraddizione, proprio il partito di massa è in realtà il più elitario». E oggi? «Oggi si sta sfaldando tutto, destra e sinistra tentano di strappare firme a pochi renitenti e la gente rimane del tutto indifferente». Appelli inutili? Anzi, «sono convinto della loro pericolosità» dice ancora Feltri. E ricorda le firme contro il commissario Luigi Calabresi, «un documento che, letto a distanza di anni, fa accapponare la pelle. Eppure lo ha firmato gente più che per bene». | Conclusione, caustica, «meglio una firma in meno e un pensiero in più». Raffaella Silipo
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