Sassi dal viadotto si pente il killer

Verona, lancia un appello ai coetanei: vi scongiuro, non diventate assassini come me Verona, lancia un appello ai coetanei: vi scongiuro, non diventate assassini come me Sassi dal viadotto, si pente il killer Due mesi fa uccise una donna lanciando un masso sull'auto Ora dal carcere ha scritto una lettera in cui chiede perdono VERONA. Ha sfondato il tetto dell'auto, ha massacrato una ragazza e adesso pesa sul cuore come un macigno quel pietrone fatto volare dal cavalcavia dell'autostrada di Verona, in un momento d'insensata esaltazione. Così, almeno, sembra di capire dalla lettera che Marco Moschini ha scritto dal carcere. Il «fantasma» di Monica Zanotti, che per quella «bravata» è morta il 29 dicembre scorso, accanto al fidanzato, spinge chi ha provocato la sua fine a diffondere un messaggio, diretto a «tutti quei ragazzi che mi possono sentire». Parole semplici e terribili insieme: «Smettetela di fare queste cose inutili. Non dovreste far fatica a capire il significato di questo mio appello. Avete visto in che condizioni siamo e quello che abbiamo fatto. Vi dico solo una cosa: vi sentite più grandi, più importanti, più uomini? Bene, allora andate a fare quello che abbiamo fatto noi, però non lamentatevi delle conseguenze». La missiva ò stata pubblicata per intero, ieri, sulla prima pagina del quotidiano «Avvenire». Le sue confessioni, Marco, le ha affidate a fra Beppe Prioli, laico francescano che da trent'anni opera come volontario nel carcere di Verona. Ma che cosa sta accadendo a questo ragazzo di 19 anni? E' autentico il suo pentimento? E' farina del suo sacco questa lettera? Il criminologo Vittorino Andreoli è cauto nel rispondere: «Di sicuro Marco, e come lui tanti altri, è un giovane influenzabile e non mi sento di escludere che questa lettera possa essere stata ispirata e dettata dalle circostanze». Non è dello stesso parere fra Beppe Prioli. «Certo - ammette -, quello scrìtto l'abbiamo fatto insieme, ma soltanto perché lui ne sentiva la fortissima esigenza. Marco non è quel mostro che certi giornalisti hanno descritto. E' un ragazzo di 19 anni che non si rendeva conto, fino in fondo, di quello che stava facendo e che va recuperato alla società». TREVISO. Una nonna scomparsa, un'urna con le presunte ceneri della defunta, tre denti d'oro di chissà chi. E figlia e nipote denunciate per violazione di urna funeraria e dispersione di ceneri. Potrebbe essere una «spigolatura» da Settimana Enigmistica, ma la vicenda è finita al tribunale di Treviso. Il giallo si consuma tra Roma, dove viveva Emilia Nella Branca, e Valdobbiadene, un paesino del Trevigiano, dove era nata 60 anni fa. L'anziana scompare misteriosamente il 10 ottobre del '92. A Roma vive con la nipote, Elettra Belli, di 23 anni che però in quel periodo si trova negli Stati Uniti. Ad accorgersi della scomparsa della madre é la figlia Patrizia Belli, di 42 anni. Iniziano le ricerche della nonna, che sembra svanita nel nulla. Figlia e nipote non si rassegnano e decidono di rivolgersi alla trasmissione di Donatella Raffai «Chi l'ha visto?». Il 26 gennaio di quest'anno in diretta televisiva c'è il primo colpo di scena: alcuni ragazzi raccontano di aver visto un corpo bruciare in un giardino pubblico della capitale proprio la notte in cui nonna Emilia è scomparsa, e mostrano anche un filmato girato quella notte per caso. La pellicola va in onda, lasciando sconvolte figlia e nipote. Infatti, dalla cella frigorifera del Policlinico Gemelli, spunta il corpo carbonizzato di una donna, da mesi in attesa di riconoscimento. La figlia Patrizia non ha dubbi: quel corpo reso quasi irriconoscibile dalla violenza delle fiamme appartiene a sua madre. La conferma le verrebbe anche dal rinvenimento di acuni ef¬ Che cosa si aspetta dal suo futuro? «Il carcere. Quelli come lui, adesso, dobbiamo aiutarli soltanto ad affrontare la galera. Marco lo sa benissimo e sa di dover pagare per il male fatto. Reagisce con coraggio, non si perde d'animo. E si sfoga, parlando a lungo di quanto ha dentro al cuore. A volte piangendo. Adesso è consapevole e, per l'esperienza che ho di questi ragazzi, mi sembra davvero sincero». E come sono questi ragazzi? «Né buoni, né cattivi - risponde Andreoli -. Sono privi di un codice di comportamento, si adeguano alle circostanze. Si adattano al tipo di azioni che, in una data situazione, possono farli accettare meglio dal gruppo. Se la compagnia è buona sono buoni, se è cattiva...». Marco Moschini. A destra un agente indica il sasso che ha ucciso Monica Lo psicologo Andreoli «Non so se è sincero» Daniela Daniele Bari, divisi in 2 bande, saccheggiavano tabaccherie e s upermercati con armi fìnte: 15 milioni il bottino