Paolo Berlusconi pagai il pci

Interrogati 5 cronisti sugli arresti Fininvest annunciati in tv Interrogati 5 cronisti sugli arresti Fininvest annunciati in tv Paolo Berlusconi: pagai il pei II Cavaliere a Scalfaro: «Mi tuteli» ATTENTI A CHI SOFFIA SUL FUOCO A una svolta «penne sporche» Santa a Di Pietro: ecco i giornalisti che hanno preso soldi da Gardini Si allarga lo scandalo «Whitewater» Casa Bianca, si riapre il «giallo» dei suicida Foster, amico di Hillary, non è morto dove la polizia ha trovato il cadavere MILANO. Tangenti per un miliardo e 300 milioni targate Fininvest. Eccoli i «fondi neri» della Edilnord, gruppo del «Biscione», confessati ai giudici da Paolo Berlusconi. Suo fratello Silvio lo giustifica: «Paolo si è trovato in una condizione di assoluta necessità, è stato costretto ad accettare richieste che non potevano essere dribblate». Quei 1300 milioni, ha ammesso Paolo Berlusconi, sono stati usati per «comperare» amministratori pubblici di Pieve Emanuele e ottenere la licenza di costruzione del golf club di Tolcinasco. Una parte è finita pure nelle casse del pds, utilizzata per la campagna elettorale del 1990. Arriva dall'inchiesta sull'edilizia privata l'ultima bordata che mette in difficoltà il «Biscione». Silvio Berlusconi minimizza. «Dagli accenti sinceri di Paolo - dice credo che non ci sia alcuna possibilità di condanna morale». E in serata invia al presidente Scalfaro un esposto contro il pool di «Mani pulite». Intanto sugli arresti Fininvest annunciati in tv sono stati sentiti cinque giornalisti. NON poteva andare diversamente. Era inevitabile che la macchina della giustizia incrociasse prima o dopo quella della campagna elettorale. Ma lo scontro rischia di avere conseguenze disastrose per l'unità morale del Paese. Possiamo ammettere che ogni caso giudiziario crei «innocentisti» e «colpevolisti», ma non possiamo ammettere, nell'interesse generale, che la divisione e il dissenso rimbalzino in politica, spacchino la nazione, risucchino i giudici nella battaglia elettorale. La lotta fra i partiti è democrazia, quella che coinvolge i poteri dello Stato sarebbe una sorta di guerra civile da cui usciremmo tutti perdenti. Una ragione di più per ragionare a mente fredda, senza spirito di parte. Cominciamo con l'osservare che tutti si sono macchiati, anche se in misura diversa, della stessa colpa. Hanno applaudito la giustizia quando colpiva i loro avversari, l'hanno criticata o osteggiata quando colpiva i loro amici. E' possibile che non tutti i giudici abbiano avvertito quanto fosse precario, volubile e interessato il consenso di cui hanno goduto negli scorsi mesi, quanto fosse emotiva e talvolta vendicativa la sete di giustizia che saliva dal Paese. Se lo avessero compreso avrebbero dato prova in molte circostanze di una maggiore cautela: meno dichiarazioni, meno interviste, meno protagonismo, meno fughe di notizie e di verbali, meno colpi di scena e forse, in qualche caso, meno provvedimenti restrittivi della libertà individuale. Dopo tante violazioni del segreto istruttorio l'indagine avviata ieri a Milano fra i cronisti del palazzo di Giustizia sulle ultime «fughe» ha l'aria di attribuire alla stampa una responsabilità che essa, in questo caso, non mi sembra portare. Quanto più il ruolo della giustizia diventa fondamentale Carlo Sama F. Potetti A PAG. 2 MILANO. I giornalisti pagati sottobanco dalla Ferruzzi sarebbero sette. Ha spiegato Carlo Sama: «Ho deciso di chiarire anche i contorni di quella vicenda». E ieri mattina nell'ufficio di Antonio Di Pietro ha detto quanto aveva finora taciuto. Prima non lo aveva fatto «ritenendo che il pagamento dei giornalisti, al di là delle mie personali convinzioni, avesse esclusivo significato deontologico: un problema interno dei giornalisti». Poi sono arrivate «le dichiarazioni di Sergio Cusani a proposito della provvista» e la storia da deontologica è diventata ipotesi di reato: soldi frutto di reato (falso in bilancio), quindi di ricettazione. Hillary Clinton S. Marzolla A PAG. 3 WASHINGTON. Il fantasma di Vincent Foster si è ripresentato ieri, terrorizzando ancor più una Casa Bianca che già vive ore d'angoscia. Qualcuno «sa» che Foster non è morto in un parco lungo il Potomac, dove il suo cadavere era stato ritrovato, ma in un appartamento della Nord Virginia usato dai funzionari della Casa Bianca come foresteria. La notizia aveva già provocato un discreto terremoto in Borsa per due giorni consecutivi e, secondo alcuni, messo in subbuglio i mercati valutari internazionali. «Pettegolezzi folli», ha denunciato la portavoce di Bill Clinton, Dee Dee Myers. «E' puro Oliver Stone, J. F. K. a Wall Street», ha ironizzato un altro funzionario di Washington. Erano settimane che la voce circolava nei salotti informati della capitale. Poi quella voce è diventata notizia, attraverso la lettera finanziaria della «Johnson Smick International». In Arkansas, intanto, sono state fatte sequestrare ulteriori carte riguardanti un'altra speculazione della Whitewater. P. Passerini A PAG. 7

Luoghi citati: Arkansas, Milano, Pieve Emanuele, Washington