Oro olimpico furto razzista di Re. Ri.

La campionessa sudtirolese di slittino sarebbe stata «punita» per aver detto: «Sono italiana» La campionessa sudtirolese di slittino sarebbe stata «punita» per aver detto: «Sono italiana» Oro olimpico, furto razzista Pista etnica per la medaglia rubata BOLZANO. «Ti faremo tacere per sempre, puttana italiana»: le parole, soffiate al telefono da una voce anonima, fanno serpeggiare brividi d'odio etnico in quella che, sino a ieri, pareva soltanto una miserabile storia di sciacalli. Il furto della medaglia d'oro olimpica di Gerda Weissensteiner avvenuto mentre l'atleta era al funerale del fratello e la razzia compiuta nella casa dell'allenatrice azzurra Brigitte Fink, potrebbero essere vere azioni punitive nei confronti di chi ha «osato» festeggiare la vittoria sotto il tricolore: «Traditrici italiane» ha infatti aggiunto in tedesco, con voce strozzata dalla rabbia, l'uomo che chiamava la signora Fink nella sua villa di Vipiteno. Ecco, allora, l'ipotesi di un rigurgito razzistico per una vicenda che, già nei giorni di Lillehammer, aveva vissuto sussulti di polemica. Dopo il successo nello slittino Gerda, intervistata da un giornale inglese, aveva dichiarato di conoscere una sola lingua straniera: l'italiano. Era stata la stessa azzurra a chiudere subito quell'apriti cielo innescato da un equivoco: «Volevo dire solo che l'italiano non ò la mia lingua materna. Ma io mi sento italiana, italianissima». Parole che riecheggiavano in toto la sdegnata presa di posizione del presidente del Coni, Pescante, il quale, in quelle ore, s'era schierato al fianco degli azzurri sudtirolesi: «Sono italiani veri». Un'etichetta di tricolore doc per sigillare anche le malignità di certe delegazioni sportive pronte ad attribuire i nostri successi ai muscoli di fraulein ed herr. Oggi le polemiche becero-politiche sono diventate rabbia e paura: ad innescarle, la confessione ai carabinieri di Brigitte Fink, nella quale la responsabile agonistica dello slittino ha raccontato che «quell'uomo mi parlava in tedesco, con un accento non di Vipiteno». Minacce, insulti sanguinosi: «Forse era un sudtirolese che voleva esprimere il suo disgusto per la professione di italianità della Weissensteiner». Pochi giorni dopo i ladri hanno saccheggiato la villa facendo man bassa non solo di gioielli, ma anche di tutti i ricordi che la Fink aveva portato con sé da varie competizioni sportive. Una delirante smania di punizione che avrebbe indotto i ladri a forzare anche la casa di Gerda e a rubare, con poche collanine, il trofeo in metallo dorato (valore venale prossimo allo zero). Oggi, davanti a quella casa, il signor Georg Weissensteiner, con una fiducia che rasenta l'ingenuità, ha appeso un cartello: «Achtung - è scritto in tedesco - chi ha rubato la medaglia è pregato di restituirla». «Bastardi e pazzi - sono i termini con cui Gunther Huber, vincitore della gara di slittino con il fratello Wielfred, definisce gli autori del furto se davvero hanno agito spinti da farneticazioni razziste -. E i pazzi girano anche in Germania. Io mi sento italiano. Non c'è posto al mondo in cui si stia meglio che in Italia, sempre che noi, certo, conserviamo la nostra autonomia». Da Maranza gli fa eco un'altra gloria dello slittino, quella Erika FORMULA TRA SPORT E CRONACA NERA LO sport azzurro rappresenta da tanti anni una delle migliori occasioni di verifica della situazione psicologica dei giovani altoatesini (o sudtirolesi) chiamati a fare pubblico esercizio di italianità. Ci sono stati vari momenti, non sempre piacevoli, di confusione, di stridore, per loro come per noi, c'è attualmente una serenità assoluta, una piena accettazione di italianità da parte loro ed una intelligente valutazione da parte di quasi tutti noi. Finiti, finitissimi i tempi in cui si rimproverava a Gustavo Thoeni di parlare poco con noi giornalisti italiani e molto con quelli austriaci: che lo chiamavano nei loro articoli «unser Gustav», il nostro Gustavo, ma che magari gli facevano pure domande più intelligenti delle nostre. A destra, Gerda Weissensteiner. A sinistra, Silvius Magnago Lechner che, nel '68 alle Olimpiadi di Grenoble, fu la prima azzurra a conquistare una medaglia d'oro negli sport invernali: «Spero che i furti non nascano davvero da ragioni etniche. Io non ho mai pensato a me come ad una non-italiana anche se, come tanti altri, qui, mi esprimo meglio in tedesco». Alt, Gunther, alt Erika. Eva la squadra? Una medaglia d'oro rende 70 milioni: qualcuno potrebbe anche non voler rinunciare a appoggi e protezioni». Alimenta dubbi: «Quelle telefonate ricevute dalla signora Fink? E se fossero solo un modo di dare un colore politico al furto e depistare le indagini?». [re. ri.]

Luoghi citati: Bolzano, Germania, Italia, Vipiteno